Da La Repubblica del 07/10/2004

Iraq, matrimoni gay e malignità personali nel match televisivo che precede la sfida di venerdì tra i due candidati presidenziali

Finisce pari lo scontro tra i vice Kerry resta incollato a Bush

Dopo il dibattito tra Edwards e Cheney, i due "ticket" sempre più vicini

di Alberto Flores D'Arcais

CLEVELAND - Un dibattito civile ma con toni accesi, poco fioretto e molta clava. Da una parte Dick Cheney, il vicepresidente in carica, che rivendica tutto, snocciola cifre e successi, freddo e a tratti sprezzante nel mettere in discussione le capacità di governo del più giovane avversario; dall´altra John Edwards, il senatore-avvocato, che lo sfida senza timori, incalzandolo su questioni personali, apparso un po´ incerto in un paio di occasioni ma pronto a guardare la telecamera per sedurre elettori e telespettatori con il suo sorriso da attore.

Il secondo dibattito presidenziale - l´unico tra i due vice, svoltosi martedì sera nella Case Western University di Cleveland - è stato un match tied, una sfida finita alla pari in cui anche i sondaggi a caldo danno risultati contraddittori. Se nei dibattiti conta solo l´immagine, come Kerry aveva vinto il primo Cheney potrebbe rivendicare di aver vinto il secondo visto che la sua performance è stata superiore alle aspettative. Edwards può a sua volta sostenere di aver tenuto testa senza timori - lui che è accusato di esser un pivellino - al vicepresidente, all´ex ministro della Difesa di Bush padre, al politico di lungo corso abituato a tutte le scorrettezze.

Colpi sotto la cintura non ce ne sono stati, ma gli scambi di accuse non sono mancati. Ognuno fermo sulle sue posizioni, con l´Iraq a farla ancora una volta da padrone. Cheney a sottolineare l´inesperienza di Edwards, quasi come un padre che bacchetta il figlio in vena di stupidaggini; il figlio però è uno abituato alle aule dei tribunali, è charming ma sa essere anche cattivo, come quando lo attacca sul conflitto di interessi dell´Halliburton.

Si parla dei matrimoni gay e lui ricorda la figlia lesbica del vicepresidente con un elogio-trabocchetto cui Cheney replica con un sincero ma secco «la ringrazio».

Anche a Cleveland la parte del leone l´ha fatta l´Iraq. Cheney non ha ceduto di un millimetro, rivendicando i successi nella guerra al terrore («dopo l´11 settembre era chiaro che dovevamo aprire diversi fronti per vincere questa guerra»), insistendo sul ruolo di Saddam («è stato per anni uno sponsor del terrorismo») e confermando che «siamo andati in Iraq» perché era il posto dove più probabilmente c´erano armi di distruzione di massa: «Quello che abbiamo fatto in Iraq era esattamente la cosa giusta da fare. Il mondo è più sicuro perché Saddam è in carcere e il suo governo non è più al potere».

Immediata la replica di Edwards: «Non c´era alcun collegamento tra l´attacco dell´11 settembre e Saddam Hussein. Lo ha detto la commissione 11 settembre, lo ha detto il segretario di Stato Colin Powell. Mr. Vice President lei continua a non essere onesto con il popolo americano».

Quando Cheney attacca Kerry - «non ha le qualità necessarie per diventare il comandante in capo delle truppe americane, cambia troppo sopesso idea, negli ultimi 30 anni è sempre stato dal lato sbagliato dei problemi della difesa del paese» - sostenendo che sull´Iraq «ha cambiato posizione per sottrarsi agli attacchi di Howard Dean» (durante le primarie) e che se «Kerry non può resistere alla pressione di Dean, come può resistere a quella di Al Qaeda?», Edwards lo rintuzza: «La realtà è che lei e George Bush continuate a dire al popolo che le cose stanno andando bene in Iraq. Ma come stanno andando realmente la gente lo vede tutte le sere in televisione. La verità è che i nostri soldati sono eroici, il nostro esercito ha fatto tutto quello che gli è stato chiesto. E non sono solo io a dire che le cose vanno male, lo dicono repubblicani come repubblicani come McCain, Richard Lugar e Chuck Hagel, e ieri Bremer ha detto che non avevamo abbastanza truppe».

Durante i 97 minuti del dibattito (sette in più dell´ora e mezza prevista) il senatore della North Carolina ha avuto un attimo di incertezza quando la moderatrice Gwen Ifill gli ha chiesto se con Kerry e lui alla Casa Bianca Saddam sarebbe stato ancora al potere. Ha fatto la stessa gaffe di Bush (confondere l´ex dittatore iracheno con Osama Bin Laden), ha citato due volte John Kerry per nome (era vietato dalle regole del dibattito) ma da bravo avvocato ha anche colto in castagna la stessa moderatrice quando gli ha dato la parola che toccava invece a Cheney.

Il primo vero affondo di Cheney è stato sull´assenteismo di Edwards: «Il suo operato in Senato non è stato molto brillante, ha saltato 33 delle 36 riunioni della commissione giustizia e il 70 per cento delle sessioni della commissione intelligence. Sono presidente del Senato e in sei anni questa è la prima volta che la incontro». Non era vero, i due si sono incontrati in Senato tre volte, ma Edwards non è stato pronto a rispondere e la stilettata di Cheney ha cilpito nel segno.

Edwards ha risposto citando i voti sbagliati di Cheney - («ha votato contro la creazione del ministero dell´educazione, contri i pasti gratis per gli anziani, contro una festa nazionale per Martin Luther King, contro una risoluzione per la scarcerazione di Nelson Mandela») ed ha piazzato il suo di affondo sull´Halliburton: «mentre Cheney era il Ceo, la compagnia ha pagato milioni di dollari di multe per false informazoni, come la Enron, ha fatto affari con Libia e Iran è finita sotto indagine per bustarelle a funzionari esteri. E ora in Iraq hanno ottenuto contratti per 7,5 miliardi di dollari senza avversari».

Della figlia gay di Cheney (presente sotto il palco con la sua compagna di vita) Edwards parla con un affetto un po´ sospetto: «penso che il vicepresidente e sua moglie amino molto la figlia. Non si può non provare rispetto perché sono pronti a parlare del fatto che hanno una figlia gay, per il fatto che la accettano». Il vicepresidente resta un attimo in silenzio poi risponde secco: «grazie per le gentili parole sulla mia famiglia e mia figlia». «Tutto qui?», chiede la moderatrice visto che Cheney avrebbe 30 secondi a disposizione. «Tutto qui».

Sullo stesso argomento

Articoli in archivio

L´America dei devoti non è arretrata, ma moderna e combattiva. Per fare proseliti usa blog e siti web
Il segreto dei militanti della fede vincere con le armi del nemico
di Simon Schama su The Guardian del 18/11/2004
 
Cos'� ArchivioStampa?
Una finestra sul mondo della cultura, della politica, dell'economia e della scienza. Ogni giorno, una selezione di articoli comparsi sulla stampa italiana e internazionale. [Leggi]
Rassegna personale
Attualmente non hai selezionato directory degli articoli da incrociare.
Sponsor
Contenuti
Notizie dal mondo
Notizie dal mondo
Community
• Forum
Elenco degli utenti

Sono nuovo... registratemi!
Ho dimenticato la password
• Sono già registrato:
User ID

Password
Network
Newsletter

iscriviti cancella
Suggerisci questo sito

Attenzione
I documenti raccolti in questo sito non rappresentano il parere degli autori che si sono limitatati a raccoglierli come strumento di studio e analisi.
Comune di Roma

Questo progetto imprenditoriale ha ottenuto il sostegno del Comune di Roma nell'ambito delle azioni di sviluppo e recupero delle periferie

by Mondo a Colori Media Network s.r.l. 2006-2024
Valid XHTML 1.0, CSS 2.0