Da Corriere della Sera del 10/09/2004
Boniver convince le donne dell’islam: «Lanceremo appelli in tv»
di Maria Latella
IL CAIRO - «Liberatele. Liberate Simona Torretta e Simona Pari» dice il sottosegretario agli Esteri Margherita Boniver davanti alle telecamere di Al Jazira . «Cambierete la vostra politica estera?». «No, non la cambieremo» risponde il sottosegretario. E' una giornalista quella che la sta intervistando, mentre si è appena concluso l'incontro nella sede del Consiglio Nazionale della Donna, un'istituzione presieduta da Suzanne Mubarak, la moglie del presidente egiziano. Erano donne, naturalmente, le interlocutrici del sottosegretario, la segretaria generale dell'associazione, Farkhanda Hassan, la vicepresidente del Parlamento, le intellettuali che le accompagnano.
Per una singolare circostanza, esclusivamente da donne è anche composta la delegazione della Farnesina, la prima a essere partita dopo il sequestro delle due Simone per quella che Margherita Boniver definisce «un'iniziativa parallela alle altre in corso in Iraq». Donne sono le sequestrate, donna è la prima rappresentante del governo italiano in missione per loro, donne sono le giornaliste che qui al Cairo la intervistano, donne le opinion leaders locali alle quali il sottosegretario italiano chiede di mobilitarsi contro «un atto così barbaro e totalmente in contrasto con ogni principio religioso».
Le egiziane ascoltano, annuiscono, promettono sostegno totale. Poco dopo siamo in un altro palazzo, molto meno elegante del primo. E' la sede dell'Alleanza delle Donne Arabe, un'associazione che si batte contro la discriminazione femminile, e la sua presidente, la dottoressa Hoda Badran, si dice pronta a utilizzare tutti i siti Internet attraverso i quali, da qualche tempo, le donne de Il Cairo, di Amman, del Sudan, si tengono in contatto.
Messaggi email partiranno dalla capitale egiziana, diretti in tutto il Medio Oriente e a Cipro, il 16 settembre, si parlerà delle due Simone. La conferenza che era già stata convocata da tempo, per iniziativa di un'associazione olandese, The National Fellowship for Reconciliation , ma ora il tema delle due prigioniere italiane sarà al centro del dibattito : «Le donne arabe devono sapere che anche loro sono a rischio - dice Hoda Badran -. Mandateci le foto di queste ragazze, mandateci un filmato. Lo proietteremo alla conferenza di Cipro, diremo quanto è orribile che qualcuno tenga prigioniere due volontarie che cercavano solo di portare aiuto», promette.
Sembrano pronte a entrare in azione, queste dell'Alleanza: «Andremo a parlare ad Al Jazira , alla tv egiziana, spiegheremo con centinaia di email che queste due ragazze italiane potrebbero essere le nostre figlie, le nostre sorelle. Le donne arabe devono capire che gesti orribili come quello di Bagdad offrono al mondo un'immagine tremenda della nostra cultura, della nostra religione. Anche le più politicizzate si renderanno conto di quanto il terrorismo stia danneggiando qualunque causa».
Parlare alle donne arabe perché il messaggio arrivi anche ai loro uomini, ai figli, ai fratelli partiti per l'Iraq, esaltati dalla Jihad? E'quel che fa Farkhanda Hassan, la presidente dell'Alleanza delle Donne Arabe, l'istituzione presieduta dalla moglie di Mubarak. Anche lei, come Margherita Boniver, si rivolge alla tv egiziana e ad Al Jazira : «Tenere prigioniere due donne è contro tutte e tre le religioni praticate in Egitto. E' un atto che condanniamo totalmente». Mentre lei parla, una giovane donna ascolta silenziosa. Chiede di non fare il suo nome, i sequestratori delle due Simone hanno occhi e orecchi anche qui al Cairo: «E' del tutto inutile appellarsi alle madri, alle sorelle. Questi giovani uomini non le rispettano né prenderebbero mai in considerazione la loro opinione. Le donne non contano, per loro». «Da qualche parte bisogna pur cominciare», mormora Margherita Boniver, lasciando il palazzo. Oggi, a Beirut, vedrà la moglie del presidente della Repubblica e la sorella dello scomparso Imam Moussa al Sadr, poi andrà ad Amman, a Damasco, nello Yemen.
Chissà che le prime prigioniere di questa guerra irachena non aiutino a liberare qualche coscienza.
Per una singolare circostanza, esclusivamente da donne è anche composta la delegazione della Farnesina, la prima a essere partita dopo il sequestro delle due Simone per quella che Margherita Boniver definisce «un'iniziativa parallela alle altre in corso in Iraq». Donne sono le sequestrate, donna è la prima rappresentante del governo italiano in missione per loro, donne sono le giornaliste che qui al Cairo la intervistano, donne le opinion leaders locali alle quali il sottosegretario italiano chiede di mobilitarsi contro «un atto così barbaro e totalmente in contrasto con ogni principio religioso».
Le egiziane ascoltano, annuiscono, promettono sostegno totale. Poco dopo siamo in un altro palazzo, molto meno elegante del primo. E' la sede dell'Alleanza delle Donne Arabe, un'associazione che si batte contro la discriminazione femminile, e la sua presidente, la dottoressa Hoda Badran, si dice pronta a utilizzare tutti i siti Internet attraverso i quali, da qualche tempo, le donne de Il Cairo, di Amman, del Sudan, si tengono in contatto.
Messaggi email partiranno dalla capitale egiziana, diretti in tutto il Medio Oriente e a Cipro, il 16 settembre, si parlerà delle due Simone. La conferenza che era già stata convocata da tempo, per iniziativa di un'associazione olandese, The National Fellowship for Reconciliation , ma ora il tema delle due prigioniere italiane sarà al centro del dibattito : «Le donne arabe devono sapere che anche loro sono a rischio - dice Hoda Badran -. Mandateci le foto di queste ragazze, mandateci un filmato. Lo proietteremo alla conferenza di Cipro, diremo quanto è orribile che qualcuno tenga prigioniere due volontarie che cercavano solo di portare aiuto», promette.
Sembrano pronte a entrare in azione, queste dell'Alleanza: «Andremo a parlare ad Al Jazira , alla tv egiziana, spiegheremo con centinaia di email che queste due ragazze italiane potrebbero essere le nostre figlie, le nostre sorelle. Le donne arabe devono capire che gesti orribili come quello di Bagdad offrono al mondo un'immagine tremenda della nostra cultura, della nostra religione. Anche le più politicizzate si renderanno conto di quanto il terrorismo stia danneggiando qualunque causa».
Parlare alle donne arabe perché il messaggio arrivi anche ai loro uomini, ai figli, ai fratelli partiti per l'Iraq, esaltati dalla Jihad? E'quel che fa Farkhanda Hassan, la presidente dell'Alleanza delle Donne Arabe, l'istituzione presieduta dalla moglie di Mubarak. Anche lei, come Margherita Boniver, si rivolge alla tv egiziana e ad Al Jazira : «Tenere prigioniere due donne è contro tutte e tre le religioni praticate in Egitto. E' un atto che condanniamo totalmente». Mentre lei parla, una giovane donna ascolta silenziosa. Chiede di non fare il suo nome, i sequestratori delle due Simone hanno occhi e orecchi anche qui al Cairo: «E' del tutto inutile appellarsi alle madri, alle sorelle. Questi giovani uomini non le rispettano né prenderebbero mai in considerazione la loro opinione. Le donne non contano, per loro». «Da qualche parte bisogna pur cominciare», mormora Margherita Boniver, lasciando il palazzo. Oggi, a Beirut, vedrà la moglie del presidente della Repubblica e la sorella dello scomparso Imam Moussa al Sadr, poi andrà ad Amman, a Damasco, nello Yemen.
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