Da La Repubblica del 22/09/2004

Duro scambio di accuse al Palazzo di Vetro. La Casa Bianca difende la guerra: "La risposta al terrorismo non è ritirarsi, ma vincere"

Bush-Annan, scontro all´Onu

Il presidente: "Fate di più". Il segretario: "Rispettate la legalità"

di Alberto Flores D'Arcais

DES MOINES (iowa) - Doveva essere la sua risposta a Kerry, ma lo scambio di colpi ha coinvolto anche Kofi Annan; doveva convincere gli "alleati-nemici" dell´Europa ma ha parlato con l´occhio rivolto ai paesi dove la democrazia è più lontana. George W. Bush non ha usato la tribuna delle Nazioni Unite solo per fini interni (elettorali) e per replicare al candidato democratico che lo aveva attaccato duramente per il "fallimento" iracheno, ma nei 24 minuti di discorso - davanti agli uomini che rappresentano governi, dittature, sogni, errori e speranze del mondo intero - ha ancora una volta rivendicato come giusta e senza alternative la sua scelta di guerra globale al terrorismo.

Davanti a una platea attenta ma che non lo ha mai interrotto per un applauso, davanti a un segretario generale che lo aveva mezz´ora prima pesantemente criticato, davanti a Karzai e Allawi - uomini-simbolo della democrazia "made in Usa" importata nelle dittature islamiche - ha difeso fino in fondo la scelta di invadere l´Iraq «che ha aiutato il popolo iracheno a liberarsi di un dittatore fuorilegge», ha sollecitato la comunità mondiale a «lavorare insieme per appoggiare il nuovo governo», ha invitato Israele a «congelare le colonie e a distruggere quelle illegali», ha chiesto ai leader mondiali di «ritirare tutto il loro sostegno a quei capi palestinesi che tradiscono la causa del loro popolo», ha chiamato le Nazioni Unite a «fermare il genocidio» in Sudan e a combattere la «piaga dell´Aids in Africa».

Dalla stessa tribuna dove due anni aveva proclamato il «grave pericolo» rappresentato da Saddam Hussein, ventilando apertamente l´ipotesi di guerra ha risposto alle critiche che dallo stesso pulpito gli aveva appena mosso il segretario generale dell´Onu, ribaltandole contro le stesse Nazioni Unite, incapaci di far rispettare le risoluzioni che votano: «Gli impegni e le dichiarazioni devono avere un significato. Quando parliamo di serie conseguenze, per il bene della pace ci devono essere serie conseguenze. Per questo una coalizione di nazioni ha deciso di far rispettare le sacrosante richieste del mondo intero e la mia nazione è grata ai soldati degli altri paesi che ci hanno aiutato a liberare il popolo iracheno».

«Le Nazioni Unite e i suoi Stati-membri devono dare una risposta alla richiesta del primo ministro Allawi e fare di più per costruire un Iraq sicuro, democratico, federale e libero. L´Iraq democratico ha molti nemici e un gruppo terrorista associato con Al Qaeda è oggi uno dei principali responsabili per l´uccisione di innocenti, per la campagna di violenza e di bombe contro civili e per la decapitazione di uomini incatenati. Noi staremo al fianco del popolo iracheno e di quello afgano fino a quando le loro speranze di libertà saranno soddisfatte».

Kofi Annan, che la settimana scorsa aveva definito «illegale» la guerra all´Iraq, non ha ripetuto l´accusa ma nel suo discorso non sono mancate pesanti critiche agli Stati Uniti. Dopo aver condannato i «civili massacrati a sangue freddo, i lavoratori umanitari, i giornalisti e gli altri non combattenti presi in ostaggio e messi a morte nel modo più barbaro» ha ricordato come in Iraq ci siano stati «ignominiosi abusi dei prigionieri di guerra» da parte di soldati americani: «Nessuna causa, nessuna rivendicazione, per quanto legittima in sé, può giustificare tali atti».

Annan ha parlato preceduto dai rintocchi della "campana della pace" che il segretario generale ha suonato nel giardino del Palazzo di Vetro alla presenza di tre "messaggeri di pace" (l´italiana Anna Cataldi, il "mito" Mohammed Ali e la scienziata Jane Goodall). Poi la stoccata diretta a Bush perché «nessuno è al di sopra della legge»: «Ogni paese che proclama la legalità in patria deve rispettarla all´estero e ogni paese che insiste che sia rispettata all´estero deve rispettarla in patria. A volte perfino la lotta contro il terrorismo viene strumentalizzata per violare, senza che sia strettamente necessario, le libertà civili». A governare il mondo, ovunque, devono essere «le leggi, non gli uomini» e quanto all´Iraq ha ricordato che in un corridoio delle Nazioni Unite è esposta una copia del codice di Hammurabi, di oltre 3.000 anni fa: «Promulgate nella terra che chiamiamo Iraq, sono leggi che oggi sembrano terribilmente severe, ma su quelle tavole sono scolpiti i principi della giustizia che sono stati riconosciuti - anche se raramente attuati - da quasi tutte le società umane da allora a oggi». Citazioni classiche cui Bush ha contrapposto il presente, che è quello del «terrore che minaccia il mondo intero», come sanno bene «a Madrid, Gerusalemme, Istanbul, Bagdad». Si è soffermato sul massacro di Beslan, su quella «morte all´inizio del mese di tanti bambini nella loro scuola, bambini che non hanno fatto nulla per meritare una tale orribile sofferenza».

«Gli americani rispettano l´idealismo delle Nazioni Unite», ha spiegato il presidente Usa ma il mondo ha bisogno di una nuova definizione di sicurezza e la risposta da dare al terrorismo «non è quella di ritirarsi ma di vincere». Ha citato l´Italia (l´unico paese alleato citato esplicitamente) e l´iniziativa lanciata insieme al nostro paese dopo il G8 chiamata "Global Peace Operation Initiative", ha insistito sulla necessità di creare un fondo per fare sì che tutti i paesi siano «governati dalle leggi, con tribunali indipendenti, una libera stampa, liberi partiti politici e sindacati»,: «Non possiamo accettare che la democrazia sia un valore esclusivo dell´occidente. Gli Stati Uniti daranno il contributo iniziale, invito le altre nazioni a contribuire nello stesso modo».

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