Da Corriere della Sera del 22/09/2004

«Modesti progressi dell’occupazione, l’inflazione preoccupa meno». Dow Jones in altalena, poi sale dello 0,39%. Greggio a 47,10 dollari

Greenspan cauto, denaro più caro dello 0,25%

La Federal Reserve alza all’1,75%: «L’economia è ripartita, ma la stretta sarà moderata»

di Ennio Caretto

WASHINGTON - Per la terza volta in tre mesi e l’ultima volta prima delle elezioni del 2 novembre, il Federal open market committee, o Comitato direttivo della Federal Reserve, ha ieri rialzato di un quarto di punto i tassi d'interesse, portandoli all'1,75 per cento. Si prevede che li porterà al 2% alla prossima riunione del 10 novembre, così raggiungendo il livello dei tassi d'interesse della Banca centrale della Ue, e che li lascerà invariati a quella finale del 2004, il 14 dicembre.

Ma non è sicuro: nel suo comunicato, la Fed ha ribadito di essere «sempre pronta a intervenire nel caso che le condizioni economiche cambino». Wall Street aveva dato il rialzo quasi per scontato, ma vi ha reagito prima tiepidamente poi con un certo entusiasmo: l'indice Dow Jones dei titoli industriali è salito di qualche punto, è ridisceso, poi è di nuovo risalito, dando una interpretazione ottimistica al comunicato con una chiusura a più 0,39%.

In realtà il quadro tracciato dalla Federal Reserve, sulla cui scia le grandi banche hanno elevato dal 4,50 al 4,75% il «prime rate», gli interessi per i clienti istituzionali, è stato cauto, segno per la maggioranza degli economisti che la portata della ripresa è incerta. Dopo un certo rallentamento dovuto in parte al rincaro del petrolio, ha scritto la Fed, «l'espansione sembra avere ritrovato slancio e il mercato del lavoro ha registrato un modesto progresso». Ma i prezzi dell’energia non hanno pesato sull’inflazione, che anzi è scesa leggermente, e perciò i rialzi dei tassi «dovrebbero procedere a ritmo moderato».

William Gross, il re delle obbligazioni (che hanno subito una flessione) ne ha tratto questo commento: «Alan Greenspan, il presidente della Fed, non sa se la nostra economia abbia avuto un momento di pausa o fatichi a decollare». Un riferimento al secondo trimestre di questo anno, quando il Pil è salito del 2,8%, meno dello sperato.

Secondo Gross, Greenspan cerca un difficile equilibrio perché da una parte è allarmato dall’eccesso di liquidità formatosi negli ultimi anni, e dall’altra dall’aumento del debito e la scarsa creazione di impieghi: deve prevenire l'inflazione e assieme non ostacolare la ripresa, che spera conduca a un incremento del Pil del 3-4% nel trimestre in corso, un balzo impressionante se paragonato alla congiuntura europea. Ma le sue difficoltà potrebbero essere accentuate dal petrolio, che ieri è risalito a 47,10 dollari al barile, pare soprattutto a causa della domanda in Cina, ritornando alla tendenza del mese scorso. Un esperto petrolifero, Colin Campbell, un geologo irlandese a riposo, ammonisce che si avvicina il momento in cui «l'oro nero» incomincerà a scarseggiare. L’anno prossimo, tra due anni al massimo, sostiene, l’umanità avrà estratto la metà del greggio che sarà mai disponibile: la sua produzione declinerà progressivamente.

La cautela di Greenspan ha anche un motivo politico: la necessità di non compromettere le «chances» elettorali del presidente Bush. Il rialzo dei tassi poco prima del voto è considerato un'imprudenza per il capo della Fed, tanto che alcuni giornali si sono ieri chiesti se nel giro di un anno Greenspan non verrà sostituito. I due candidati più importanti alla successione sono Martin Feldstein, un ex consigliere economico del presidente Ronald Reagan nel caso che Bush venga rieletto, e Robert Rubin, l'ex ministro del Tesoro del presidente Bill Clinton, nel caso che venga eletto il democratico John Kerry.

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