Da La Repubblica del 19/10/2004
Una commissione "ad hoc" boccia la nomina del primate Robinson. Chi l´ha sostenuto ora deve chiedere scusa
Il vescovo gay divide gli anglicani
L´arcivescovo di Canterbury:la Chiesa Usa non doveva ordinarlo
Il prelato coinvolto invitato a dimettersi Stop anche alle unioni fra omosessuali
di Enrico Franceschini
LONDRA - Da un anno e mezzo la questione dell´omosessualità rischia di spaccare i 70 milioni di cristiani anglicani sparsi per il mondo, e ora potrebbe essere arrivata la resa dei conti. La chiesa d´Inghilterra, massima autorità religiosa della congregazione, ha espresso ieri un secco monito contro la consacrazione di vescovi gay e la celebrazione di matrimoni tra persone dello stesso sesso. Agli anglicani più liberali, che in Canada e negli Stati Uniti avevano approvato sviluppi di questo genere, viene imposto di «chiedere perdono» e «interrompere immediatamente simili pratiche». L´autore del provvedimento, l´arcivescovo Robin Eames, ammonisce severamente: «C´è il serio pericolo che non riusciremo più a camminare affiancati».
Il conflitto è cominciato l´anno scorso in due comunità: in Canada, dove gli anglicani hanno autorizzato il matrimonio tra omosessuali; e negli Stati Uniti, dove un sacerdote gay è stato consacrato vescovo. Da mesi l´ala più conservatrice del movimento ribolliva, premendo affinché l´arcivescovo di Canterbury, Rowan Williams, leader spirituale di tutta la chiesa anglicana, punisse l´ala «progressista». Finora Williams si era rifiutato, in parte perché non ha i poteri di un papa, in parte perché l´Inghilterra, pur essendo teoricamente il paese con il maggior numero di anglicani (26 milioni), è anche uno dei più libertari e si è laicizzata al punto che appena seicentomila persone partecipano ogni domenica alla messa. L´arcivescovo voleva evitare a ogni costo lo scontro aperto e una scissione. Ma ora forse anche Williams ha compreso che non è possibile.
Di fronte al nuovo provvedimento, gli anglicani d´America, noti pure come episcopali (2 milioni e mezzo di fedeli), prendono tempo, affermando che «è giusto cercare di restare uniti, ma non è giusto seppellire i problemi che ci separano». Sul versante opposto, gli anglicani di Africa, Asia e America Latina, assai più tradizionalisti, invece applaudono. «Tutto dipende dagli episcopali e dai canadesi, se accettano resteremo uniti, altrimenti sarà impossibile», commenta l´arcivescovo dell´America del Sud, Greg Venables. «L´omosessualità è un´eresia, è contraria alla bibbia, al cristianesimo, alle leggi della natura, è un peccato e non ha posto tra noi», incalza l´arcidiacono Oluranti Odubigun, segretario generale della chiesa della Nigeria, con 17 milioni di anglicani il secondo paese più importante per la congregazione. In Gran Bretagna, intanto, i difensori dei diritti dei gay accusano la chiesa Anglicana di volere «demonizzare gli omosessuali con un divieto più degno di un partito fascista che di una presunta organizzazione cristiana». E c´è chi paragona le parole dei vescovi africani con quelle del presidente dello Zimbabwe, Robert Mugabe, che una volta disse: «Gli omosessuali sono una specie di un livello più basso dei cani e dei porci».
Il conflitto è cominciato l´anno scorso in due comunità: in Canada, dove gli anglicani hanno autorizzato il matrimonio tra omosessuali; e negli Stati Uniti, dove un sacerdote gay è stato consacrato vescovo. Da mesi l´ala più conservatrice del movimento ribolliva, premendo affinché l´arcivescovo di Canterbury, Rowan Williams, leader spirituale di tutta la chiesa anglicana, punisse l´ala «progressista». Finora Williams si era rifiutato, in parte perché non ha i poteri di un papa, in parte perché l´Inghilterra, pur essendo teoricamente il paese con il maggior numero di anglicani (26 milioni), è anche uno dei più libertari e si è laicizzata al punto che appena seicentomila persone partecipano ogni domenica alla messa. L´arcivescovo voleva evitare a ogni costo lo scontro aperto e una scissione. Ma ora forse anche Williams ha compreso che non è possibile.
Di fronte al nuovo provvedimento, gli anglicani d´America, noti pure come episcopali (2 milioni e mezzo di fedeli), prendono tempo, affermando che «è giusto cercare di restare uniti, ma non è giusto seppellire i problemi che ci separano». Sul versante opposto, gli anglicani di Africa, Asia e America Latina, assai più tradizionalisti, invece applaudono. «Tutto dipende dagli episcopali e dai canadesi, se accettano resteremo uniti, altrimenti sarà impossibile», commenta l´arcivescovo dell´America del Sud, Greg Venables. «L´omosessualità è un´eresia, è contraria alla bibbia, al cristianesimo, alle leggi della natura, è un peccato e non ha posto tra noi», incalza l´arcidiacono Oluranti Odubigun, segretario generale della chiesa della Nigeria, con 17 milioni di anglicani il secondo paese più importante per la congregazione. In Gran Bretagna, intanto, i difensori dei diritti dei gay accusano la chiesa Anglicana di volere «demonizzare gli omosessuali con un divieto più degno di un partito fascista che di una presunta organizzazione cristiana». E c´è chi paragona le parole dei vescovi africani con quelle del presidente dello Zimbabwe, Robert Mugabe, che una volta disse: «Gli omosessuali sono una specie di un livello più basso dei cani e dei porci».
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