Da Corriere della Sera del 13/10/2004

Né elettrici, né candidate: dopo mesi di dubbi il governo di Riad ha deciso

Il regno nega il diritto di voto alle saudite «La legge parla di cittadini, non di cittadine»

Nadia Bakhurji, architetto: «Volevo correre per il consiglio comunale della capitale, non pensavo potessero proibirlo»

di Cecilia Zecchinelli

Se qualcuno (e ancor più qualcuna) aveva ancora qualche speranza, ci ha pensato il potente ministro degli Interni, principe Naif, a farla svanire: «Non credo che la partecipazione delle donne - ha detto il figlio di Re Abdulaziz - sia possibile alle prossime elezioni». Poche parole, le prime pronunciate da un’alta autorità saudita, che chiudono mesi di dibattiti, in privato e sui media locali. E che faranno dell’Arabia e del vicino Kuwait gli unici due Paesi al mondo dove il voto è concesso solo ai cittadini maschi. La sentenza di Naif non ha sorpreso più di tanto, comunque: le «famose» elezioni comunali saudite, le prime che mai si terranno nel Regno, sono state annunciate dal principe reggente Abdallah a fine 2003 e salutate dai riformatori interni nonché dall’Occidente come «una svolta storica». Limitata, per ora, dato che riguarderanno solo la metà dei componenti dei 178 consigli comunali e non il Parlamento, tuttora nominato dal sovrano. Sufficiente tuttavia per scuotere a fondo il Regno e sollevare le resistenze di chi non vuole aperture, considerandole una concessione alle pressioni degli Stati Uniti. Ma le elezioni ci saranno, anche se l’iniziale scadenza, indicata per quest’anno, è stata spostata recentemente al 2005: a partire dal 10 febbraio, in tre fasi secondo la regione, fino al 21 aprile.

Sul punto più delicato della questione, la partecipazione delle donne come elettrici e candidate, è stato però deciso di non scontentare l’establishment religioso, tenacemente contrario a qualsiasi progresso femminile e con un vasto seguito in un Paese dove le donne possono guidare un’azienda ma non l’auto, libere di gestire le loro ricchezze ma non di andare all’estero senza il permesso scritto del marito.

«Sono sorpresa, ero ottimista e non pensavo che potessero proibirlo», ha dichiarato ieri Nadia Bakhurji. Prima donna ad essersi candidata pubblicamente, 37 anni, architetto con un suo studio a Riad e due figli, Nadia aveva rilasciato interviste alla stampa locale sui suoi progetti una volta eletta nel consiglio della capitale. Insieme a lei si erano fatte avanti Fatin Bundagji e Fatma Al Khereiji, la prima dirigente della Camera di commercio di Jedda, la seconda educatrice. E molte altre, come la professoressa di inglese Najat Al Shafae, stavano ancora decidendo se candidarsi o meno, quando è arrivato lo stop ufficiale.

«La legge parla chiaro: diritto di ogni cittadino non di ogni cittadina», ha spiegato un funzionario al quotidiano Al Jazira. «E’ una questione logistica: mancano le scrutinatrici per gestire i seggi femminili che ovviamente dovrebbero essere separati, molte donne non hanno nemmeno una carta d’identità con foto», aggiunge un altro funzionario. Ma è evidente che i motivi sono altri: condivisi, e questo può sorprendere, anche da un largo numero di donne per cui la «tradizione» resta l’unico modello di vita. Le stesse che si erano opposte anni fa all’insegnamento femminile, oggi diffuso in tutto il Regno, e che si sono più volte schierate contro la possibilità di guidare, per loro stesse e le loro sorelle.

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