Da Corriere della Sera del 07/10/2004
L’armonia del centrodestra non regge alla manovra
di Massimo Franco
La «politica del sorriso» di Domenico Siniscalco comincia a non bastare più. Il problema, per il ministro dell’Economia, è che le critiche non arrivano soltanto dall’opposizione: quelle erano state messe nel conto. La legge finanziaria promette di incrinare i rapporti nella maggioranza di governo. Il pasticcio del «pedaggio-ombra» ipotizzato su molte strade italiane ha provocato una scia di precisazioni, critiche, sarcasmi. Con i diessini arrivati al punto di scusarsi ironicamente con Giulio Tremonti, il predecessore, perché il «vero giocoliere» sarebbe Siniscalco. Il fronte più insidioso, tuttavia, è quello che emerge nel centrodestra. E allinea spezzoni di FI, dell’Udc e della Lega, sospettosi verso il ministro dell’Economia e An. Il loro attacco parte dalla cessione di alcune strade e superstrade statali: bastava leggere il «no ai pedaggi» che campeggiava ieri mattina a tutta pagina sulla Padania , il quotidiano leghista. Un «no» appoggiato, fra l’altro, dal senatore berlusconiano Luigi Grillo, che ha bollato il provvedimento come «una proposta incomprensibile». Ma il contrasto va oltre. Tocca la legge finanziaria in generale, finendo per lambire lo stesso Siniscalco.
Il vicepremier Gianfranco Fini, leader di An, accusa i leghisti di «incrinare la compattezza della Casa delle Libertà». Detto da un uomo prudente come lui, somiglia ad un segnale d’allarme: la prima incrinatura di una maggioranza che sembrava tornata all’unità. La sensazione è che il modo in cui Fini e il suo partito si stanno spendendo per aiutare il ministro dell’Economia, alimenti la diffidenza di Lega e Udc; e anche di alcuni settori di FI.
E’ nelle file del partito del premier che si storpierebbe maliziosamente il cognome di Siniscalco, trasformandolo in «Finiscalco»: allusione ad un asse tra lui e Fini. Il dettaglio segnala almeno una difficoltà: quella di un ministro tecnico stimato, il quale viene strattonato dalla maggioranza; e sta scoprendo che l’estraneità ai partiti, suo punto di forza fino a un mese fa, adesso può rivelarsi una vistosa debolezza. La novità è il ribaltamento delle alleanze interne, rispetto al periodo dell’«asse del Nord» fra Tremonti e il leghista Bossi.
Adesso, è Fini a invitare «l’intera maggioranza» a sostenere la manovra di Siniscalco «con condivisione responsabilità»; e a considerare il partito dei lumbard un potenziale sabotatore. In realtà, i suoi strali sono riservati soprattutto al presidente leghista della commissione Bilancio della Camera, Giancarlo Giorgetti, che ieri ha chiesto e ottenuto lo stralcio di alcuni articoli voluti da An. Il timore inconfessabile, è che dietro gli scarti della Lega e l’ostilità contro Siniscalco e Fini, possa annidarsi la regia di due ex, assenti ma incombenti: Bossi e Tremonti.
Il vicepremier Gianfranco Fini, leader di An, accusa i leghisti di «incrinare la compattezza della Casa delle Libertà». Detto da un uomo prudente come lui, somiglia ad un segnale d’allarme: la prima incrinatura di una maggioranza che sembrava tornata all’unità. La sensazione è che il modo in cui Fini e il suo partito si stanno spendendo per aiutare il ministro dell’Economia, alimenti la diffidenza di Lega e Udc; e anche di alcuni settori di FI.
E’ nelle file del partito del premier che si storpierebbe maliziosamente il cognome di Siniscalco, trasformandolo in «Finiscalco»: allusione ad un asse tra lui e Fini. Il dettaglio segnala almeno una difficoltà: quella di un ministro tecnico stimato, il quale viene strattonato dalla maggioranza; e sta scoprendo che l’estraneità ai partiti, suo punto di forza fino a un mese fa, adesso può rivelarsi una vistosa debolezza. La novità è il ribaltamento delle alleanze interne, rispetto al periodo dell’«asse del Nord» fra Tremonti e il leghista Bossi.
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