Da La Repubblica del 02/09/2004

IL REPORTAGE

La disperazione delle madri di Beslan

di Giampaolo Visetti

BESLAN (OSSEZIA DEL NORD) - L´orrore sale lentamente. Ti prende già all´aeroporto di Mosca a mezzogiorno, mentre vedi correre negli aerei decine di uomini dei servizi speciali. Mimetica, passamontagna neri già calati sul viso. Finisce di svuotarti qui, quando è già notte, davanti alla scuola di Beslan illuminata a giorno dalle fotocellule come se fosse un arto amputato sopra un tavolo operatorio. Isolata dal resto del mondo, sprofondata nel silenzio rotto solo dal pianto di una madre ed un papà che non hanno voluto cedere alla pioggia. La stanchezza non frena la speranza.

Il commando dei terroristi parla con il presidente delle repubblica dell´Ossezia del Nord, Alexander Zasokhov. Due mondi in guerra uniti da un telefono cellulare. Dopo ore di paura, di morte e di rabbia i guerriglieri accettano di stabilire un contatto. Nessun trattativa, ma accettano di lasciar passare acqua e cibo per i 132 bambini rinchiusi nella palestra. Li hanno separati dai genitori e dai maestri per controllarli con minore tensione, ma pure per tenere sotto il ricatto dell´affetto i genitori. Dietro la scuola, nell´ombra, restano stesi nell´erba alcuni cadaveri. L´Fsb pensa che le vittime dei primi scontri, nel momento dell´assalto alle 9 del mattino, siano sette. Medici e altri testimoni dicono che non possono essere più di tre, compreso uno dei guerriglieri. Quattro i feriti in ospedale. È quasi mezzanotte quando terroristi e uomini delle truppe speciali parlano della possibilità di liberare alcuni ostaggi che mostrano segni di un pericoloso cedimento psicologico. Due docenti, anziane, hanno bisogno di cure. Da Mosca giunge la notizia che Putin ha riunito i vertici dello Stato e che ha chiesto la convocazione straordinaria del Consiglio di sicurezza dell´Onu. Qualcosa forse si muove, ogni minuto guadagnato è un istante in più rubato alla vita. Nella scuola tutte le finestre sono illuminate, dall´interno giungono smorzate le voci dei bambini. Sono le ore più delicate, dice un uomo del gruppo Alfa che già fece irruzione nel teatro Dubrovka nel 2003. I terroristi temono un blitz con i gas all´alba, quando gli occhi non stanno più aperti. Ogni rumore li fa sobbalzare, diventano nervosi. Il capo del gruppo, tra 17 e 30 persone tra cui alcune donne imbottite di esplosivo, ha fatto sapere che per ogni guerrigliero ucciso dai cecchini saranno ammazzati 50 bambini di Beslan. Per ogni ferito, 20 vittime. Un biglietto fatto uscire dalla scuola, a metà pomeriggio, chiedeva alla polizia di aspettare. Poi gli indipendentisti hanno fatto pervenire una videocassetta vuota. Forse non sono riusciti a girare le immagini che volevano, tra le quasi 300 persone tenute in ostaggio. Nell´assedio portato da oltre mille uomini, tra agenti, militari, uomini scelti dell´Fsb e teste di cuoio del gruppo Alfa, avere informazioni esatte è difficile. La zona attorno alla scuola è circondata, ormai chiusi gli accessi a Beslan. Chi, come me, è riuscito ad arrivare e ora è all´interno del cordone di sicurezza non può più uscire. A nessuno è consentito passare. L´intera Ossezia del Nord è pressoché isolata. Chiuso l´aeroporto di Vladikavkaz, decine di posti di blocco hanno interrotto le comunicazioni stradali. Cancellati i voli. Solo un miracolo - dice la nonna di due nipoti prigionieri - può evitare un massacro da parte di terroristi che già si sentono condannati a morte. «Se arrivano a usare i bambini come scudi umani - piange la mamma di Andrei, nove anni, da stamattina nelle mani dei separatisti - significa che la causa cecena non è giusta. Sono delle belve, anche se avessero tutte le ragioni a chiedere l´indipendenza da Mosca».

Su Beslan lo choc di questa mattina, primo e festoso giorno di scuola, lo leggi sugli occhi spenti di centinaia di persone accampate nella Casa della cultura e nel teatro di fronte alla scuola. Fino alle 19, per dieci ore, genitori e parenti dei sequestrati hanno sfidato le pallottole dei terroristi, pur di scorgere da una finestra un volto amato. Gli agenti russi non hanno potuto arginare l´onda della folla che premeva. Tutta la città, 40 mila abitanti, pareva voler venire qui a chiedere un gesto di pietà. Ora chi non se ne andrà per tutta le notte pensa alle ore più cupe della propria vita e rivive l´attacco con cui il terrorismo ceceno, infiltrato da professionisti del fondamentalismo islamico armato, ha dichiarato guerra alla Russia. Erano quasi le dieci locali, quando nella scuola è suonata la campana della prima ora. Bambini, ragazzi, genitori e maestri di Beslan, carichi di fiori come vuole la tradizione, dopo l´appello si erano incamminati dal cortile per raggiungere le classi. E´ stato allora, racconta uno degli adulti riusciti a fuggire nei primi istanti di caos, che si è sentito il rumore assordante di un vecchio camion militare. Dal cassone uomini vestiti di nero sparavano all´impazzata. Il mezzo blindato poco prima era stato sequestrato con le armi ad una squadra di militari russi. Per qualche minuto qualcuno ha pensato ad uno scherzo. Molti bambini si sono messi a ridere, correndo alle finestre. Poi si è scatenato l´inferno.

Secondo i testimoni, una cinquantina tra ragazzi e genitori riusciti a fuggire a metà pomeriggio, i terroristi hanno subito bloccati gli accessi alla scuola. «Entravano nelle classi sparando e gridando - racconta Sergej, un ragazzino biondo di 16 anni - . Ci hanno fatto stendere a terra. Urlavano che la Russia deve liberare i prigionieri presi in Inguscezia, che Putin se ne deve andare dalla Cecenia e che deve smetterla di sterminare i musulmani. Abbiamo capito subito che quel film dell´orrore era la realtà». Per due ore la situazione, mentre la scuola veniva circondata dalla polizia, è stata sul punto di precipitare. Gli uomini del commando hanno preso alcuni bambini e li hanno spinti sui davanzali delle finestre usandoli come scudi contro le raffiche di kalashnikov dei militari. Alcuni ragazzi e professori sono riusciti a chiamare genitori e familiari al telefono cellulare. «Mi ha chiesto come stavo - si commuove Lara, madre di un bambino di 11 anni. Mi ha detto di non preoccuparmi, che lui non ha paura. Poi però ho sentito che piangeva e mi ha detto che mi vuole bene, di dire al papà di venire a prenderlo». Decine di storie che la riservatezza russa conserverà nel cuore di chi li vive. Da quelle telefonate disperate, presto interrotte dai terroristi, la Russia ha compreso però cosa stava succedendo in una sperduta cittadina del sud, poco distante dal confine con la Cecenia. Solo a mezzogiorno, dopo tre ore di sparatorie e di piccole esplosioni, dopo che il commando che fatto sapere di aver minato l´edificio e di essere pronto a farlo esplodere, nelle viuzze sconesse attorno al bunker dei separatisti è scesa la calma irreale che ancora dura. I terroristi avevano ormai il dominio completo della scuola. Le forze dell´ordine, agli ordini del capo regionale dell´Fsb Valery Andreyov, stavano finendo di organizzare il quartier generale davanti all´ingresso. I guerriglieri hanno chiesto allora di poter parlare con i presidenti di Inguscezia e Ossezia del Nord, di far arrivare da Mosca Leonid Roshal, il medico paficista che già fu tra i mediatori nel teatro Dubrovka. Rifiutati invece i colloqui con il muftì dell´Ossezia, Ruslan Valgatov. A tarda sera, mentre Roshal cerca di avvicinarsi all´ingresso della scuola gridando il suo nome per scongiurare una mitragliata, arriva a Beslan anche Anna Politkovskaia, giornalista vicina ai diritti del popolo ceceno e pure mediatrice al Dubrovka.

Al primo piano dell´edificio dove 132 bambini e oltre un centinaio di uomini e di donne provano quanto sia esile il filo dell´esistenza, passa davanti ad una finestra una giovane terrorista con la cintura gonfia di tritolo. Sono passate le 23, tiene per mano due piccoli prigionieri, forse li accompagna in bagno prima di stenderli sul pavimento a dormire. Sembra una famigliola in un momento di intimità. Tutta la Russia, la Cecenia e il mondo, sperano che i bambini di Beslan facciano il miracolo.

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