Da La Repubblica del 21/09/2004

Per i tecnici nelle mani di Zarqawi la stessa richiesta arrivata in modo indiretto a "Un Ponte per..."

L´incubo di un ricatto che l´Italia non può accettare

Analogie nelle modalità dei rapimenti delle due volontarie e dei due americani e dell´inglese
"Chi tiene prigioniere delle donne ha comunque difficoltà a mostrarle in un video"

di Giuseppe D'Avanzo

PURTROPPO accade quel che gli analisti americani e arabi definivano, appena l´altro giorno, «lo scenario peggiore». Eugene Armstrong, sequestrato nel quartiere di Al Monsur a Bagdad il 16 settembre, è stato decapitato. L´annuncio della barbarie è stato prima lanciato nella rete sul sito web al Islah con la firma di Abu Maysarah al-Iraqi. Qualche ora dopo documentato con le crudeli immagini di un video, dal gruppo Tawhid wal Jihad (Unificazione e Guerra santa o Monoteismo e Guerra Santa) guidato da Abu Musab al Zarqawi, l´uomo che oggi stringe molti dei fili della rete del terrore iracheno. Sono immagini infernali che nessuno, nemmeno nel peggiore degli incubi, poteva immaginare di vedere un giorno.

Cinque uomini si accaniscono come belve prive di senno e di umanità su un corpo inerme e tremante tra le urla atroci e acutissime dell´innocente sacrificato.

I sequestratori avevano dato 48 ore di tempo alle autorità americane e al governo provvisorio di Allawi per liberare tutte le donne detenute nelle carceri di Abu Ghraib e Umm Qasr. Al Zarqawi non ha mai finora mancato un ultimatum e, anche in quest´occasione, allo scadere del tempo del ricatto ha eseguito la condanna. Ora concede agli Stati Uniti ancora 24 ore per liberare le donne detenute. Pena l´uccisione degli altri due ostaggi, l´americano Jack Hensley e il britannico Kenneth Bigley. Uno stillicidio che sarà mortale perché gli americani come gli inglesi non trattano. Cercano soltanto informazioni sulla prigione che, per ora, non hanno avuto e che, nelle prossime ore, disperano di ottenere.

Il destino di Eugene Armstrong, Jack Hensley e Kenneth Bigley incrocia, purtroppo, l´infelice esperienza di Simona Pari, Simona Torretta e dei due volontari iracheni rapiti con loro, Mahanz Bassam e Ra´ad Ali Abdul Raziz. Due sequestri che hanno due momenti di contatto giudicati «significativi perché sovrapponibili».

Innanzi tutto le modalità del rapimento. Azioni mirate, sconosciute a Bagdad fino al 7 settembre, giorno del sequestro delle nostre due Simone. Azioni condotte con metodo militare e da uomini che sembrano aver avuto un addestramento militare. Nelle stanze del "Ponte per...", l´organizzazione non governativa dove da anni le Simone svolgono il loro volontariato di solidarietà al popolo iracheno, all´unico uomo in abiti civili armato di un bastone elettrico, come gli ufficiali del servizio segreto saddamita, gli altri del commando si rivolgevano con «ustad», signorsì. Sono circostanze che si sono riproposte nel sequestro di Armstrong, Hensley e Bigley. Ma è stata soprattutto l´identità della richiesta minacciosa - la liberazione delle donne detenute nella carceri irachene - a convincere l´intelligence dell´alta probabilità che anche Simona Pari e Simona Torretta siano nelle mani dei sunniti di Tawhid wal Jihad e quindi di Abu Musa Al Zarqawi.

La richiesta di liberare le detenute irachene è giunta anche per le nostre ragazze. È stata veicolata in modo ambiguo con un messaggio poco credibile affidato a una sigla sconosciuta (Ansar Al Zawahiri). Nonostante dubbi e incertezze sull´affidabilità di quella fonte e nella speranza di aprire un canale di trattativa con i sequestratori "veri", il governo aveva fatto un´apertura di gioco impegnandosi a favorire la scarcerazione di quei detenuti «ristretti in assenza dei necessari presupposti». Può essere ora quest´impegno del governo ad alimentare il nuovo ricatto di Tawhid wal Jihad. Era - e a maggiore ragione è oggi - la preoccupazione degli analisti. Se il gruppo di Al Zarqawi dovesse riproporre per le due Simone lo stesso ricatto nella certezza che, allo scadere dell´ultimatum l´esito sarebbe infausto (come è accaduto per Armstrong), il governo italiano si troverebbe stretto in una trappola spaventevole dentro la quale è stato spinto dalle accorte mosse dei terroristi. Se Al Zarqawi dovesse chiedere la liberazione delle detenute come potrebbe accettarla Palazzo Chigi, che pure ha già preso in considerazione la richiesta dei sequestratori, dopo la morte del tecnico della Gulf Service Company e il probabile sacrificio, a questo punto, di Jack Hensley ed Kenneth Bigley? E, d´altronde, potrà essere dolorosissimo rifiutare quella via d´uscita al calvario delle nostre Simone perché soltanto qualche giorno addietro ci è apparsa accettabile. È questo l´inferno che ci attende tutti, se dovesse essere confermato che Tawhid wal Jihad è il gruppo responsabile unico del sequestro dei tecnici angloamericani, delle nostre due ragazze, dei due volontari iracheni.

Questa conferma, oggi soltanto deduttiva, ancora non c´è in maniera inequivocabile. Si è avuto un timore alla notizia che Al Zarqawi aveva eseguito la prima delle tre condanne a morte. Si temeva che nel comunicato-proclama potesse esserci un riferimento al sequestro di Simona Pari e Simona Torretta. «Chi tiene prigioniere le due ragazze - spiegava una fonte araba - deve avere qualche difficoltà a mostrarne le immagini. Difficoltà non operative, intendiamoci. Hanno mostrato i tecnici della Gulf Service Company, sono in grado tecnicamente di mostrare anche le due volontarie italiane. La difficoltà ha una natura politica e religiosa. Il Corano vieta di rivalersi sulle donne, di condurre la guerra contro le donne e i sequestratori forse si vergognano - per dir così - di mostrarle in ginocchio, bendate, prigioniere, umiliate. Forse temono di pagare per quell´azione, non consentita, addirittura illecita, un prezzo politico. Per questo conviene attendersi non un video, ma magari un comunicato».

È stato questo l´incubo nelle lunghe ore di ieri. Si paventava che, allo scadere dell´ultimatum per Armstrong, Hensley e Bigley, il gruppo di Tawhid wal Jihad decidesse di rivendicare pubblicamente e al di là di ogni dubbio la paternità del sequestro delle due Simone. Si temeva che poche parole nel proclama urlato alle spalle della vittima designata annunciassero che anche Simona Pari e Simona Torretta erano nelle mani di Al Zarqawi. Questo non è avvenuto. O per lo meno non è avvenuto ancora. Bisogna attendere ora altre 24 ore la scadenza del nuovo ultimatum. Senza molta speranza, verificare che cosa ne sarà di Jack Hensley e Kenneth Bigley perché dal quel momento, mentre abbiamo ancora negli occhi le atrocità subite da quei corpi e nelle orecchie le urla strazianti degli innocenti, che può cominciare a muoversi il ricatto contro le due Simone e contro l´Italia. Ma oggi la notizia non è questa. Stanotte va annotato che nel comunicato non c´è alcun riferimento alle nostre due volontarie. Non è ancora una buona notizia, ma è una notizia perché rende possibile pensare che gli analisti dell´intelligence possono anche sbagliarsi. Abbiamo ancora il diritto di sperare che chi ha ucciso in modo infernale Eugene Armstrong non sia il carceriere di Simona Pari e Simona Torretta. Lo abbiamo ancora di più dopo il messaggio della notte attribuito ad Al Zarqawi dove si sostiene che Tawhid wal Jihad "non ha comprato le italiane". Formula ambiguissima. Non le ha comprate quindi non le ha prigioniere? O non le ha comprate, perché i suoi uomini le hanno catturate?

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