Da Il Mattino del 29/09/2004

IL PERSONAGGIO

Il re mediatore

di Vittorio Dell'Uva

Abdallah di Giordania lo aveva preannunciato in una lunga intervista rilasciata alla vigilia della missione a Roma: «Sulle volontarie italiane spero proprio di avere buone notizie martedì. So che sono vive». Un re, che viene da un mondo in cui è necessario che le parole vengano misurate con cura, non aveva potuto scendere in dettagli. Né può apertamente vantarsi di avere dato più di una mano per fare uscire l’Italia dal tunnel dell’angoscia. «Apprendo della liberazione da lei» ha detto a un giornalista nella suite del Grand hotel.

«Non mi resta che dirmi felice - ha aggiunto re Abdallah - per una notizia fantastica e fare le mie congratulazioni all’Italia. Non poteva esserci niente di più bello in coincidenza della mia visita a Roma».

Ad un re che gioca la carta della riservatezza va perdonata qualche omissione se le radici risiedono nel ruolo istituzionale che ricopre. Ma che Abdallah di Giordania abbia giocato un ruolo di primo piano nella liberazione di Simona Torretta e Simona Pari è elemento che emerge con estrema chiarezza.

Non è un caso che il premier Silvio Berlusconi abbia sottolineato «il ruolo «particolarissimo svolto dai servizi segreti giordani». E molto si intravede dietro le parole del presidente Ciampi, che ricevendo al Quirinale il sovrano hashemita, ha voluto esprimere «la sua gratitudine e quella degli italiani per essersi adoperato per la liberaziobne delle due giovani donne».

Di indubbia importanza si è rivelata l’assistenza che le autorità giordane hanno dato al Sismi impegnato lungo più direttrici. Forse proprio ad Amman è stata trovata la chiave che ha portato prima alla individuazione del covo e poi alla fase della trattativa scelta in alternativa ad un blitz che avrebbe comportato non pochi rischi in un Paese, destabilizzato dalla guerra infinita, dove la criminalità comune non fa troppa fatica a saldarsi con le frange del terrorismo.

La Giordania è stata ed è ancora la grande porta sull’Iraq. I suoi agenti ne conoscono fin dai tempi di Saddam molti segreti. Monitorare le fazioni e le frange impazzite a Baghdad come altrove rientra negli schemi messi a punto per la sicurezza nazionale. Le voci che si raccolgono nell’entourage del potere giordano indicano che permanenti sono i contatti con la struttura tribale irachena che ancora ha capacità di esercitare un minimo di controllo sul territorio quale che siano le opzioni violente della lotta armata. Né mancano riferimenti tra i vertici militari del periodo della dittatura messi disinvoltamente in disparte, con un errore strategico, dagli Stati Uniti e che «riciclati» potrebbero dare ancora, nell’ottica di Amman, un contributo alla stabilità.

«Ci sono rapitori e rapitori» aveva indicato nella sua intervista re Abdallah lasciando intendere che le due volontarie italiane potevano essere finite nelle mani di un gruppo che puntava soprattutto a trarre vantaggi economici e non ad imporre con brutalità la propria matrice ideologica. All’intelligence giordana si deve, probabilmente, la capacità di avere individuato il vero scopo dei sequestratori e di avere fornito tutte le informazioni utili a stabilire un contatto prima che Simona Torretta e Simona Pari potessero essere cedute ai «partigiani» di Al Zawahiri o ad altri oltranzisti. In molti, più o meno legati aalla rete allestita da Al Qaida, avevano cercato attraverso i messaggi via Internet di proporsi indirettamente come interlocutori del commando che il 7 settembre aveva fatto irruzione nella sede di «Un ponte per...».

Attraverso la Giordania e i suoi «servizi» si è mosso l’Islam dei moderati che Abdallah - come ha ricordato Carlo Azeglio Ciampi - interpreta opponendosi ad un terrorismo che vuuole la guerra di religione. «Ci sono islamici estremisti che vogliono destabilizzare il mondo e ai quali ci dobbiamo opporre unendo le nostre forze» aveva dichiarato il sovrano hashemita poco prima del suo arrivo a Roma. Un modo per farlo - secondo la linea scelta da Amman - è «non restare passivi» di fronte alla minaccia che arriva di un estremismo che «non è da buoni musulmani».

Nel comunicato ufficiale, diramato dopo la visita del re giordano a Palazzo Chigi, i ringraziamenti del governo italiano indicano che parte dei colloqui sono stati dedicati proprio dedicati, nelle ore decisive, al caso delle due volontarie italiane.

Ma re Abdallah non si è proposto soltanto come artefice e portatore di buone notizie nel corso di una visita che forse non casualmente è coincisa con la liberazione di Simona Torrtetta e Simona Pari. La Giordania, che non può considerarsi al riparo di minacce di natura fondamentalista, intende avere un ruolo attivo nella lotta contro il terrorismo e contribuire alla stabilità di una regione che il conflitto israeliano-palestinese, non meno della destabilizzazione irachena, rende molto precaria.

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IL RITRATTO
La vittoria di Abdallah, il sovrano del dialogo
L'auspicio del rilascio è diventato realtà durante la visita di ieri al Quirinale
di Antonio Ferrari su Corriere della Sera del 29/09/2004
Calipari, ultima trattativa sul dossier
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