Da Corriere della Sera del 22/10/2004

Sergente Usa condannato a otto anni per abusi nel carcere di Abu Ghraib

BAGDAD - È stato condannato ad otto anni di reclusione per abusi fisici e e sessuali sui detenuti del carcere di Abu Ghraib l’ufficiale di più alto rango coinvolto nello scandalo delle sevizie sui prigionieri rinchiusi nelle carceri gestite dagli americani in Iraq. Il sergente Ivan «Chip» Frederick, 38 anni, di Buckingham, in Virginia, è stato anche degradato e radiato con disonore nel corso di un processo davanti ad una corte marziale presieduta dal giudice colonnello James Pohl. La sentenza è stata pronunciata ieri all’indomani dell’ammissione di colpa di Frederick relativamente a cinque degli otto capi di imputazione. Il massimo cui avrebbe potuto essere condannato era ad una pena detentiva di 11 anni.

E’ la sentenza più dura fra quelle inflitte ai tre militari americani finora comparsi davanti alla Corte: due altri soldati, dei sette imputati, sono stati condannati da un minimo di otto mesi a un massimo di un anno di carcere.

L’avvocato di Frederick, Gary Myers, ha definito la condanna «eccessiva» e ha detto che ricorrerà in appello. Secondo la difesa, pur non contestando la necessità di una punizione, si doveva però tener conto della «responsabilità collettiva» per gli abusi di Abu Ghraib.

Lo scandalo era scoppiato in aprile dopo la pubblicazione di foto e immagini video che dimostravano gli abusi ad opera dei soldati americani. E Frederick si è dichiarato ieri colpevole di abuso su detenuti iracheni nell’ottobre e novembre 2003. Ha ammesso di aver costretto un prigioniero a masturbarsi, di averne colpito un altro al petto con tale violenza da farlo svenire e di aver applicato dei cavi elettrici ad un altro uomo, dicendogli che sarebbe stato colpito da una scossa elettrica se fosse sceso dalla scatola su cui era in bilico.

Frederick, che nella vita civile era una guardia carceraria, ha riconosciuto di aver sbagliato ma ha detto di avere avuto paura di «vendette» da parte di altri militari. Testimoni al processo hanno riferito che a volte la Cia dirigeva gli abusi e che dal comando militare arrivavano ordini per inasprire le tecniche di interrogatorio.

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