Da La Repubblica del 01/09/2004

In Israele tornano i kamikaze

Due autobus esplodono a Beersheva: sedici morti

I terroristi provenivano da Hebron, dove la barriera del Muro non è ancora stata costruita
I mezzi sono saltati in aria alle 15 in punto. Un´ora dopo è arrivata la rivendicazione di Hamas

di Marco Ansaldo

GERUSALEMME - Alle tre del pomeriggio due autobus israeliani che si stanno incrociando sulla via principale di Beersheva saltano in aria. E´ il sistema del doppio attacco kamikaze, che ricorda da vicino la tecnica usata da Al Qaeda. Ma non ci sono dubbi: un´ora dopo è Hamas a rivendicare l´azione. Una carneficina nel pieno centro di una cittadina nel sud d´Israele, che provoca 16 vittime, tra cui un bimbo di 3 anni, cento feriti e una decina di persone tuttora fra la vita e la morte. La prima strage dopo sei mesi in cui gli attentati suicidi sembravano essere quasi un ricordo del passato.

L´illusione si è infranta sugli autobus numero 6 e 12. I due mezzi carichi di persone nell´ora di punta - per molti israeliani le tre del pomeriggio sono il momento del rientro - viaggiavano l´uno in direzione dell´altro. All´altezza del municipio di Beersheva, cittadina operaia in pieno deserto del Negev non lontana dalla Striscia di Gaza e da Hebron, il primo bus è saltato in aria, spargendo ovunque chiodi e bulloni messi nell´esplosivo per colpire più in profondità. Pochi istanti dopo un boato e anche l´altro mezzo ha cominciato a prendere fuoco completando l´opera di distruzione, mentre la gente fuggiva terrorizzata.

Due kamikaze si sono coordinati seguendo un piano studiato alla perfezione. Racconta piangendo Yaakov Vakmine, 60 anni, un abitante di Beersheva che mai ha avuto paura di usare i mezzi pubblici: «Sono salito sull´autobus numero 6 e mi sono seduto accanto a un ragazzo giovane, mi sembrava uno normale. Poi è arrivata una donna, le ho lasciato il posto, mi sono allontanato e sono sceso. Subito dopo l´esplosione. La polizia mi ha detto che quell´uomo era il terrorista, e la donna a fianco è morta. Morta al posto mio. Questa cosa mi perseguiterà tutta la vita».

Con il passare delle ore il bilancio delle vittime sale: prima 8, poi 12, infine 16. Cento i feriti. Le immagini, durissime, sono quelle che la gente sperava di non vedere più: cadaveri carbonizzati, corpi dilaniati, brandelli di carne raccolti meticolosamente dai volontari religiosi, soccorritori in lacrime, famiglie straziate. Non succedeva più dal 14 marzo, quando altri due kamikaze palestinesi si erano fatti saltare per aria nel porto di Ashdod, provocando la morte di 10 civili.

Ieri però i sistemi di protezione non hanno funzionato. C´erano state segnalazioni generiche di pericolo per Beersheva, e anche per altre città israeliane, ma finora non avevano consentito di prevedere la mossa dei kamikaze. I due terroristi di Hamas sono scesi dalle colline di Hebron, a pochi chilometri dalla cittadina, dove la barriera, il controverso Muro costruito dal governo Sharon e criticato dalla comunità internazionale, non è stato ancora costruito.

La rivendicazione arriva presto. Il gruppo Ez-Zedin Al Qassam, braccio armato di Hamas, comunica che gli attentati sono una risposta alle uccisioni per mano di Israele di Ahmed Yassin e Abdel Aziz Rantisi. «Un regalo», si specifica, ai palestinesi incarcerati in Israele che stanno attuando uno sciopero della fame per ottenere migliori condizioni di detenzione.

Il ministro della sicurezza Tzachi Hanegbi collega subito l´attentato al fatto che a sud il Muro ancora non è stato costruito: «La barriera continuerà il suo percorso», assicura. Al valico di Erez viene fermato un altro kamikaze con una cintura esplosiva infilata nelle mutande. Era riuscito ad eludere i controlli sia del posto di blocco palestinese, all´ingresso meridionale del valico, sia del metal-detector israeliano. Ma una soldatessa lo ha egualmente fermato perché trovato in possesso di documenti falsi. All´uomo è stato intimato di togliersi la camicia per verificare che non indossasse un corpetto esplosivo. A questo punto il rigonfiamento nei pantaloni ha insospettito i guardiani che hanno scoperto così il nuovo posto per l´ordigno.

Il premier Ariel Sharon si consulta con i servizi di sicurezza e i responsabili della difesa. Poi dichiara: «Il terrorismo deve essere combattuto. Questa è la politica del mio governo. La guerra al terrorismo andrà avanti col massimo vigore». Il primo ministro palestinese Abu Ala condanna gli attentati. «Danneggiano - dice - gli interessi della causa palestinese». Hanan Ashrawi, nota come esponente moderato, aggiunge: «Ai palestinesi non si danno vie d´uscita. Questa è una tragedia. È tempo di chiudere il cerchio della violenza da entrambe le parti».

I kamikaze erano due giovani di Hebron, a soli venti di chilometri da Beersheva. Uno di essi, Ahmed Abed Kawasmeh, appartiene a una nota famiglia della città. In serata l´esercito israeliano entra a Hebron, e spiana le case dove gli attentatori abitavano con i parenti.

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