Da La Repubblica del 23/07/2004

Cambia la rotta delle navi "negriere", i clan dell´isola si riorganizzano come negli anni '90

E´ Malta la nuova base dei mercanti di schiavi

Le testimonianze dei clandestini sbarcati in Sicilia. Il trasbordo al largo di La Valletta
Troppo sorvegliata la costa africana, i trafficanti cercano di aggirare il blocco

di Attilio Bolzoni

PALERMO - Le ultime «soffiate» dicono che a Malta si stanno riorganizzando. E raccontano che vecchi e nuovi mercanti di uomini hanno ricominciato a comprare barconi e anche motoscafi veloci, a impadronirsi di baie e spiagge, a riparare e rattoppare carrette abbandonate. Notizie di questo inizio estate, arrivate agli investigatori italiani da informatori sparsi sulle due sponde del Mediterraneo. Notizie confermate tra l´altro dalle testimonianze di alcuni clandestini sbarcati tra giugno e luglio sulle coste del ragusano e sull´isola di Lampedusa, uomini trasportati in Sicilia da negrieri maltesi. E´ la rotta degli schiavi che probabilmente sta cambiando un´altra volta. Le indagini sono partite, sulle tracce del «clan dei maltesi» ci sono già gli esperti del Viminale che indagano sul traffico degli sbarchi tra l´Africa e l´Europa.

Dopo il «blocco» nel mare davanti al deserto libico, gli investigatori italiani seguono una pista che porta a La Valletta, hanno raccolto indizi sulla ristrutturazione delle bande di quell´isola, hanno soprattutto scoperto come i negrieri stanno tornando ad antichi sistemi di trasporto. Per esempio l´utilizzo di «navi madri», grandi imbarcazioni che sostano in acque internazionali e che scaricano piccoli gruppi, dieci o quindici clandestini a volta che vengono «accompagnati» quasi fino sulle rive siciliane dagli scafisti. E´ un po´ quello che sta accadendo nelle ultime settimane. E´ accaduto anche domenica scorsa sulla costa ragusana, tra Santa Croce di Camerina e Torre di Mezzo, diciotto clandestini intercettati dalla polizia. Erano arrivati in Sicilia su gommoni. La notte prima avevano lasciato le stive di una nave dove erano nascosti in centinaia. Imbarcazione forse salpata proprio dalle coste libiche. Ma invece di fare rotta direttamente verso Lampedusa, ha puntato su Malta. E al largo di La Valletta è poi cominciato il trasbordo sui gommoni e sui motoscafi. Una «via» per evitare le vedette di guardia nella parte più meridionale del Canale di Sicilia, quel tratto di mare che da due anni è sorvegliatissimo.

Si riparte da Malta verso l´Europa e si riparte a quanto pare pagando i suoi trafficanti. Come a metà degli Anni Novanta, quando la più potente organizzazione di negrieri del Mediterraneo stava proprio qui, tra Saint Paul´s Bay e la rada di Xemxija. Clan individuati dalla polizia italiana solo quando quella maltese ha cominciato a collaborare con le sezioni di «criminalità extracomunitaria» delle Questure di Agrigento e di Ragusa, le più impegnate sul fronte della lotta ai trafficanti di esseri umani. C´erano soprattutto due cosche che spadroneggiavano a La Valletta a quei tempi, ma adesso alcuni boss dopo un po´ di carcere sono tornati in libertà. E c´è il sospetto che abbiano ripreso il vecchio business. Soli o in compagnia dei tunisini. Proprio come una volta, come quando a comandare il traffico era «Donna Provvidenza», un´araba di Kelibia che aveva preso marito a Malta solo per vivere là e dirigere la «tratta» dei pachistani e degli egiziani. Dopo una cinquantina di sbarchi «Donna Provvidenza», vero nome Fatma Kalloufi, fu arrestata e rispedita in Tunisia. Il suo posto fu preso da maltesi e da altri tunisini.

Per mesi e mesi dalle baie intorno a quell´isola salparono navi cariche di disperati, in migliaia raggiunsero clandestinamente la Sicilia più meridionale, quella che da Capo Passero sale fino a Scoglitti. Poi, un giorno, i negrieri ne fecero affogare ventotto. Li spinsero a mare per la fretta di tornare indietro sui loro scafi, per la paura delle motovedette italiane che stavano arrivando. Era il 4 luglio del 2001. Tra quei clandestini morti c´era anche il cugino di una tunisina che faceva parte del clan, una certa Zina Saidi. Lei decise così di raccontare tutto alla polizia maltese: Zina si pentì. Ma poche ore dopo le sue rivelazioni i trafficanti lo vennero a sapere, la prelevarono, la portarono nei vicoli del porto di La Valletta. E per «punizione» le mozzarono le orecchie. Zina riuscì a fuggire, prese un aliscafo e approdò in Italia, a Pozzallo. Cominciò a raccontare tutto sul traffico ai poliziotti di Ragusa. Così fu l´inizio della fine del «clan dei maltesi». E fu così che i «carichi» cominciarono a partire da Capo Bon, da Sfax, dai porti tunisini più vicini a Pantelleria. Poi si aprì la «frontiera» libica, quella che per due anni ha portato centinaia di barconi a Lampedusa. Fino al ritorno dei primi negrieri, gli schiavisti di Saint Paul´s Bay.

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