Da Corriere della Sera del 22/10/2004

LE INDAGINI

Stesse carte di Genova, ma le conclusioni sono diverse

Stupore dei magistrati liguri per le conclusioni del Gip di Bari. Negli atti trasmessi ai colleghi pugliesi le quattro guardie del corpo non vengono mai definite come mercenari

di Marco Imarisio

GENOVA - L’inchiesta è esattamente la stessa, ma i mercenari non ci sono. Gli interrogatori (e i nomi) citati dal gip di Bari provengono quasi totalmente dal lavoro della Digos di Genova, che in questi mesi ha ascoltato parecchi «reduci» dall’Iraq arruolati all’inizio del 2004 dal ligure Paolo Simeone.

I fascicoli sulle scrivanie dei magistrati di Bari e Genova hanno come intestazione lo stesso reato. Articolo 288 del codice penale: arruolamento o armamento non autorizzati al servizio di uno stato Estero. Nascono entrambi dopo la morte di Fabrizio Quattrocchi. Con differenze minime, indagano sulle stesse persone. Ieri, però, i magistrati genovesi erano stupiti dalle conclusioni trancianti alle quali è arrivato il giudice per le indagini preliminari di Bari.

Dai loro atti, trasmessi ai colleghi pugliesi, non emergono elementi che possano dare ai tre compagni di prigionia del body guard ucciso in Iraq la «patente» di mercenario. Mestiere il cui esercizio è comunque reato dal 1995, dall’approvazione della legge che ratifica una convenzione internazionale, prevedendo però una serie di «condizioni» abbastanza impegnative come le «incursioni dirette a mutare l’ordine costituzionale» del Paese in cui si opera. La Procura di Genova non ha ravvisato nell’attività di Stefio, Cupertino e Agliana nessuna forma di mercenariato. E neppure in quella delle persone che li hanno seguiti.

Infatti il flusso di guardie del corpo che dall’Italia vanno a lavorare a Bagdad non si è arrestato neppure dopo la morte di Quattrocchi. La Digos di Genova ha svolto attività investigativa su un gruppo di una decina di persone che attualmente hanno domicilio a Bagdad, nel famoso Babylon hotel. Non più alle differenze di Paolo Simeone, genovese, ex volontario dell’organizzazione non governativa Intersos, l’uomo che ha fatto da tramite per questi arruolamenti. Sono stati gli stessi investigatori a considerare difficilmente dimostrabile questo reato.

Un filone parallelo che non riguarda i compagni di prigionia di Quattrocchi. Sul loro conto, dalle indagini «genovesi» emerge soltanto il lavoro di sorveglianti all’interno del Babylon. A giudizio dei magistrati, poco per attribuire alle tre guardie del corpo qualunque accusa di attività mercenaria. Nel fascicolo genovese, gli indagati per «arruolamento» restano Paolo Simeone, la sua ex collega Valeria Castellani e Davide Giordano, il collaboratore dell’agenzia di security «Ibsa» per la quale lavorava Quattrocchi. I tre che - secondo l’accusa - hanno contattato ed ingaggiato le guardie del corpo liguri prima e durante il sequestro di Quattrocchi e dei suoi colleghi.

Dopo la morte della guardia del corpo genovese, molti di loro sono tornati a Bagdad. Ognuno per sé, alla ricerca di contratti da parte delle agenzie di sicurezza straniere che lavorano in Iraq. Simeone è ancora in Iraq, anche se il suo progetto di allargare la propria attività sembra sfumato.

L’attuale presenza di guardie del corpo italiane in Iraq è accertata, una circostanza che può incuriosire, soprattutto dopo la vicenda-Quattrocchi. Ma al momento non presenta elementi per essere definita come «attività mercenaria», visto che è ben difficile inquadrare il tipo di lavoro svolto dagli italiani di Bagdad.

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