Da La Repubblica del 10/09/2004

LE IDEE

La Dichiarazione d´interdipendenza

di Benjamin R. Barber

A TRE anni dagli orrori dell´11 settembre 2001, gli Usa si trovano immersi in una campagna presidenziale a forte connotazione patriottica, confermando così che la lezione più importante impartita in quel fatidico giorno non è ancora stata appresa. Sia alla Convention democratica che a quella repubblicana, i delegati hanno ostentato le loro credenziali patriottiche ponendo la guerra al terrorismo ? la guerra per la sicurezza nazionale ? al centro dei loro programmi.

Alla Convention democratica, Kerry aveva promesso che, come il presidente Bush, non avrebbe chiesto il "permesso" a nessuno per difendere l´America dai suoi nemici.

E, sebbene poco prima della Convention repubblicana Bush sembra aver ammesso che la guerra al terrorismo non potrà essere vinta, gli oratori presenti, da McCain e Giuliani a Schwarzenegger e Cheney, hanno fatto di quella guerra la missione dell´amministrazione. Quando si tratta dell´America - questa pare esser l´opinione generale - la sicurezza interna è la prima cosa; e quando si tratta della sicurezza, solo l´America conta.

Tutto questo pare suggerire che, nel nome dell´11 settembre, gli americani continuano a ignorare la lezione che quell´evento ha impartito. Ma sebbene i terroristi fossero brutali assassini, sono stati anche dei maestri delle nuove realtà del mondo del terzo millennio, soprattutto della realtà dell´interdipendenza. Non esiste più, per le nazioni, un interno e un esterno. I muri non svolgono più la loro funzione. L´Urss, quindici anni fa, ha pagato con la sua stessa esistenza l´aver ignorato questa verità, mentre l´Europa, riconoscendola, ha posto fine a 300 anni di reciproci massacri; e tuttavia gli Usa, sotto la guida di Bush, (come Israele sotto quella di Sharon) continuano a credere che la propria sicurezza possa dipendere da un muro.

La verità è che in un mondo in cui ciò che è interno e ciò che è esterno sono diventati una sola cosa, i muri non serviranno più a tener fuori i malvagi, come non possono rinchiudere i criminali, le pestilenze o il banditismo di certo capitale. Tra gli Stati che hanno "sponsorizzato" i criminali dell´11 settembre non c´era solo l´Afghanistan dei Taliban o l´Arabia Saudita dei wahabiti, ma anche il New Jersey democratico e la Florida repubblicana, dove alcuni di quei terroristi hanno vissuto per anni!

Troppi politici americani vivono in un mondo fatto di nazioni appartenenti al XIX e al XX secolo e usano vecchi nemici, come la Germania nazista e la Russia sovietica, quali modelli da applicare a nuovi nemici come Al Qaeda e Hamas, sebbene questi nuovi nemici della sicurezza e della libertà non siano né dittatori di Stato né Stati-canaglia. Il terrorismo è più simile all´Aids, al riscaldamento globale e al traffico internazionale di stupefacenti: non è il prodotto di Stati-nazionali, ma di nuove forze interdipendenti che hanno reso sempre più debole persino la nazione più potente del mondo, specialmente quando agisce da sola.

Al Qaeda non è uno Stato-canaglia, è un´organizzazione non governativa - i cui i seguaci si definiscono terroristes sans frontieres - e non sarà sconfitta indipendentemente da quanti regimi Taliban o dittatori come Saddam l´America possa abbattere. In un mondo interdipendente, il potere del terrorismo non è in simmetria con quello militare delle nazioni egemoni.

La vecchia abitudine all´indipendenza sovrana è difficile da abbandonare. Duecentoventotto anni fa, nella convinzione che la libertà e l´autonomia d´una nazione sovrana andassero di pari passo, l´America ha proclamato la propria indipendenza. Per più di due secoli, imitata dall´Europa, ha perseguito l´ideale della sovranità come premessa ai diritti e alla giustizia sociale nel cui nome ha lottato per diventare democratica e libera. Parlando non solo per sé, ma anche a nome delle altre nazioni, l´America continua a credere che la democrazia debba essere preceduta dalla liberazione nazionale e che la libertà personale richieda l´indipendenza.

Il mondo s´è ispirato al modello americano. Dopo la Seconda guerra mondiale, le lotte di liberazione nazionale contro il dominio coloniale nel Terzo Mondo hanno fatto dell´indipendenza la precondizione della libertà. Poco meno di 15 anni fa, a Budapest, a Praga, a Varsavia e a Mosca, la gente ha ribadito la forte connessione esistente tra libertà e indipendenza, dichiarando la propria liberazione dal dominio del comunismo sovietico, reclamando la propria libertà mediante l´affermazione del diritto all´autogoverno. Oggi, in aree del mondo tanto differenti quanto l´Afghanistan e la Liberia, il Kosovo e il Brasile, le nazioni continuano a riaffermare la propria sovrana indipendenza da tirannie interne e da imperialismi stranieri come condizione per la libertà dei loro popoli.

Tuttavia le nazioni che a lungo hanno difeso la propria indipendenza, o che hanno di recente lottato per conquistarla, stanno imparando che non esiste libertà, né eguaglianza, né protezione dalla tirannia, né sicurezza dal terrore sulla base della sola indipendenza. Stanno imparando che in un mondo in cui l´ecologia, la salute pubblica, i mercati, la tecnologia e la guerra riguardano tutti allo stesso modo, l´interdipendenza è una dura realtà da cui dipende la sopravvivenza della razza umana. Che dove domina la paura e dove il terrorismo viene affrontato solo con la tecnica dello "shock and awe" (colpisci e terrorizza), non possono sorgere né pace né democrazia.

Mentre un tempo, per proteggere il proprio destino, le nazioni dipendevano dalla sola sovranità, oggi esse dipendono l´una dall´altra. In un mondo in cui la povertà d´alcuni mette a repentaglio la ricchezza degli altri, in cui nessuno è più al sicuro d´altri, il multilateralismo non è una strategia portata avanti da un sodalizio d´idealisti bensì una realistica necessità. La lezione dell´11 settembre non è quella che gli Stati-canaglia possono essere spodestati e conquistati dagli Usa sovrani, ma che quella sovranità era una chimera: che l´Hiv e il riscaldamento globale, i commerci internazionali e la proliferazione nucleare, la criminalità transnazionale avevano già rubato all´America l´essenza della sua sovranità molto prima che i terroristi manifestassero, quella fatidica mattina di 3 anni fa, il disprezzo omicida che per essa nutrivano.

L´America spera ancora di svolgere il ruolo del Ranger solitario in un mondo in cui in verità solo un "possesso" globale può avere una possibilità di successo, perché l´interdipendenza è oggi la nostra realtà e il suo riconoscimento rappresenta il punto d´inizio necessario d´una avveduta politica estera. Ma i cittadini non hanno bisogno d´aspettare capi di Stato o governi per accettare la nozione dell´interdipendenza e mettersi al lavoro per costruire una struttura civica di cooperazione globale. Domenica 12 settembre, il percorso dall´indipendenza all´interdipendenza, iniziato l´anno scorso a Filadelfia e a Budapest, continuerà a Roma. A Filadelfia è stata promulgata e firmata da centinaia di persone presenti, e da migliaia di altre on line (www.DeclarationofInterdependence.org), una nuova "Dichiarazione d´Interdipendenza" in occasione del primo Interdependence Day annuale. Quest´anno migliaia di persone provenienti da una trentina di Paesi si ritroveranno a Roma per celebrare il secondo Interdependence Day. Il comitato ospite include il sindaco di Roma, Veltroni, la fondatrice del Movimento dei Focolari Lubich, Della Seta di Legambiente, Bobba delle Acli, Giro della comunità di Sant´Egidio e il fondatore e ideatore dell´Interdependence Day, (ovvero l´autore dell´articolo). E tanti saranno gli ospiti insigni.

I testimoni del secondo Interdependence Day annuale (celebrato anche in 20 località americane e in una mezza dozzina d´altri Paesi del mondo) riaffermerà la semplice verità che nessun bimbo italiano e nessuna madre americana dormiranno mai più al sicuro nei loro letti se i bambini di Bagdad e di Karachi o i padri e le madri di San Paulo e del Darfur non saranno al sicuro nei loro. Riaffermeranno che agli americani e agli europei non sarà consentito provare l´orgoglio della libertà se altrove ci saranno popoli umiliati dall´asservimento. Questo non perché l´Europa o l´America siano responsabili di tutto ciò che succede agli altri, ma perché in un mondo d´interdipendenza le conseguenze della povertà e dell´ingiustizia sofferte da alcuni verranno patite da tutti.

Secondo le parole usate dalla Dichiarazione di Interdipendenza, per la gente di tutto il mondo è arrivato il momento d´impegnarsi come "cittadini di un Civ World: civile, civico e civilizzato? riconoscendo (le proprie) responsabilità nei confronti del bene comune e della libertà del genere umano nel suo insieme". Tutti coloro che lo faranno, il 12 settembre a Roma e nel mondo, saranno i pionieri d´un viaggio che, se sopravvivremo, ognuno di noi - postino o primo ministro allo stesso modo - dovrà intraprendere per tempo.
Annotazioni − Traduzione di Antonella Cesarini

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