Da La Repubblica del 07/10/2004
La posizione delle donne viene tirata in ballo sempre e solo quando fa
E ora i pm di Milano e Parma preparano la sfilata dei banchieri
di Luca Fazzo, Marco Mensurati
MILANO - Archiviata, per il momento, la titanica questione della costituzione delle parti civili che ha di fatto avviato il processo per aggiotaggio agli ex imperatori di Collecchio, sul palcoscenico del crac Parmalat stanno per tornare gli attori di maggiore stazza: le banche. Comincerà Milano. I pm Francesco Greco, Eugenio Fusco e Carlo Nocerino si preparano a riprendere in mano il capitolo che - grazie alle dichiarazioni di Tanzi e Tonna - a metà gennaio fece tremare i vertici del mondo del credito. Lo faranno in grande stile: dal riserbo trapela infatti l´intenzione di convocare in procura nel giro di poche settimane molti dei banchieri fin qui indagati.
Più o meno la stessa linea che ha deciso di seguire da Parma il procuratore capo Vito Zincani. Stralciate tutte le posizioni che potrebbero rischiare di portar via tempo al filone principale dell´indagine (quello per la bancarotta fraudolenta) il capo della procura sembrerebbe intenzionato a chiudere la partita entro un mese. E considerando la mole di lavoro che si presentava di fronte ai finanzieri di Bologna subito dopo il crac si potrebbe parlare di una inchiesta condotta in tempi record. Anche perché la procura sembra intenzionata a non limitarsi a contestare il reato solamente agli ex amministratori della Parmalat ma anche agli amministratori di quelle banche che, con il loro comportamento, potrebbero aver contribuito al fallimento.
Insomma, per dirla con le parole usate dall´avvocato di Tanzi sin dalle prime battute di questa vicenda, è partita la caccia «al grande timoniere», a colui cioè che, con Tanzi alle corde e coperto di debiti, aveva preso in mano la situazione della Parmalat. Ed è proprio indagando in questa direzione che dalle carte sequestrate dalla Guardia di finanza durante i giorni delle indagini emergono documenti decisamente significativi. Come ad esempio il fax con cui l´ex direttore finanziario di Collecchio annuncia all´avvocato d´affari e consulente del gruppo Giampaolo Zini di aver trasferito sui conti della Citibank qualcosa come 250 milioni di dollari. Al di là del tono utilizzato da Tonna («...Ora spero che abbiate la bontà di finirla di rompere i coglioni...») che comunque denuncia una certa insistenza da parte della banca, colpisce la serie di coincidenze che accompagna il fax, datato 24 gennaio 2002. Proprio pochi giorni prima, infatti Parmalat aveva incassato i soldi di un bond (olandese) ed era quindi in possesso di una discreta liquidità. Più o meno contemporaneamente la banca aveva chiesto a Parmalat di rientrare dei soldi messi nella partecipazione di una società canadese. Il sospetto è che la Parmalat abbia ideato e venduto il bond non per finanziare attività industriali - come sosteneva - ma solo per tacitare le pretese di Citibank: secondo uno schema, racconta Tanzi, comune anche ad altre operazioni.
Più o meno la stessa linea che ha deciso di seguire da Parma il procuratore capo Vito Zincani. Stralciate tutte le posizioni che potrebbero rischiare di portar via tempo al filone principale dell´indagine (quello per la bancarotta fraudolenta) il capo della procura sembrerebbe intenzionato a chiudere la partita entro un mese. E considerando la mole di lavoro che si presentava di fronte ai finanzieri di Bologna subito dopo il crac si potrebbe parlare di una inchiesta condotta in tempi record. Anche perché la procura sembra intenzionata a non limitarsi a contestare il reato solamente agli ex amministratori della Parmalat ma anche agli amministratori di quelle banche che, con il loro comportamento, potrebbero aver contribuito al fallimento.
Insomma, per dirla con le parole usate dall´avvocato di Tanzi sin dalle prime battute di questa vicenda, è partita la caccia «al grande timoniere», a colui cioè che, con Tanzi alle corde e coperto di debiti, aveva preso in mano la situazione della Parmalat. Ed è proprio indagando in questa direzione che dalle carte sequestrate dalla Guardia di finanza durante i giorni delle indagini emergono documenti decisamente significativi. Come ad esempio il fax con cui l´ex direttore finanziario di Collecchio annuncia all´avvocato d´affari e consulente del gruppo Giampaolo Zini di aver trasferito sui conti della Citibank qualcosa come 250 milioni di dollari. Al di là del tono utilizzato da Tonna («...Ora spero che abbiate la bontà di finirla di rompere i coglioni...») che comunque denuncia una certa insistenza da parte della banca, colpisce la serie di coincidenze che accompagna il fax, datato 24 gennaio 2002. Proprio pochi giorni prima, infatti Parmalat aveva incassato i soldi di un bond (olandese) ed era quindi in possesso di una discreta liquidità. Più o meno contemporaneamente la banca aveva chiesto a Parmalat di rientrare dei soldi messi nella partecipazione di una società canadese. Il sospetto è che la Parmalat abbia ideato e venduto il bond non per finanziare attività industriali - come sosteneva - ma solo per tacitare le pretese di Citibank: secondo uno schema, racconta Tanzi, comune anche ad altre operazioni.
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