Da La Repubblica del 22/10/2004

Terra, pianeta troppo sfruttato "Risorse per meno di 50 anni"

Un terzo del pianeta ha usi urbani e agricoli
È il 4% del totale di energia consumata
Usato meno dell´1% dell´acqua potabile
I paesi ricchi rischiano di non poter più saldare il debito ecologico che hanno accumulato
Il declino del pianeta si può fermare riducendo gli sprechi e dividendo le risorse in modo equo

di Paola Coppola

ROMA - I paesi ricchi stanno saccheggiando la Terra: consumano più risorse di quelle che il pianeta può produrre e moltiplicano il loro "debito ecologico". Se nessuno fermerà questa corsa alla distruzione, secondo le previsioni più fosche, tra meno di 50 anni non basteranno due pianeti come il nostro per soddisfare i bisogni di tutti. È l´allarme lanciato dal Living Planet Report 2004 del Wwf, presentato ieri nella sede delle Nazioni Unite a Ginevra e in Italia. Il rapporto denuncia che l´uomo consuma in media il 20% delle risorse in più rispetto alle capacità di rigenerazione della Terra. E che questo stile di vita ha già lasciato delle tracce pesanti: negli ultimi trent´anni infatti sono diminuite di più del 40% le specie terrestri, di acqua dolce e marina, proprio a causa della domanda di cibo, acqua ed energia della popolazione mondiale.

«Stiamo accumulando un debito ecologico che non saremo in grado di saldare. I governi devono intervenire per ripristinare l´equilibrio tra il consumo di risorse e la capacità della terra di rinnovarle»: Gianfranco Bologna, direttore scientifico del Wwf, chiarisce che è arrivato il momento di un intervento politico per fermare lo sfruttamento "insostenibile" dell´ambiente. Nel rapporto del Wwf, la misura dello sfruttamento è data dall´"Impronta Ecologica" (Ecological Footprint) delle popolazioni: un indice che corrisponde all´impatto umano - in termini di consumi per persona - sul pianeta e dice che i 6,3 miliardi di persone che abitano il pianeta avrebbero a disposizione le risorse prodotte da 1,8 ettari di terra ciascuno. Ma questa cifra è superata già dalla media mondiale, che è di 2,2 ettari per persona. Le differenze tra paesi mostrano poi che c´è chi incide di più sulla distruzione delle risorse: casi in cui la ricchezza va di pari passo con lo spreco. Ad esempio, un americano medio ha un´impronta ecologica che è doppia rispetto a quella di un europeo, ed è sette volte quella di un asiatico o di un africano.

Al primo posto tra i paesi che consumano più risorse ci sono gli Emirati Arabi Uniti (9,9 ettari pro capite), mentre la più piccola impronta ecologica su scala mondiale ce l´ha l´Afghanistan (0,9 ettari pro capite). L´Italia, con 3,8 ettari a persona, ha l´impronta più bassa tra i paesi dell´Europa occidentale, i più spreconi invece sono Svezia e Finlandia con 7 ettari. Non solo: il pianeta è anche minacciato dalla presenza dei cosiddetti "nuovi consumatori" che potrebbero incidere in modo grave sullo stato delle risorse disponibili. Appartengono a questa categoria fasce di popolazione di 20 nuovi Paesi - tra cui Cina, India, Brasile, Russia, in totale più di un miliardo di persone.

Tra i dati più allarmanti denunciati dallo studio c´è l´impatto dell´impronta energetica, soprattutto l´uso di combustibili fossili come carbone, gas e petrolio. «Tra il 1961 e il 2001, lo sfruttamento delle risorse energetiche - denuncia Bologna - è aumentato del 700%». Il rapporto del Wwf, realizzato insieme al World Conservation Monitoring Centre dell´Unep e al Global Footprint Network, considera anche l´Indice del pianeta vivente (Living Planet Index). Analizzando la situazione di 555 specie terrestri, 322 di acqua dolce e 267 marine, l´indice ha concluso che negli ultimi trent´anni proprio a causa dell´impatto umano sulla terra c´è stato un declino del 40% delle popolazioni animali selvatiche. «Il sorpasso ecologico tra l´impatto e le capacità bioproduttive degli ecosistemi - conclude Bologna - è iniziato negli anni ´80. Ma oggi è ancora possibile coniugare la qualità della vita con la sostenibilità. Basterebbe ridurre i consumi e dividere in modo equo le risorse. Bisognerebbe affermare il principio di "Un individuo, una quota di natura"».

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