Da La Repubblica del 07/09/2004

Il giornalista aveva scelto una foto senza testo come copertina. Polemiche sui capi della sicurezza

La solitudine dello zar Putin unica politica quella delle purghe

Salta il direttore delle "Izviestia", in bilico i Servizi

di Alberto Stabile

MOSCA - Dopo le televisioni, il bavaglio del potere si stringe sui giornali. Ieri, inaspettatamente, il direttore delle Izviestia, Raf Shakirov, è stato costretto a dimettersi «per disaccordi con la proprietà». All´editore del quotidiano, il magnate Vladimir Potanin, uno degli oligarchi che hanno scelto di non osteggiare Putin, non è piaciuto il modo in cui le Izviestia avevano presentato il massacro nella scuola di Beslan. Una drammatica foto, un padre che soccorre la figlioletta, su tutta la prima pagina, senza titolo. «Questo - ha sentenziato l´editore - non è un giornale. E´ un manifesto».

Il modo in cui, secondo il Cremlino, va trattato il dramma di Beslan è, invece, quello proposto ieri, prima giornata di lutto nazionale, dalle tv, ormai tutte sotto il controllo dello Stato. Un´inondazione di filmoni sovietici sulla Grande Guerra Patriottica. Il messaggio: unità, eroismo e cieca fiducia nel leader.

Oggi, col permesso delle autorità, scende in campo la società civile. Un insolito comitato composto dalla Federazione dei sindacati di Mosca, il Comune della capitale, le televisioni e le radio pubbliche, hanno indetto una manifestazione sulla Piazza Rossa, lato San Basilio, che sembra l´immediata traduzione in pratica dell´appello alla mobilitazione lanciato da Putin a massacro concluso.

E´ probabile, come afferma uno dei testimonial del raduno, il popolarissimo commentatore radiofonico Vladimir Solov´ev, che i dimostranti, oltre a voler affermare pubblicamente di «essere un grande popolo e un´unica nazione», chiederanno senza mezzi termini la testa dei dirigenti dei servizi di sicurezza. L´opinione pubblica, infatti, li ha già condannati per l´inettitudine ripetutamente dimostrata in tutte le più tragiche vicende di questa guerra tra lo stato e il terrorismo ceceno.

Secondo il settimanale Moskovskje Novosti dopo l´arrivo di Nikolaij Patrushev, nel 1999, alla testa del Servizio di Sicurezza Federale (Fsb) erede del Kgb, in Russia ci sono stati «23 attacchi terroristici che hanno provocato più di 900 morti». Ma la posizione dell´onnipotente Patrushev, un fedelissimo di Putin, anche lui originario di San Pietroburgo e, a sua volta, ex agente dei servizi, lungi dall´indebolirsi si è via via rafforzata.

Lo stesso si può dire per il ministro della Difesa, Sergheij Ivanov, altro strettissimo sodale del Cremlino, scelto a quel posto con il compito di portare a buon fine l´agognata riforma delle Forze armate e di concludere una volta e per tutte la guerra in Cecenia. Ora, la riforma è sempre lì sul punto di partire. ma non decolla mai, e il conflitto in Cecenia ha ormai travalicato i confini della piccola repubblica caucasica per investire tutta la Federazione.

Il timore di molti, sottolinea Sergheij Ivanenko, del partito liberale Yabloko, è che al massimo si farà volare qualche straccio. Come è successo all´indomani dell´infelice assalto al teatro di via Dubrovka (ottobre 2002, 129 ostaggi uccisi dal gas usato dalle forze speciali per debellare i terroristi) quando, a conclusione di un´inchiesta approfondita sugli errori del sistema di sicurezza, venne incriminato soltanto un poliziotto che aveva accettato una bustarella per rilasciare un permesso di soggiorno a Mosca a un ceceno che faceva parte del commando.

Quello che colpisce nell´atteggiamento assunto dal Potere davanti alla tragedia di Beslan è, innanzitutto, la scomparsa dalla scena dei principali esponenti di governo che fanno parte della "squadra" di Putin. «Dov´era l´eloquente ministro della difesa, Ivanov, che martedi mattina ci aveva messo in guardia contro nuovi attentati? Dov´erano i dirigenti del Fsb e del ministero dell´Interno?», s´interroga il politologo della Fondazione Carnegie, Andreij Rjabov.

Ancora più strano appare che a dirigere le operazioni davanti alla scuola presa in ostaggio siano stati apparentemente soltanto i capi locali degli apparati di sicurezza. Il sospetto è, in sostanza, che a Mosca abbiano sottovalutato le dimensioni della tragedia o siano rimasti paralizzati dall´incapacità di farvi fronte.

Soltanto Putin, alle 4 del mattino di sabato, ha avvertito la necessità di andare sul teatro della tragedia. E lì, con accanto soltanto il ministro per le Situazioni d´Emergenza, Shoigu, un uomo, lui sì, che c´è sempre, e nessun altro, Putin è apparso uno zar schiacciato dal dolore e dalla sua solitudine.

Una solitudine che non è una scelta ma il risultato del sistema di potere che lo stesso Putin ha creato negli anni della sua presidenza. Lo dice, con lucidità, Gleb Pavlosvskij, l´esperto di strategie elettorali che più d´ogni altro ha contribuito alla prima elezione di Putin al Cremlino. «Oggi il sistema politico è paralizzato dai gruppi del potere anonimo che portano la responsabilità della corruzione sia delle strutture di forza che della politica», dice Pavloskij. E chi sono questi «gruppi del potere anonimo», se non i funzionari del sottobosco della Sicurezza di cui Putin ha voluto circondarsi e a cui ha consegnato le leve dello Stato?

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