Da La Repubblica del 06/10/2004

Il confronto tra Dick Cheney e John Edwards può incidere sul risultato delle elezioni presidenziali Usa

L´avvocato contro il petroliere il presidente lo scelgono i "vice"

Sotto i riflettori il passato "scivoloso" del vicepresidente e del senatore

di Alberto Flores D'Arcais

CLEVELAND - Quattro anni fa il dibattito tra i vice presidenti avvenne quasi in sordina. I due sfidanti di allora Dick Cheney - una robusta carriera nelle amministrazioni repubblicane alle spalle (fin dai tempi di Nixon) - e Joe Lieberman, un diligente senatore del Connecticut, non erano certo i tipi da infiammare la folla. E pochi si ricordano che in quel faccia a faccia le posizioni tra i due su cosa fare di Saddam Hussein erano praticamente identiche.

Quattro anni fa l´Iraq non era più - e non era ancora - una important issue della campagna elettorale e se Cheney affermava che il sanguinario dittatore iracheno andava rovesciato con la forza, Lieberman si diceva più o meno d´accordo e le loro parole finivano in poche righe nei resoconti dei giornali.

Quattro anni dopo, con un 11 settembre e due guerre di mezzo, l´Iraq è diventato uno degli argomenti principali e il dibattito tra i vice - di solito ininfluente - diventa l´ennesima sfida decisiva per la vittoria il prossimo 2 novembre, fra quattro settimane precise quando l´America e il mondo sapranno (salvo un nuovo caso Florida) chi è il loro nuovo leader.

"The Nice guy vs. the Ice guy", titola Usa Today, che è un po´ come dire il "piacione contro il freddo". Se ne potrebbero usare altre, "l´avvocato contro il petroliere", il "giovane contro il vecchio", "l´inesperto contro il politicante", "l´attore contro il bulldog", "lo charme del sud contro la durezza del Wyoming". Quando, seduti uno di fronte all´altro, risponderanno alle domande della moderatrice Gwen Ifill (una giornalista della Pbs, la televisione pubblica) saranno soltanto il democratico e il repubblicano; uno a difendere il presidente e la scelta della guerra e a ironizzare su Kerry "flip-flop" e l´inesperienza del suo vice, l´altro ad attaccare George W, i disastri di Bagdad e i soprusi dell´America dei ricchi contro quella dei poveri.

L´Iraq e la politica interna, intesa come sanità, istruzione e posti di lavoro, sono anche qui gli argomenti del giorno. Nella sala della Case Western University di Cleveland - città industriale e fredda nel lato sud della regione dei grandi laghi (il suo è l´Erie) che si trova nello Stato "campo di battaglia" dell´Ohio - Edwards cercherà di rinfacciare a Cheney di essere a sua volta un "flip-flop" e proprio su una questione come quella della guerra a Saddam.

Ormai molti anni fa, ai tempi della prima guerra del Golfo, l´attuale vicepresidente - che era al Pentagono quando Bush padre era alla Casa Bianca - difese la scelta di lasciare in vita il regime di Saddam Hussein quasi con le stesse motivazioni con cui oggi Kerry sostiene che nella guerra al terrore l´invasione dell´Iraq doveva essere un obiettivo secondario. Nell´allenamento pre-dibattito lo staff di Edwards gli ha quasi fatto imparare a memoria le frasi che Cheney disse in quel lontano 29 aprile 1991, alla domanda se l´esercito americano avesse dovuto marciare fino a Bagdad: «La risposta è un sonoro no. Dovremmo mettere in piedi un altro governo, che tipo di governo? Quanto dovremmo far restare i nostri soldati? Quante altre morti gli Stati Uniti dovrebbero accettare nello sforzo di creare stabilità in una situazione che è chiaramente instabile? Credo che sia di vitale importanza per un presidente sapere quando usare la forza militare. Ma è altrettanto importante che un presidente sappia quando non deve usarla».

Il passato è un terreno scivoloso anche per il senatore della North Carolina, sui cui trascorsi Cheney picchia duro: rimproverandogli la scarsa esperienza politica (di senatore alla prima legislatura), handicap grave per fare il vicepresidente in un paese la cui Costituzione prevede che possa diventare automaticamente presidente; e rimproverandogli soprattutto di avere fatto fortuna come trial lawyer, avvocato "da processo", specializzato nelle cause contro le assicurazioni sanitarie, che - stando ad uno spot elettorale che i repubblicani diffondono in questi giorni in Ohio - per pagare indennizzi miliardari al cliente (e parcelle altrettanto miliardarie all´avvocato) hanno «costretto gli ospedali a chiudere i reparti maternità, le ostetriche e i ginecologi ad abbandonare la professione e le donne ad aspettare tre mesi per una mammografia».

Edwards può a sua volta replicare con la storia infinita dell´Hulliburton - la società di forniture petrolifere e di infrastrutture militari che Cheney guidò tra il 1995 e il 2000, lasciandola quando si candidò alla vicepresidenza con Bush - e del conflitto di interessi del vicepresidente. La Halliburton ha ottenuto infatti contratti per oltre 18 miliardi di dollari per la ricostruzione in Iraq, quasi tutti per licitazione privata, con Cheney alla Casa Bianca e il vicepresidente ha anche percepito stipendi (arretrati) dalla Halliburton dopo il 2000 quando già era entrato alla Casa Bianca.

Edwards sembrava (e lo era) il desaparecido del ticket democratico. Dopo la convention repubblicana e i disastri seguiti (in termini di sondaggi e immagine per Kerry) si era defilato, con i maligni pronti a giurare che stava già preparandosi alle elezioni del 2008, questa volta in qualità di candidato-presidente. Dopo l´ottima performance di John Kerry a Miami anche lui sembra aver ritrovato le verve che lo avevano reso protagonista durante i dibattiti delle primarie. Ma questa volta di fronte non avrà un Howard Dean innervosito ma un "peso massimo" come Cheney, pronto a farlo a pezzi alla minima incertezza.

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