Da La Repubblica del 10/09/2004

Emergenza terrorismo

Indonesia, torna il terrore bomba islamica tra la folla

La tecnica sembra quella di Jemaah Islamiyah. Obiettivo l´ambasciata australiana
La fortissima esplosione ha fatto 11 morti e 170 feriti tra cui la moglie di un italiano

di Raimondo Bultrini

BANGKOK - Annunciato dai servizi segreti di tutto il mondo, preparato con la collaudata tecnica dell´autobomba, un ennesimo attentato islamico ha fatto strage ieri mattina nel cuore della capitale indonesiana Giakarta con l´obiettivo di colpire gli interessi dell´Australia, alleato forte degli Stati Uniti nella guerra al terrorismo. La deflagrazione di un ordigno ad altissimo potenziale davanti all´ambasciata di Canberra ha provocato undici morti e 170 feriti tra passanti di varie nazionalità e agenti della sicurezza consolare. A niente sono servite le severe misure di sicurezza prese da giorni in preparazione della vigilia dell´11 settembre e delle elezioni australiane e indonesiane. L´ordigno è esploso, con violenza inaudita, probabilmente a bordo di un´auto guidata da un kamikaze facendo tremare il suolo per chilometri attorno e lasciando a terra un cratere di tre metri. Di fronte alle rovine fumanti dell´ingresso consolare pesantemente recintato, lungo una grande highway a otto corsie, le schegge della bomba e i frammenti dei vetri schizzati dagli edifici tutti attorno hanno colpito oltre 170 uomini e donne, in gran parte indonesiani, australiani, greci e cinesi.

Gli esperti hanno già riconosciuto la tecnica ormai inconfondibile di Azahari Husin, un ingegnere malese laureato in Inghilterra che è considerato il ricercato numero uno tra i terroristi asiatici per la sua abilità di confezionare ordigni esplosivi ad alto potenziale distruttivo e insegnare agli altri come usarli. Husin è un uomo dei vertici di Jemaah Islamiyah, l´organizzazione islamica pro Al Qaeda più potente del sudest asiatico, ritenuta responsabile delle bombe di Bali del 2002 (88 vittime su 200 erano australiane) e di quelle dell´hotel Marriott nell´agosto del 2003, con 12 morti. Nella corsa contro il tempo per evitare un disastro annunciato, le autorità indonesiane e quelle australiane, accomunate da un patto strettissimo di collaborazione antiterrorismo, sono state battute da una forza clandestina emergente ispirata ad Al Qaeda che accomuna il malcontento delle comunità estremiste musulmane nel sudest per creare un utopico stato islamico panasiatico comprendente Indonesia, Filippine del Sud, Brunei, Singapore, penisola malese e sud della Thailandia. Un recente rapporto ha rivelato che i vertici dei gruppi terroristi nei diversi paesi hanno stretto rapporti anche familiari, assegnando mogli malesi e indonesiane fedeli alla causa ai maggiori leader del movimento.

Nella strategia dei terroristi di Jemaah Islamiyah c´è l´obiettivo a medio termine di mettere in crisi i governi "nemici" di quest´area, Australia e Indonesia in testa, e non esisteva coincidenza migliore per celebrare a loro macabro modo l´11 settembre, in piena campagna elettorale per le politiche australiane del 9 ottobre e per il ballottaggio delle presidenziali a Giakarta previsto tra dieci giorni esatti. Il risultato di queste votazioni giocherà un peso determinante nel futuro assetto istituzionale che guiderà la guerra totale al terrorismo da questa parte del mondo. L´attuale primo ministro australiano John Howard si è sempre presentato come paladino della crociata al fianco di Bush, con 2000 soldati sul fronte iracheno, e ora deve vedersela con un partito laburista che ha votato per il ritiro delle truppe dall´Iraq e può trarre vantaggio dalla perdita di sicurezza dei cittadini. L´indonesiana Megawati Sukarnoputri viene sfidata invece da un ex generale che fu suo ex ministro per la Sicurezza e porta sul petto numerose stellette dei passati successi contro il terrorismo, a cominciare dall´arresto di molti responsabili della strage di Bali.

Susilo Bambang Yudhoyono, lo sfidante, non aveva sulla carta più del 7-8 per cento dei consensi quando a luglio si presentò alle presidenziali col suo nuovo partito e giunse a sorpresa primo con oltre il 33 per cento dei consensi contro il 26 della presidente in carica. E sebbene al prossimo ballottaggio attorno a Megawati si raccolgano molte forze in grado di pagare anche i voti, gli osservatori sostengono che difficilmente la presidente potrà attenuare gli effetti di questa ultima bomba su un elettorato spaventato tanto dal terrorismo quanto dalle condizioni economiche sempre più precarie. A offrire ulteriori pretesti per l´impresa terroristica di ieri c´era stata inoltre, proprio tre giorni addietro, la sentenza di una Corte indonesiana che ha respinto l´ennesima richiesta di scarcerazione di Abu Bakar Bashir, leader riconosciuto di Jemaah Islamiyah e "padre" del patto islamico panasiatico.

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