Da La Repubblica del 09/09/2004

Il Pentagono ammette: diverse zone del paese in mano ai ribelli

"L´Iraq sempre più fuori controllo"

Superati i 1000 soldati Usa uccisi, solo ad agosto 1100 feriti
Gli attacchi cresciuti del 20 per cento rispetto alla primavera

di Alberto Flores D'Arcais

CINCINNATI - Lo ha dovuto riconoscere anche il Pentagono, le cose in Iraq non vanno molto bene. A due mesi dal passaggio ?formale´ delle consegne al nuovo governo iracheno, gli insurgents, i ribelli delle diverse fazioni che combattono full time contro i soldati americani e il nuovo esercito di Bagdad hanno al loro attivo diversi successi e sono in grado di controllare diverse regioni del paese. Dietro il temuto milestone - la pietra miliare che segnala il millesimo soldato americano morto - non c´è solo una cifra simbolica, ma una situazione che nel corso di agosto e nella prima settimana di settembre è andata deteriorandosi.


IL PENTAGONO. Sa che deve risolvere la situazione entro la fine dell´anno, pena il fallimento delle elezioni irachene previste per il gennaio 2005 (con tutte le conseguenze politiche che questo comporterebbe). Già prima del trasferimento dei poteri - secondo una fonte militare dell´Associated Press - il nucleo ?duro´ degli insurgents era calcolato di circa 20mila unità, quattro volte la cifra che ammetteva pubblicamente il comando centrale Usa. Un numero che nel corso dell´estate è probabilmente cresciuto ancora, se si considera che gli attacchi alle forze americane sono aumentati del venti per cento rispetto alla primavera e del cento per cento rispetto allo stesso periodo dello scorso anno.


L´ESERCITO AMERICANO. Ha sempre meno spazio di manovra che non sia quello di attacchi in grande scala contro le città ?roccaforte´ dei ribelli. Per i marines Usa è diventato più problematico e pericoloso anche il semplice pattugliamento. Il nemico si nasconde in mezzo ad una popolazione civile spesso connivente, o comunque poco incline ad aiutare gli americani (molti "collaborazionisti" hanno avuto la testa mozzata).

Secondo il comando Usa almeno 1100 soldati sono stati feriti durante il mese di agosto, il numero più alto dall´invasione del paese 18 mesi fa, con attacchi contro le truppe Usa al ritmo di circa cento al giorno. Secondo un´inchiesta del Washington Post sulla guerriglia urbana, Najaf, Ramadi, Samarra, Falluja e quella parte di Bagdad nota come Sadr City restano ancora oggi sotto il controllo quasi totale degli insorti che sono in grado come ha dichiarato il luogotenente colonnello Albert Maas di «fare quattro operazioni militari urbane nello stesso momento». In questo quadro i morti di agosto (66), nonostante sia la cifra più alta da maggio, sono considerati pochi, almeno in relazione all´altissimo numero di feriti. Nella prima settimana di settembre gli attacchi sono ancora aumentati, facendo raggiungere la cifra simbolica dei mille americani morti (oltre cento quelli altre paesi, alcune migliaia - impossibile la cifra esatta - gli iracheni).


LA GUERRIGLIA. Nonostante il grande spiegamento di forze di intelligence a Bagdad, Bassora, Mosul e altre città la guerriglia non è stata "infiltrata" a sufficienza ed è lungi dall´essere domata. Nel dicembre 2003 il capo stazione della Cia a Bagdad è stato rimosso ed è stato sostituito da un vecchio veterano. Oggi la stazione Cia in Iraq (pianificata per gestire il ?dopoguerra´ con 85 persone) è la più grande che ci sia mai stata in tutta la storia dell´agenzia di spionaggio: 500 uomini di cui 300 a «tempo pieno», i cosiddetti case officers.


L´ESERCITO IRACHENO. Per mesi Rumsfeld ha parlato di 200mila soldati iracheni. Martedì il generale Myers ha ammesso che il numero di quelli già bene addestrati e ben equipaggiati è meno della metà (95mila) e che non saranno in grado di essere tutti operativi prima della fine dell´anno.


LA RICOSTRUZIONE. Non vanno bene neanche gli indicatori economici e di qualità della vita, che sono ormai simili a quelli dell´ultimo periodo di dittatura di Saddam Hussein. Ieri mattina Rick Barton e Sheba Crocker del Center for Strategic and International Studies (Csis) hanno presentato l´ultimo voluminoso rapporto sull´Iraq, che dimostra come nonostante alcuni progressi la situazione resti poco soddisfacente.

I tentativi di ricostruzione sono resi più difficili dai problemi di sicurezza, i fondi ci sono ma non si riescono a spendere, tanto che finora solo il 5 per cento di quelli stanziati dal Congresso sono stati usati. Il sabotaggio dei pozzi petroliferi e delle attività collegate ha provocato il taglio delle esportazioni irachene al più basso livello del 2004. Anche un dato positivo come l´aumento della produzione complessiva (più venti per cento rispetto alla dittatura di Saddam) inizia ad essere vanificato dalla riduzione della luce elettrica a dieci ore al giorno, inferiore alla primavera e all´inverno scorso. Disoccupazione e crimine sono migliorati rispetto a un anno fa, ma restano pur sempre sugli stessi livelli di quando c´era Saddam. Anche in cavalli di battaglia dell´amministrazione quali scuole e ospedali a fronte di un aumento di quelli costruiti resta la pessima qualità e il funzionamento a singhiozzo.

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