Da La Repubblica del 24/09/2004
Irriconoscibile il corpo dell´uomo morto dopo essere stato arrestato per le presunte autobombe della settimana scorsa: volto sfigurato e lesioni vecchie di dieci giorni
Il mistero dell´"attentatore" di Putin "Omicidio di Stato in carcere"
Su di lui si sarebbero accaniti 150 agenti I colleghi: "Era un militare modello"
Potrebbe essere una vittima casuale dello sfascio dell´Fsb a caccia di un risultato
di Giampaolo Visetti
MOSCA - L´ombra di un omicidio di Stato scuote il Cremlino. Il capitano di corvetta Aleksandr Pumane, 38 anni, presunto terrorista arrestato sabato scorso nel centro di Mosca, è stato torturato e assassinato in una caserma della polizia. La denuncia, pubblicata ieri dall´Isvestia, è partita dall´ex moglie Natalia. Convocata dalla procura per il riconoscimento del cadavere, si è trovata davanti ad una visione sconvolgente. Nell´obitorio non c´era una persona deceduta per infarto, come detto dai servizi segreti poi smentiti. Giaceva invece il corpo di un uomo massacrato di botte. Cranio sfondato, volto irriconoscibile, gambe spezzate, genitali spappolati. Ovunque i segni di un pestaggio e profonde ferite da taglio.
Il referto medico parla di morte per emorragia interna e perdita di oltre due litri di sangue. Gli anatomopatologi della clinica Sklifosovskij hanno accertato che molte lesioni risalgono ad almeno dieci giorni fa, molto prima dell´arresto annunciato dalle forze dell´ordine. Un mistero. «Il quadro - ha dichiarato una fonte interna allo stesso Fsb - è quello di una sadica esecuzione, preceduta dalla tortura». Pumane non sarebbe morto nel corso di un interrogatorio, come comunicato in un primo tempo dai servizi eredi del Kgb sovietico. Dopo il fermo, in piena notte, almeno 150 poliziotti e agenti dell´intelligence si sarebbero limitati ad ammazzarlo con un rituale selvaggio. La magistratura ha aperto un´inchiesta in cui ipotizza abuso di potere, lesioni gravi e omicidio. Considerato il numero degli aguzzini, difficilmente si arriverà ad una condanna. Il cadavere risulta deturpato a tal punto che la procura non esclude che possa addirittura non corrispondere all´uomo accusato di essere coinvolto in un attentato contro il presidente Vladimir Putin.
La versione dell´Fsb si era rivelata subito lacunosa e debole. All´alba di sabato, dopo il presunto fermo, il supposto ritrovamento di due auto-bombe e la dichiarata confessione di Pumane, i vertici dei servizi segreti si erano affrettati ad indicare nel capo del Cremlino l´obiettivo dell´azione. Un atteggiamento senza precedenti. Secondo gli esperti, dopo la tragica serie di attentati che in quattro giorni ha sconvolto la Russia, se Putin avesse corso un pericolo reale l´Fsb si sarebbe comportato in modo opposto coprendo l´informazione. «Mi hanno fatto credere che Aleksandr era drogato - denuncia ora l´ex moglie - e che per mille dollari avrebbe tradito il suo Paese. Ridicolo, chiunque lo ha conosciuto capisce che è una miserabile bugia». Pur in un minaccioso clima di disinformazione, iniziato con i depistaggi sull´esplosione di due Tupolev fatti saltare dalle kamikaze cecene e coronato da notizie e dati falsi sul massacro di Beslan, sui giornali russi si moltiplicano le accuse all´Fsb.
Amici e colleghi di Pumane sono intervenuti per escludere la possibilità di un suo coinvolgimento in un atto terroristico. Viene descritto quale militare modello, uomo mite e padre affettuoso. Da generazioni la sua famiglia fornisce alti ufficiali all´esercito. La vittima era addirittura responsabile di rotta sui sommergibili. Tale ruolo comporta continui controlli fisici e mentali. Il capitano Aleksandr Povrovskij ha lanciato un appello a tutti gli ufficiali della marina perché spediscano al Cremlino valutazioni sul presunto attentatore. «Pretendiamo - dichiara - che il presidente dica chi lo ha assassinato e perché».
Secondo gli analisti, Pumane sarebbe la vittima casuale della crisi patologica di un Fsb alla sfascio. Travolti dalle smentite, dai casi di corruzione e dagli insuccessi nella lotta contro il terrorismo, gli ex colleghi di Putin sarebbero stati traditi dalla necessità di mostrare qualche risultato. Un´inchiesta dell´indipendente Novaia Gazeta ha dimostrato però che gli unici arrestati per la strage sui Tupolev, per l´esplosione davanti a una stazione del metrò di Mosca e per l´eccidio in Ossezia, sono stati poliziotti e uomini dei servizi. Perso il controllo della situazione, temendo la rimozione, i vertici delle forze dell´ordine penserebbero solo a salvarsi: a costo di precipitare il Cremlino nell´imbarazzo internazionale.
«Si avvicina il punto di un non ritorno - è arrivato a dichiarare ieri Gherghij Satarov, ex consigliere di Boris Eltsin -: quello di una democrazia fatta a pezzi. La Russia ormai è divisa tra chi è ricattato dalle inchieste politiche e chi teme di perdere i propri privilegi. Vecchi e nuovi clan possono solo tacere, tenuti in pugno da un potere autoritario che con metodi polizieschi impedisce la crescita di una società civile».
Il referto medico parla di morte per emorragia interna e perdita di oltre due litri di sangue. Gli anatomopatologi della clinica Sklifosovskij hanno accertato che molte lesioni risalgono ad almeno dieci giorni fa, molto prima dell´arresto annunciato dalle forze dell´ordine. Un mistero. «Il quadro - ha dichiarato una fonte interna allo stesso Fsb - è quello di una sadica esecuzione, preceduta dalla tortura». Pumane non sarebbe morto nel corso di un interrogatorio, come comunicato in un primo tempo dai servizi eredi del Kgb sovietico. Dopo il fermo, in piena notte, almeno 150 poliziotti e agenti dell´intelligence si sarebbero limitati ad ammazzarlo con un rituale selvaggio. La magistratura ha aperto un´inchiesta in cui ipotizza abuso di potere, lesioni gravi e omicidio. Considerato il numero degli aguzzini, difficilmente si arriverà ad una condanna. Il cadavere risulta deturpato a tal punto che la procura non esclude che possa addirittura non corrispondere all´uomo accusato di essere coinvolto in un attentato contro il presidente Vladimir Putin.
La versione dell´Fsb si era rivelata subito lacunosa e debole. All´alba di sabato, dopo il presunto fermo, il supposto ritrovamento di due auto-bombe e la dichiarata confessione di Pumane, i vertici dei servizi segreti si erano affrettati ad indicare nel capo del Cremlino l´obiettivo dell´azione. Un atteggiamento senza precedenti. Secondo gli esperti, dopo la tragica serie di attentati che in quattro giorni ha sconvolto la Russia, se Putin avesse corso un pericolo reale l´Fsb si sarebbe comportato in modo opposto coprendo l´informazione. «Mi hanno fatto credere che Aleksandr era drogato - denuncia ora l´ex moglie - e che per mille dollari avrebbe tradito il suo Paese. Ridicolo, chiunque lo ha conosciuto capisce che è una miserabile bugia». Pur in un minaccioso clima di disinformazione, iniziato con i depistaggi sull´esplosione di due Tupolev fatti saltare dalle kamikaze cecene e coronato da notizie e dati falsi sul massacro di Beslan, sui giornali russi si moltiplicano le accuse all´Fsb.
Amici e colleghi di Pumane sono intervenuti per escludere la possibilità di un suo coinvolgimento in un atto terroristico. Viene descritto quale militare modello, uomo mite e padre affettuoso. Da generazioni la sua famiglia fornisce alti ufficiali all´esercito. La vittima era addirittura responsabile di rotta sui sommergibili. Tale ruolo comporta continui controlli fisici e mentali. Il capitano Aleksandr Povrovskij ha lanciato un appello a tutti gli ufficiali della marina perché spediscano al Cremlino valutazioni sul presunto attentatore. «Pretendiamo - dichiara - che il presidente dica chi lo ha assassinato e perché».
Secondo gli analisti, Pumane sarebbe la vittima casuale della crisi patologica di un Fsb alla sfascio. Travolti dalle smentite, dai casi di corruzione e dagli insuccessi nella lotta contro il terrorismo, gli ex colleghi di Putin sarebbero stati traditi dalla necessità di mostrare qualche risultato. Un´inchiesta dell´indipendente Novaia Gazeta ha dimostrato però che gli unici arrestati per la strage sui Tupolev, per l´esplosione davanti a una stazione del metrò di Mosca e per l´eccidio in Ossezia, sono stati poliziotti e uomini dei servizi. Perso il controllo della situazione, temendo la rimozione, i vertici delle forze dell´ordine penserebbero solo a salvarsi: a costo di precipitare il Cremlino nell´imbarazzo internazionale.
«Si avvicina il punto di un non ritorno - è arrivato a dichiarare ieri Gherghij Satarov, ex consigliere di Boris Eltsin -: quello di una democrazia fatta a pezzi. La Russia ormai è divisa tra chi è ricattato dalle inchieste politiche e chi teme di perdere i propri privilegi. Vecchi e nuovi clan possono solo tacere, tenuti in pugno da un potere autoritario che con metodi polizieschi impedisce la crescita di una società civile».
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