Da Il Messaggero del 21/09/2004
Petrolio e immigrati i motivi della svolta
di Marcella Emiliani
SEMBRA la parabola del figliol prodigo: d'un colpo sia l'Unione Europea che gli Stati Uniti hanno deciso di togliere l'embargo alla Libia. Non è che il regime di Gheddafi nel Terzo millennio sia diventato più democratico o rispettoso dei diritti umani di un paio di decenni fa, quando il presidente Reagan chiamava il colonnello «il cane di Tripoli» arrivando a bombardargli la tenda, ma il medesimo colonnello ha superato l'esame della lotta al terrorismo e in tempi di islamismo estremista impazzito tanto basta. Anche se ha finanziato i peggiori terroristi di mezza Africa e di tutto il Medio Oriente, Gheddafi era e rimane un “buon vecchio nazionalista arabo” alla Nasser per intenderci , gli islamisti forsennati non gli sono mai andati a genio, li ha sempre combattuti ed evidentemente ora è degno di rientrare nel consesso internazionale. Ha consegnato i responsabili del disastro di Lockerbie alla giustizia europea, ha risarcito a suon di miliardi le famiglie delle vittime, ha lasciato intendere di essere disponibile perfino a rinunciare ad uno dei leit motiv più urlati della sua politica, alias l'odio per Israele: insomma da qualche tempo manda segnali di tutti i generi per convincere l'Occidente che col passato ha chiuso. E l'Occidente ha deciso di credergli.
Il punto però non è questo. Da che mondo è mondo la politica è l'arte del possibile e la pace la si fa coi nemici di ieri. Ma perché la “conversione” di Gheddafi oggi è creduta, mentre fino a ieri le sue capriole politiche venivano liquidate come buffonate? Con questo non vogliamo dire che l'iniziativa dell'Unione Europea e degli Stati Uniti non sia cosa giusta; sarebbe tempo anzi di meditare sull'uso che si è fatto a livello bilaterale e internazionale dell’“arma sanzioni”, ma è lecito chiedersi quanto abbia inciso nella decisione di perdonare Gheddafi la tragica congiuntura storica che stanno vivendo l'Iraq, l'intero Medio Oriente e gli Stati Uniti sotto elezione presidenziale. Cinicamente parlando quella che chiameremo “l'operazione-colonnello” in questo momento permette all'Occidente di portare a casa diversi risultati. Rimette in circolazione innanzitutto il petrolio libico, cosa assai utile visto che i pozzi e gli oleodotti iracheni sono ormai da tempo nel mirino dei terroristi in Iraq e il prezzo del greggio non fa che salire sul mercato internazionale. Se la guerra per eliminare Saddam doveva avere come “premio” il petrolio, almeno per ora l'obiettivo è ben lungi dall'essere raggiunto, per di più con un costo in vite umane (tutte, le loro e le nostre) altissimo.
In secondo luogo, una ritrovata intesa con Gheddafi consente all'Europa di provare a combattere con maggior efficacia quella pirateria moderna che è il traffico di clandestini che proprio in Libia ha trovato una sua Tortuga mediterranea. Su questo fronte, inutile sottolinearlo, l'Italia è in prima linea ed è uno dei paesi che si aspetta i maggiori risultati dal riavvicinamento con Tripoli. L’“operazione colonnello” infine potrebbe costituire un buon esempio per altri “paesi canaglia”: dando sincere prove di conversione, l'Occidente e la comunità internazionale sono disposti ad alleviare l'isolamento dei sostenitori pentiti del terrorismo.
Il punto però non è questo. Da che mondo è mondo la politica è l'arte del possibile e la pace la si fa coi nemici di ieri. Ma perché la “conversione” di Gheddafi oggi è creduta, mentre fino a ieri le sue capriole politiche venivano liquidate come buffonate? Con questo non vogliamo dire che l'iniziativa dell'Unione Europea e degli Stati Uniti non sia cosa giusta; sarebbe tempo anzi di meditare sull'uso che si è fatto a livello bilaterale e internazionale dell’“arma sanzioni”, ma è lecito chiedersi quanto abbia inciso nella decisione di perdonare Gheddafi la tragica congiuntura storica che stanno vivendo l'Iraq, l'intero Medio Oriente e gli Stati Uniti sotto elezione presidenziale. Cinicamente parlando quella che chiameremo “l'operazione-colonnello” in questo momento permette all'Occidente di portare a casa diversi risultati. Rimette in circolazione innanzitutto il petrolio libico, cosa assai utile visto che i pozzi e gli oleodotti iracheni sono ormai da tempo nel mirino dei terroristi in Iraq e il prezzo del greggio non fa che salire sul mercato internazionale. Se la guerra per eliminare Saddam doveva avere come “premio” il petrolio, almeno per ora l'obiettivo è ben lungi dall'essere raggiunto, per di più con un costo in vite umane (tutte, le loro e le nostre) altissimo.
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