Da La Repubblica del 28/07/2004
La decisione dopo le parziali concessioni del presidente al governo
Abu Ala rimane premier crisi congelata con Arafat
I corpi di polizia e sicurezza passano da 12 a 3
Ma le riforme contro terrorismo e corruzione volute da più parti sono ancora lontane
di Alberto Stabile
GERUSALEMME - Yasser Arafat ha varato ieri una mezza riforma dei servizi di sicurezza, concedendo al governo pieni poteri sull´operato delle forze di polizia, ma conservando nelle sue mani il controllo degli apparati d´intelligence. La mossa è valsa a risolvere il conflitto sorto con il premier Abu Ala, che ha ritirato le dimissioni presentate giorni fa, ma è dubbio che produrrà quella svolta, sollecitata da più parti, nella lotta dell´Autorità palestinese al terrorismo e alla corruzione.
Tutto è nato la settimana scora dalla rivolta di Gaza, dove alcune bande armate che non riconoscono l´autorità dei generali nominati da Arafat alla testa dei servizi di sicurezza, hanno spinto la Striscia sull´orlo della guerra civile. I rivoltosi, che avevano messo in atto una serie di sequestri clamorosi, inalberavano una lista di confuse rivendicazioni: dalla riassunzione negli apparati da cui erano stati licenziati, alla fine della corruzione dilagante negli alti gradi della security.
In realtà, al di là delle azioni temerarie di questo o quel gruppo, si profilava uno scontro di potere ai vertici dell´Autorità. Un conflitto in parte innescato dalla corsa a prendere il controllo di Gaza una volta che gli israeliani si saranno ritirati, ma in parte da tempo sonnecchiante nel corpo di Al Fatah, il partito pressoché unico che Arafat guida con metodi paternalistici e non democratici. Prova ne sia il fatto che da 16 anni nel Fatah non si tengono elezioni interne.
Oltre allo schiaffo della rivolta, a Gaza, Arafat ha dovuto subire nei giorni scorsi l´onta della contestazione interna, con personaggi del calibro e della notorietà di un´Hanan Ashrawi o di un Nabil Amr, che lo hanno apertamene accusato di aver dato vita al regime di «un uomo solo», invitandolo a fare un passo indietro. Nel pieno della battaglia politica, Amr è stato gambizzato.
Arafat, confermando il sospetto che lo vuole attivo soltanto se sottoposto a una forte pressione interna, ha deciso che un mezzo passo indietro sarebbe bastato, riducendo, o raggruppando, a tre i 12 corpi di polizia e di sicurezza creati al momento di dar vita all´Autorità nei Territori e trasferendo i servizi con compiti di polizia e di lotta alla criminalità sotto le competenze del ministro dell´Interno che ne rispondere al capo del governo. Arafat, e qui sta l´altra metà del passo che il leader palestinese non ha compiuto, ha deciso di mantenere sotto la sua ala protettiva, o di quella del Comitato per la Sicurezza Nazionale, da lui presieduto, la Sicurezza generale e l´intelligence.
Poiché da queste parti la forma è sostanza, e l´apparire è parte dell´essere, Arafat, dopo aver annunciato la novità, è sceso con Abu Ala nel cortile della Muqata per inscenare davanti alle telecamere un simbolico trasferimento dei poteri, sanzionato da un triplice bacio sulle guance. Il premier, che, dopo l´esplosione della rivolta a s´era dimesso per evidenziare la sua inutilità di primo ministro senza neanche il potere, come gli rimproverò una volta Sharon, di spostare un poliziotto da un lato all´altro della strada, ha ritirato le dimissioni.
«Il governo - ha spiegato il portavoce del premier, Hassan Abu Libdeh - ha ricevuto i poteri per esercitare i suoi doveri. Parliamo di decisioni e di decreti che saranno emessi subito. Nei prossimi giorni vedremo le azioni del governo». «Arafat - ha aggiunto Hanan Ashrawi - ha deciso di accelerare il cammino delle riforme per mettere fine all´illegalità imperante nei territori».
Tutto è nato la settimana scora dalla rivolta di Gaza, dove alcune bande armate che non riconoscono l´autorità dei generali nominati da Arafat alla testa dei servizi di sicurezza, hanno spinto la Striscia sull´orlo della guerra civile. I rivoltosi, che avevano messo in atto una serie di sequestri clamorosi, inalberavano una lista di confuse rivendicazioni: dalla riassunzione negli apparati da cui erano stati licenziati, alla fine della corruzione dilagante negli alti gradi della security.
In realtà, al di là delle azioni temerarie di questo o quel gruppo, si profilava uno scontro di potere ai vertici dell´Autorità. Un conflitto in parte innescato dalla corsa a prendere il controllo di Gaza una volta che gli israeliani si saranno ritirati, ma in parte da tempo sonnecchiante nel corpo di Al Fatah, il partito pressoché unico che Arafat guida con metodi paternalistici e non democratici. Prova ne sia il fatto che da 16 anni nel Fatah non si tengono elezioni interne.
Oltre allo schiaffo della rivolta, a Gaza, Arafat ha dovuto subire nei giorni scorsi l´onta della contestazione interna, con personaggi del calibro e della notorietà di un´Hanan Ashrawi o di un Nabil Amr, che lo hanno apertamene accusato di aver dato vita al regime di «un uomo solo», invitandolo a fare un passo indietro. Nel pieno della battaglia politica, Amr è stato gambizzato.
Arafat, confermando il sospetto che lo vuole attivo soltanto se sottoposto a una forte pressione interna, ha deciso che un mezzo passo indietro sarebbe bastato, riducendo, o raggruppando, a tre i 12 corpi di polizia e di sicurezza creati al momento di dar vita all´Autorità nei Territori e trasferendo i servizi con compiti di polizia e di lotta alla criminalità sotto le competenze del ministro dell´Interno che ne rispondere al capo del governo. Arafat, e qui sta l´altra metà del passo che il leader palestinese non ha compiuto, ha deciso di mantenere sotto la sua ala protettiva, o di quella del Comitato per la Sicurezza Nazionale, da lui presieduto, la Sicurezza generale e l´intelligence.
Poiché da queste parti la forma è sostanza, e l´apparire è parte dell´essere, Arafat, dopo aver annunciato la novità, è sceso con Abu Ala nel cortile della Muqata per inscenare davanti alle telecamere un simbolico trasferimento dei poteri, sanzionato da un triplice bacio sulle guance. Il premier, che, dopo l´esplosione della rivolta a s´era dimesso per evidenziare la sua inutilità di primo ministro senza neanche il potere, come gli rimproverò una volta Sharon, di spostare un poliziotto da un lato all´altro della strada, ha ritirato le dimissioni.
«Il governo - ha spiegato il portavoce del premier, Hassan Abu Libdeh - ha ricevuto i poteri per esercitare i suoi doveri. Parliamo di decisioni e di decreti che saranno emessi subito. Nei prossimi giorni vedremo le azioni del governo». «Arafat - ha aggiunto Hanan Ashrawi - ha deciso di accelerare il cammino delle riforme per mettere fine all´illegalità imperante nei territori».
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