Da La Repubblica del 27/09/2004

Il primo ministro britannico paragona Saddam Hussein a Hitler

Blair: "Noi ci ritireremo solo a lavoro finito"

di Enrico Franceschini

LONDRA - «Ci fu più spargimento di sangue nel 1941 che nel 1938. Ma questo non significa che entrare in guerra contro il nazismo fosse sbagliato. Prima o poi il mondo avrebbe dovuto comunque fare i conti con Saddam Hussein, così come dovette farli con Hitler». Tony Blair non cambia idea, non chiede scusa e nemmeno si deprime, davanti agli ultimi sviluppi del conflitto in Iraq. Anzi: il primo ministro britannico lo paragona ai "giorni bui" della seconda guerra mondiale, per trarne la morale che, oggi come allora, non bisogna arrendersi di fronte alle difficoltà, bisogna andare fino in fondo. Del resto, dopo l´11 settembre 2001, per lui il terrorismo è diventato «la più grave minaccia alla sicurezza mondiale», l´equivalente della minaccia rappresentata sessant´anni fa dal nazifascimo. Così, intervistato dall´Observer e dalla Bbc in occasione del congresso annuale del partito laburista che si è aperto ieri a Brighton, Blair spazza via qualsiasi ipotesi di ritiro delle truppe: «Non ce ne andremo dall´Iraq finché non avremo terminato il lavoro», dice, pur riconoscendo che questa e altre sue decisioni (come quella di passare le vacanze con Silvio Berlusconi) provocano dissenso all´interno del Labour e potrebbero costargli voti alle elezioni della primavera prossima. Ecco un estratto delle due interviste.

L´OSTAGGIO INGLESE. «Spero che possiamo fare qualcosa per il rilascio di Kenneth Bigley, ma non ne sono certo. Faremo tutto ciò che è possibile e legittimo. Ma non è il caso di suscitare false speranze, considerata la gente con cui abbiamo a che fare. Quei terroristi capiscono che possono usare e manipolare i media per farsi una pubblicità enorme e per mettere leader e paesi democratici in una posizione difficile».

LA NUOVA GUERRA. «C´è gente che non sarà mai d´accordo con la nostra decisione di entrare in guerra e metter fine al regime di Saddam Hussein. E´ un dissenso legittimo, che rispetto. Ma oggi in Iraq è in corso un nuovo conflitto, una seconda guerra: da una parte ci sono le forze che vogliono ricostruire il paese, creare una democrazia e tenere libere elezioni; dall´altra ci sono terroristi che uccidono e sequestrano per impedire ogni progresso. E in un conflitto del genere non possono esserci disaccordi: dobbiamo essere tutti uniti per restare in Iraq e finire il lavoro. Se non lo facessimo, il terrorismo globale vincerebbe una cruciale battaglia».

ARMI DI DISTRUZIONE DI MASSA. «Le informazioni che ricevemmo dai servizi segreti si sono rivelate sbagliate. E´ vero, in Iraq non abbiamo trovato arsenali nucleari, chimici o biologici, e di questo ci siamo scusati. Ma sappiamo che Saddam voleva sviluppare quelle armi e aveva la capacità di farlo. Non è che io sia orgoglioso e ostinato. Ma se dicessi che mi dispiace di avere abbattuto Saddam, non direi la verità. Pensavo che il mondo sarebbe stato più sicuro senza Saddam, e continuo a pensarlo».

ERRORI. «Col senno di poi, è stato un errore smantellare completamente e troppo rapidamente l´esercito iracheno. Così come abbiamo sbagliato a rimuovere immediatamente tutti gli uomini del partito Baas (il partito di Saddam, ndr.) da posizioni di potere».

IRAN. «Credo seriamente che il terrorismo sia la minaccia più importante alla sicurezza mondiale del ventunesimo secolo. Ci sono voci secondo cui l´Iran ha aiutato Moqtada al-Sadr. Spero che a Teheran capiscano che ciò sarebbe assolutamente inaccettabile».

DIMISSIONI. «Capisco che un sacco di gente è in profondo disaccordo con me sull´Iraq e che questo può costarci voti. Ma non ho mai pensato di dimettermi. Sono molto felice di fare il lavoro che faccio».

BERLUSCONI. «Gli elettori laburisti sarebbero arrabbiati perché sono andato a trovarlo durante le mie vacanze? Mi sembra insensato. Forse che non dovrei vedere Berlusconi? Ho trascorso una sera insieme al premier alleato. E´ un nostro alleato. Non c´è niente di strano».

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