Da La Stampa del 07/10/2004
PERSONE
Cosa succede con le nostre nuove povertà
di Lietta Tornabuoni
Naturalmente ci sono casi molto più drammatici, ma proviamo a vedere le altre novità. Negozi-lampo si aprono a Roma in diversi quartieri: piccoli locali, quasi armadi a muro, senza insegne né stigli né vetrine né pubblicità, che ammucchiano su tavole di legno golf, biancheria personale o di casa, pantaloni, giubbetti senza marca, forti dell'unica qualità di costare poco, circa la metà del consueto. Restano aperti uno, due mesi, esauriscono lo stock e chiudono, subito sostituiti da altri. Sono una variante dei discount, degli outlet, di tutte le forme commerciali svelte e furbe, molto più duttili e magari meno legali dei negozi o supermercati soliti, nate per sfruttare le nuove povertà. Si uniscono alle bancarelle vicine ai mercati, dove ormai tutti comprano indumenti, scarpe, stoviglie, pentolame: ci vanno pure le signore dei Parioli fingendo di fare le spiritose, in realtà per risparmiare. Non soltanto a Roma, si moltiplicano e si promuovono alla televisione i prestasoldi: piccole società mai sentite prima che, in polemica con le banche, offrono prestiti immediati («anche in otto ore»), pure piccoli, pure restituibili in un tempo infinito, pure a condizioni che sembrano incoraggianti e che nei fatti risulteranno magari schiaccianti.
Sono i segni della penuria collettiva. La mancanza di soldi provoca anche ragionamenti approssimativi e irosi: «Ma come si permettono di dare in affitto per quarant'anni quelle strade nazionali che sono nostre, costruite con i nostri soldi? Adesso dicono di no, ma vedrai che prima o poi (prima, di sicuro) le società appaltatrici imporranno dei pedaggi. Saranno di Berlusconi o di qualche amico suo, voglio vedere quanto spenderanno per la manutenzione o come la faranno, se uno prende in gestione le strade sarà per guadagnarci, mica per divertimento». Oppure: «Questi ci fanno scemi con montagne di notizie contraddittorie, pasticciate, incomprensibili: e il risultato è sempre che da una parte ti danno dieci, dall'altra ti levano cento».
Per mancanza di soldi si cerca di risparmiare: però non basta mangiare meno e peggio, portare scarpe o vestiti troppo usati, eliminare ogni divertimento costoso, limitare l'uso dell'automobile, provare sollievo il sabato e la domenica non più come week-end del tempo libero ma come giorni in cui nessuno ti chiederà quattrini. Risparmiare così serve a poco, quando arrivano poi le mazzate del prezzo della benzina, del condominio, delle bollette per servizi sempre più cari, del mutuo eventuale e dei libri di scuola, per non parlare delle tasse e dell'acconto di novembre: tutte spese senza rimedio e fuori controllo sulle quali non è possibile economizzare. Così si sta sempre nei guai e in ansia: ansia di non farcela, di non arrivarci, di essere caduti in basso, l'ansia di non poterne più.
Sono i segni della penuria collettiva. La mancanza di soldi provoca anche ragionamenti approssimativi e irosi: «Ma come si permettono di dare in affitto per quarant'anni quelle strade nazionali che sono nostre, costruite con i nostri soldi? Adesso dicono di no, ma vedrai che prima o poi (prima, di sicuro) le società appaltatrici imporranno dei pedaggi. Saranno di Berlusconi o di qualche amico suo, voglio vedere quanto spenderanno per la manutenzione o come la faranno, se uno prende in gestione le strade sarà per guadagnarci, mica per divertimento». Oppure: «Questi ci fanno scemi con montagne di notizie contraddittorie, pasticciate, incomprensibili: e il risultato è sempre che da una parte ti danno dieci, dall'altra ti levano cento».
Per mancanza di soldi si cerca di risparmiare: però non basta mangiare meno e peggio, portare scarpe o vestiti troppo usati, eliminare ogni divertimento costoso, limitare l'uso dell'automobile, provare sollievo il sabato e la domenica non più come week-end del tempo libero ma come giorni in cui nessuno ti chiederà quattrini. Risparmiare così serve a poco, quando arrivano poi le mazzate del prezzo della benzina, del condominio, delle bollette per servizi sempre più cari, del mutuo eventuale e dei libri di scuola, per non parlare delle tasse e dell'acconto di novembre: tutte spese senza rimedio e fuori controllo sulle quali non è possibile economizzare. Così si sta sempre nei guai e in ansia: ansia di non farcela, di non arrivarci, di essere caduti in basso, l'ansia di non poterne più.
Sullo stesso argomento
Articoli in archivio
di Tony Barber su Financial Times del 12/04/2005
di Mario Sensini su Corriere della Sera del 05/04/2005
su Financial Times del 31/03/2005