Da Corriere della Sera del 15/10/2004
A Kerry anche il terzo duello, ma Bush resiste
La partita ora si gioca negli Stati in bilico. Saranno Ohio, Pennsylvania e Florida a decidere le elezioni
di Ennio Caretto
WASHINGTON - Due volte Bush e Kerry si stringono la mano e si scambiano pacche sulle spalle. Il dibattito è appena finito, sul palcoscenico si baciano la first lady Laura e l'aspirante first lady Teresa, e si abbracciano le figlie. Il pubblico impazzisce: è una prova di civismo, ai primi dibattiti Bush e Kerry si erano scannati. Ma il presidente non indugia. Sorride come ha fatto per l'intera serata - «me lo ha ordinato mia moglie, niente smorfie» - esce dalla sala, è come se si fosse levato un gran peso di dosso. I suoi gridano vittoria, «ha stracciato il senatore» dice Bill Kristol, l'ideologo dei neoconservatori. Ma i sondaggi dissentono. La tv Cbs dà Kerry vincente col 39% contro il 25% dei consensi, la Cnn con il 52% contro il 39%. Solo la tv Abc li dà praticamente alla pari, il 41% contro il 40%, ma ha sondato più repubblicani. Bush è costretto a dichiarare ai giornalisti: «Sono su di spirito ed entusiasta delle mie possibilità».
Per il presidente è la chiusura di un capitolo grigio e l'apertura di uno che spera brillante. Lo annuncia poco dopo il dibattito a un impressionante raduno di 35 mila fedeli, e lo ripete la mattina successiva a Las Vegas nel Nevada, dove incontra 20 governatori repubblicani e lancia un blitz di 18 giorni in 14 Stati, il tour «La leadership conta». Bush è convinto di contenere la rimonta del rivale. Nel voto popolare, il sondaggio Zogby-Reuters lo vede avanti a Kerry di un punto, quello della tv Abc in assoluta parità. Nel voto dei Grandi elettori, i delegati degli Stati, è sempre nettamente in testa: 217 a 200, secondo la tv Nbc . Per essere rieletto, il presidente deve arrivare a 270, la metà del totale più uno.
Bush, riferisce l' entourage , intende concentrarsi sui principali Stati «in bilico», che a giudizio unanime dei due partiti decideranno le elezioni: la Florida, l'Ohio e la Pennsylvania, i più popolosi dopo la California, New York e il Texas. Ve ne sono altri come lo Iowa e il Wisconsin, dove entrambi i candidati si recheranno oggi. Ma il peso dei tre «big» è superiore. Kerry glieli contenderà. Sarà una corsa sul filo del rasoio: il presidente sembra in vantaggio in Florida, il senatore nell'Ohio, in Pennsylvania sarebbero alla pari. Stando ai guru, si tratterà di un referendum su Kerry: una lieve maggioranza di elettori sarebbe scontenta di Bush, ma a molti il senatore parrebbe ancora un'incognita, esiterebbero a votarlo.
Al dibattito, i due candidati hanno dato il meglio di se stessi, l'uno sostenendo il liberismo, l'altro il welfare. Bush ha definito Kerry un liberal tassa e spendi «così all’estrema sinistra che Ted Kennedy sembra un conservatore». Kerry ha ribattuto che il presidente, che ha accumulato un enorme deficit di bilancio, non può insegnargli nulla: «E' come se mi desse lezioni di legalità Tony Soprano», il boss mafioso della tv. E ha ricordato che gli americani stanno peggio di 4 anni fa, che il reddito del ceto medio è calato, che i bambini le donne e gli anziani hanno bisogno di assistenza. Ma il senatore ha compiuto un passo falso citando la figlia lesbica del vicepresidente Dick Cheney: «Uno squallido colpo basso» ha protestato la moglie del vicepresidente. Il senatore si è ripreso quando ha scherzato con Bush sulle consorti: «Ci siamo entrambi sposati con donne più in alto di noi, io soprattutto come molti dicono». Teresa Kerry è miliardaria, è l'ereditiera della fortuna del ketchup , e la sala è esplosa in una irrefrenabile risata.
Per il presidente è la chiusura di un capitolo grigio e l'apertura di uno che spera brillante. Lo annuncia poco dopo il dibattito a un impressionante raduno di 35 mila fedeli, e lo ripete la mattina successiva a Las Vegas nel Nevada, dove incontra 20 governatori repubblicani e lancia un blitz di 18 giorni in 14 Stati, il tour «La leadership conta». Bush è convinto di contenere la rimonta del rivale. Nel voto popolare, il sondaggio Zogby-Reuters lo vede avanti a Kerry di un punto, quello della tv Abc in assoluta parità. Nel voto dei Grandi elettori, i delegati degli Stati, è sempre nettamente in testa: 217 a 200, secondo la tv Nbc . Per essere rieletto, il presidente deve arrivare a 270, la metà del totale più uno.
Bush, riferisce l' entourage , intende concentrarsi sui principali Stati «in bilico», che a giudizio unanime dei due partiti decideranno le elezioni: la Florida, l'Ohio e la Pennsylvania, i più popolosi dopo la California, New York e il Texas. Ve ne sono altri come lo Iowa e il Wisconsin, dove entrambi i candidati si recheranno oggi. Ma il peso dei tre «big» è superiore. Kerry glieli contenderà. Sarà una corsa sul filo del rasoio: il presidente sembra in vantaggio in Florida, il senatore nell'Ohio, in Pennsylvania sarebbero alla pari. Stando ai guru, si tratterà di un referendum su Kerry: una lieve maggioranza di elettori sarebbe scontenta di Bush, ma a molti il senatore parrebbe ancora un'incognita, esiterebbero a votarlo.
Al dibattito, i due candidati hanno dato il meglio di se stessi, l'uno sostenendo il liberismo, l'altro il welfare. Bush ha definito Kerry un liberal tassa e spendi «così all’estrema sinistra che Ted Kennedy sembra un conservatore». Kerry ha ribattuto che il presidente, che ha accumulato un enorme deficit di bilancio, non può insegnargli nulla: «E' come se mi desse lezioni di legalità Tony Soprano», il boss mafioso della tv. E ha ricordato che gli americani stanno peggio di 4 anni fa, che il reddito del ceto medio è calato, che i bambini le donne e gli anziani hanno bisogno di assistenza. Ma il senatore ha compiuto un passo falso citando la figlia lesbica del vicepresidente Dick Cheney: «Uno squallido colpo basso» ha protestato la moglie del vicepresidente. Il senatore si è ripreso quando ha scherzato con Bush sulle consorti: «Ci siamo entrambi sposati con donne più in alto di noi, io soprattutto come molti dicono». Teresa Kerry è miliardaria, è l'ereditiera della fortuna del ketchup , e la sala è esplosa in una irrefrenabile risata.
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