Da La Repubblica del 31/07/2004

L´Italia in marcia verso l´altrove

L´interruzione del lavoro e i rituali agostani

Conquista sociale, rito collettivo, surrogato di avventur
Milioni di persone di colpo si scoprono diverse

di Luciano Gallino

Può sembrare politicamente scorretto, in vista delle liete partenze collettive d´agosto, ricordare come un mese di ferie pagate all´anno sia un esito del conflitto tra lavoratori e datori di lavoro, incidentalmente favorevole ai primi. Tuttavia può servire a ricordare che senza alcune generazioni di lotte dei sindacati tale istituto non esisterebbe. Che si tratta d´una conquista attuale, presente in pochi paesi al mondo, forse una ventina su duecento, quasi tutti europei. E che, come in tutti i conflitti, quella che è stata una grande conquista civile potrebbe esser seguita da qualche arretramento.

Nei maggiori paesi europei un mese intero di ferie pagate è stata una riforma legislativa che si è generalizzata solo all´epoca della contestazione, studentesca e sindacale, di fine anni ´60-inizio anni ´70 del Novecento. Era trascorso più di mezzo secolo da quando la richiesta di ferie pagate aveva infiammato dovunque in Europa il conflitto tra sindacati e imprese, prima e subito dopo la Guerra mondiale. In Italia, soprattutto nel biennio 1919-1921. Di fatto un periodo obbligatorio di ferie retribuite venne istituito per legge nel nostro paese a partire dal 1927, e poco dopo in Francia, per volere del governo di Léon Blum (1936), in Germania e in altri paesi. Peraltro nel caso italiano la durata delle ferie non era prevista, e in Francia il governo del Fronte popolare la contenne in due settimane. La Costituzione italiana del 1948 introdusse l´importante principio che il lavoratore ha diritto a ferie annuali retribuite, e non può rinunziarvi (art. 36), ma non indica la loro durata.

Per lungo tempo furono quindi i contratti di categoria o di azienda a stabilire il numero effettivo di giorni di non-lavoro retribuiti di cui i lavoratori dipendenti potevano fruire, donde una grande varietà di situazioni locali e nazionali. Solamente le rivendicazioni di fine anni ´60 portano a quattro settimane le ferie pagate per i dipendenti, del settore privato come del pubblico, nei principali paesi europei. Un decennio più tardi la Francia va oltre: il governo Mitterand stabilisce nel 1981 che le ferie pagate debbono corrispondere a 30 giorni lavorativi, di modo che la loro durata effettiva diventa di cinque settimane. Rimane invece indietro il Regno Unito. Dove solamente nel 1998, con le Working Time Regulations, vengono introdotte per i dipendenti del settore privato quattro settimane di ferie pagate all´anno. Lasciando però la porta aperta a vari trucchi da parte delle aziende, denunciati più volte dal Trade Unions Congress, la federazione dei sindacati britannici. Il più comune consiste nel pagare i giorni di vacanza quando si lavora, e non pagarli invece quando il lavoratore in vacanza ci va davvero: un possente incentivo a monetizzare i giorni di ferie anziché goderseli.

Al di fuori della vecchia Ue a 15, un mese intero o più di ferie retribuite è un oggetto sconosciuto anche nei paesi più avanzati. In Giappone le aziende sono libere di offrire o no ai dipendenti dei piani di vacanza pagata il cui contenuto varia da una all´altra. Nel vastissimo comprensorio di Tokio alcune rilevazioni indicano che le aziende che offrono piani-ferie sia dell´ordine del 30%. A livello nazionale i giorni di ferie pagate concessi dalle aziende ? quelle che ciò prevedono - si dovrebbero aggirare in media sui 18-20 giorni pro capite. Però i lavoratori giapponesi ne utilizzano meno della metà. Nel 2002, il periodo di ferie retribuite realmente goduto fu di circa 9 giorni. Potenza della voglia di lavorare, o forse dell´altissimo costo della vita.

Non molto meglio stanno i lavoratori Usa. La tendenza generale nel settore privato, confermata da dati recenti del Bureau of Labor Statistics, è quella d´un lento incremento dei giorni di vacanza pagata quanto più a lungo un lavoratore rimane nella stessa azienda. Con 5 anni di anzianità, uno può fruire al massimo di 14 giorni di ferie l´anno. Che arrivano a superare i 20 giorni soltanto quando si passano i vent´anni di anzianità, un traguardo per pochi eletti ove si consideri l´elevatissima mobilità inter-aziendale esistente in quel paese. Purché in quell´azienda sia presente un sindacato riconosciuto, altrimenti il dipendente resta fermo a 17-18 giorni l´anno di ferie pagate.

Nei nostri paesi la generalizzazione delle quattro o cinque settimane di ferie ha contribuito a ridurre una disuguaglianza sociale delle più stridenti: quella tra le famiglie della nobiltà o dell´alta borghesia che ancora negli anni ´30 del Novecento verso giugno "andavano in villa", al mare o in montagna, per tornare a fine settembre, e le famiglie dei commessi e degli operai, degli impiegati e delle maestre, per le quali le ferie consistevano nel trascorrere la domenica pomeriggio ai giardini pubblici o fuori porta, dove arrivavano i tram. Non che trascorrere oggi qualche settimana in una pensione da 25 euro al giorno tutto compreso, o anche in un hotel o in un campeggio con qualche stella, sia lo stesso che "andare in villa". Il punto fermo è che un periodo di ferie retribuite attribuisce forma tangibile a un diritto fondamentale della persona, il diritto di non lavorare conseguito attraverso il lavoro. Percependo ugualmente un reddito, sì da "assicurare a sé e alla famiglia un´esistenza libera e dignitosa". Come dice il citato art. 36 della Costituzione.

Su tale diritto incombe un´ombra. Già nella primavera scorsa qualche economista propose di rinunciare a sette giorni di tempo libero, trasformandoli in lavorativi, al fine di far crescere il Pil; un´equazione atta a far pensare che ove si abolissero del tutto le ferie, posto che queste rappresentano quasi il 10% delle ore lavorate in un anno, esso balzerebbe di colpo a livelli cinesi. Nelle settimane scorse si è invece cominciato a discutere della necessità di allungare gli orari di lavoro settimanali per accrescere la competitività ed evitare la delocalizzazione delle aziende. I due argomenti sono evidentemente tutt´uno. L´espediente di lavorare due o tre ore in più alla settimana, a retribuzione ferma, potrebbe essere agevolmente convertito nel taglio di alcuni - in verità, a conti fatti, di parecchi - giorni di ferie. Per ora pensiamo a usare al meglio quelle che i nostri nonni, e i nostri padri, e noi stessi ci siamo guadagnate. Per il futuro, che l´articolo 36 ci protegga.

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