Da La Repubblica del 24/09/2004

Una telefonata alla famiglia Bigley, ma nessuna dichiarazione pubblica

Blair, silenzio e imbarazzo il premier sempre più solo

Consensi in calo, avversari pronti ad attaccarlo

Domenica si apre il congresso laburista. L´opposizione interna polemizza: "Ci hai mentito e ci hai portato a questo punto"
Al suo posto parlano il ministro degli Esteri Straw e la moglie Cherie: "Il mio cuore è con la famiglia dell´ostaggio"

di Enrico Franceschini

LONDRA - Insieme alla linea della fermezza, Tony Blair sceglie la linea del silenzio. Davanti a un ricatto terroristico che a colpi di video si fa sempre più personale, diventando una sfida diretta a Downing Street, il primo ministro decide di non dire più niente sull´argomento, almeno in pubblico: si limita a telefonare per la seconda volta ai familiari dell´ostaggio, senza che trapeli nulla poiché, come informa un portavoce, è stato un «colloquio privato». Fa parlare, al suo posto, il ministro degli Esteri Straw, i portavoce, perfino la moglie Cherie, che in genere sfugge i giornalisti e invece l´altra sera alla festa per i suoi cinquant´anni li ha avvicinati per dichiarare: «Il mio cuore, come quello di tutto il paese, è con la famiglia Bigley». Il silenzio di Blair lo differenzia da altri leader: in circostanze simili, nelle ultime settimane, sia Bush che Chirac hanno parlato, sebbene per rifiutare ciascuno a suo modo le richieste delle bande che sequestrano civili innocenti in giro per l´Iraq. Blair viceversa tace, secondo i commentatori britannici, perché è in una situazione più complicata dei suoi colleghi. Bush ha voluto la guerra, e finora il popolo americano è stato più o meno d´accordo. Chirac non voleva la guerra, e i francesi approvano la sua opposizione al conflitto. Blair l´ha voluta quanto Bush, nonostante l´ampia opposizione del proprio paese, dei media, del Parlamento, perfino del suo stesso partito. Per questo c´è imbarazzo, preoccupazione, nervosismo, nel silenzio del leader laburista di fronte alla raffica di strazianti appelli televisivi.

E´ vero che, per il momento, nessuno osa criticare la sua fermezza. Michael Howard, leader dei conservatori ovvero del maggior partito d´opposizione, ha espresso piena solidarietà al primo ministro: «Non lo invidio. Siamo di fronte a un ricatto atroce, ma non possiamo trattare con questi barbari assassini». Nessuno degli avversari di Blair s´azzarda a fare speculazioni sulla tragedia di Bigley. Sui giornali e in tv, tutti concordano che il premier non può né deve alterare un principio inossidabile della politica britannica: niente concessioni ai terroristi. Pur tra veglie e preghiere, c´è in effetti grande compostezza nel dolore dell´opinione pubblica per la sorte toccata al loro compatriota. Così vuole, del resto, la tradizione. Abituato a sopportare stoicamente «lacrime e sangue», come vantava Churchill durante il terribile scontro col nazismo, in questi giorni il paese sembra unito per affrontare un´altra ora difficile. E´ tuttavia verosimile che la calma, la dignità, la capacità tutta inglese di dimostrare «grace under pressure», si attenueranno non appena la tragedia si sarà in un modo o nell´altro consumata. «Non adesso e non subito», prevede Robert Worcester, politologo dell´istituto di rilevamenti d´opinione Mori. «Ma domenica si apre l´annuale congresso laburista e la sinistra del partito, da sempre contraria alla guerra in Iraq, approfitterà dello sgomento suscitato da questa storia per moltiplicare gli attacchi. Ci hai mentito per portarci in guerra, accuseranno Blair, sei stato tu a trascinarci in questo casino senza via d´uscita, e noi te l´avevamo detto che sarebbe finita così». Dopodiché si sentirà autorizzata ad attaccarlo anche la destra. L´impressione è che ancora una volta, quando Blair sperava di essersi finalmente lasciato alle spalle le polemiche sull´Iraq che nell´ultimo anno e mezzo hanno fatto precipitare i suoi consensi, l´Iraq torna a tormentarlo. Come è successo con il suicidio dell´esperto d´armamenti David Kelly, con il rapporto Hutton, con il rapporto Butler, con la guerra fra Downing street e Bbc: il fantasma della guerra non se ne va. Ciò non significa che un nuovo incubo gli sia fatale. Nei sondaggi, infatti, il Labour continua a battere i Tory: 46 a 31 per cento, secondo quello diffuso due giorni or sono dalla Bbc. Certo, nei prossimi giorni gli umori potrebbero cambiare sotto l´effetto del video in cui Ken Bigley implorava a Blair di salvarlo. Ed è probabile che alle prossime elezioni, in primavera, i liberal-democratici, l´unico partito che si è opposto alla guerra, guadagnino consensi: ma resteranno lo stesso il terzo partito nazionale e comunque si dicono disposti a entrare in una coalizione di governo con i laburisti. Nonostante le suppliche in diretta televisiva dell´inglese condannato a morte, nonostante lo spettro dell´Iraq, insomma, oggi a Londra la previsione è che i cittadini britannici rieleggeranno Blair primo ministro per la terza volta. Ma senza amarlo più come un tempo. Turandosi il naso.

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