Da Corriere della Sera del 01/10/2004

Quelle parole «riparatrici» nel teatro dei segreti istruttori

di Aldo Cazzullo

Sono state sfortunate. Proprio quando l’inviata dell’«Abc» chiedeva alle due Simone una parola per gli altri ostaggi, è entrato in sala un bimbo nel marsupio, forse il nipotino Valerio già adeguatamente celebrato dai giornali, e loro si sono messe a ridere. L’inviata citava Kenneth Bigley in gabbia, e il sorriso non si era ancora spento. Parole però nessuna, in omaggio alla consegna impartita dal portavoce di «Un ponte per...» Lello Rienzi e dal presidente Fabio Alberti: nessuna domanda, nessuna risposta. «Scusateci, siamo ancora un po’ confuse» ha detto poco dopo Simona Torretta, parlando delle prime sensazioni dopo il ritorno; ed è davvero così. La dimensione pubblica che ha assunto la gestione del sequestro, con il giusto coinvolgimento del pubblico italiano e internazionale, implica purtroppo di dover adesso gestire la liberazione. Finora non è andata benissimo.

Prima uscita pubblica, dopo lo sbarco a Ciampino e i saluti in Campidoglio. Teatro Ambra Jovinelli, storico tempio dell’avanspettacolo romano. Una lapide ricorda Petrolini. Ora lo dirige Serena Dandini. Un’ora e cinque minuti di ritardo. Si spengono le luci, si riaccendono, si rispengono: il segnale che gli spettatori sono pregati di accomodarsi. L’impressione è che la conferenza stampa sia stata convocata per colmare una lacuna del giorno prima: così Simona Pari si toglie subito il dolore e aggiunge all’elenco dei ringraziamenti, aperto dal mondo arabo e dalla comunità islamica italiana, «le forze della maggioranza e dell’opposizione» e la Croce Rossa. C’è un nome però che resta impronunciabile, come se un fulmine fosse sospeso sul palcoscenico, pronto ad abbattersi alla prima sillaba della parola proibita: Berlusconi. «Ringraziamo il governo, che avevamo già ringraziato personalmente all’aeroporto» scandisce Simona Pari marcando il tono della voce. Il governo aveva in effetti salito speranzoso la scaletta dell’aereo; poco prima il governo aveva cinto con un gesto d’affetto le spalle dell’ex avversario Rutelli; poi però il governo era ridisceso sulla pista da solo. Era già stato «ringraziato personalmente». Il governo. Simona Torretta aggiungerà poi: «Le istituzioni».

E’ evidente che tutto questo non è colpa loro, delle ragazze. Nulla potrà togliere qualcosa allo straordinario lavoro che le due Simone hanno fatto in Iraq, al coraggio che hanno dimostrato nell’ora della prova, all’affetto che le ha accompagnate in questo tempo e le seguirà in quello a venire. E sarebbe ingiusto sindacare i pensieri e le reazioni di chi è passato attraverso un’esperienza come la loro. Il meccanismo in cui sembrano entrate non gioverà però a mantenere quel che è stato conquistato nei giorni del dolore, la convergenza delle opinioni e delle sensibilità di un Paese per una volta unito. Officia il presidente Alberti, con tratto ora da commissario politico sovietico ora da bel tenebroso hollywoodiano. Inutile tentare di rivolgere domande alle ragazze; risponde lui, «a meno che loro non se la sentano». Non se la sentono quasi mai. Annoterà il Tg3 regionale, comprensivo: «Ancora una prova per le Simone: dopo l’inferno di Bagdad, l’assalto dei giornalisti». Chi ha girato il misterioso video della liberazione? «Segreto istruttorio» risponde il presidente Alberti con lo sguardo di Charles Bronson nei suoi momenti più belli.

Vana l’attesa dei fotografi sulla porta del teatro: le ragazze sono passate dall’ingresso artisti. Belle sciarpe etniche. Sorrisi, più belli. Si abbracciano, salutano, i loro volti dicono sollievo, disponibilità, apertura; come se avessero sulle labbra quelle poche parole che però non vengono fuori. Soprattutto con i giornalisti americani, che pure fanno le domande più semplici: stasera c’è il dibattito tra Bush e Kerry, volete dire qualcosa sull’Iraq? Sulla pace? Sugli ostaggi? Segreto istruttorio. Quando si tenta con una domanda sulla morte di Enzo Baldoni, le due Simone si ribellano alla consegna, parlano: «E’ stato uno choc terribile». Il riscatto? «Segreto istruttorio» interviene il presidente Alberti, con il piglio di Nikita Krusciov nei giorni più gelidi dell’assedio di Stalingrado. Ma allora perché la liberazione? «Per le pressioni degli ambienti religiosi sciiti e sunniti, del governo provvisorio e di forze all’interno della resistenza irachena». Il Tg3, benevolo: «Il segreto istruttorio ha un po’ raffreddato l’incontro».

Dalle poche parole delle ragazze traspare fortissimo l’amore per l’Iraq, per il loro lavoro, per le persone che hanno dovuto lasciare. Fa però una certa impressione sentire Simona Torretta (dei rapitori Simona Pari non parla) ripetere che «ci hanno sempre trattate con grande rispetto», «ci davano libri sull’Islam, abbiamo letto parti del Corano, ci hanno insegnato i principi dell’Islam», e alla fine «ci hanno chiesto scusa». E voi, li avete perdonati? «Non lo so. Lì per lì non abbiamo risposto. Non era un vero dialogo. Prendevamo tutto quel che ci davano, e ci inchinavamo». Vien da pensare che questo sì merita rispetto, il perdono, non le scuse porte insieme con la rivoltella che doveva servire per l’esecuzione. «Pregavano spesso, per questo ho pensato che fossero esponenti dell’Islam moderato». Le parole per gli altri prigionieri le dice Takato Nahoko, l’ostaggio giapponese che per tornare da Bagdad a Tokyo ha dovuto pagarsi il biglietto ed era a Roma a casa Torretta quando è arrivata la buona notizia. Ora si guarda attorno spaesata. «Siamo sempre stati vicini agli ostaggi» concede il portavoce Rienzi. «Ma non dimentichiamo i milioni di ostaggi che ci sono in Iraq, ostaggi della guerra» chiude il presidente Alberti.

A ogni domanda le Simone guardano verso di lui, che le induce al silenzio roteando gli occhi o con movimenti appena percettibili della barba tipo Rasputin nei momenti di massima influenza a corte. Si alza l’inviato dell’«Unità», non di «Libero» (titolo di ieri: «Le vispe Terese tornano in Iraq»), e fa notare i punti oscuri della vicenda. «Segreto istruttorio». Si è fatto tardi. Cala il sipario rosso del teatro. «Siamo stanche. Vogliamo stare in famiglia, leggere, riposare» dicono le ragazze. «I volontari rapiti usufruiranno di un periodo di ferie» concede il presidente Alberti. Quanto a noi, conserveremo delle due Simone l’immagine dei giochi con i bambini di Bagdad, del primo sorriso dopo la liberazione, e continueremo ad amarle; taluni e talvolta del più puro degli amori, quello non ricambiato.

Sullo stesso argomento

 
Cos'� ArchivioStampa?
Una finestra sul mondo della cultura, della politica, dell'economia e della scienza. Ogni giorno, una selezione di articoli comparsi sulla stampa italiana e internazionale. [Leggi]
Rassegna personale
Attualmente non hai selezionato directory degli articoli da incrociare.
Sponsor
Contenuti
Notizie dal mondo
Notizie dal mondo
Community
• Forum
Elenco degli utenti

Sono nuovo... registratemi!
Ho dimenticato la password
• Sono già registrato:
User ID

Password
Network
Newsletter

iscriviti cancella
Suggerisci questo sito

Attenzione
I documenti raccolti in questo sito non rappresentano il parere degli autori che si sono limitatati a raccoglierli come strumento di studio e analisi.
Comune di Roma

Questo progetto imprenditoriale ha ottenuto il sostegno del Comune di Roma nell'ambito delle azioni di sviluppo e recupero delle periferie

by Mondo a Colori Media Network s.r.l. 2006-2024
Valid XHTML 1.0, CSS 2.0