Da La Repubblica del 16/07/2004
Originale su http://www.repubblica.it/2004/g/sezioni/politica/lugliocdl3/rifiuto/ri...

Il premier gli ha chiesto di scegliere il dicastero più gradito ma il leader Udc punta a tenere il governo a "bagnomaria"

Follini prepara il gran rifiuto "Ora non vedo le condizioni"

di Barbara Jerkov

ROMA - "In questo momento non ci sono le condizioni per poter pensare a un mio coinvolgimento diretto nel governo". Se fosse letteratura, sia pure per ragazzi, e non politica, il titolo non potrebbe che essere: Il rovello di Harry Potter continua. Invece è politica, appunto, e il rovello in realtà tale non è. E' tattica, pura, semplice, democristiana tattica.

Stamane Marco Follini era già pronto ad annunciare ufficialmente il suo no a fare il ministro "per ragioni di coerenza con quanto ho sempre pensato e detto". Nononostante tutto il pressing delle ultime ventiquattr'ore, "un pressing che non si può immaginare, ai massimi livelli istitituzionali", confidano in via Due Macelli. Nonostante la disponibilità mostrata ieri mattina da Berlusconi ("scegli tu il ministero che vuoi, qualunque ministero") insieme all'amabilità del tono (le minacce verbali delle ultime settimane, quelle del tipo "ti scatenerò contro tutte le mie tv", evaporate come per magia).

Nonostante molti nel suo stesso partito sperassero per la soluzione governativa. Ebbene, nonostante tutto, nonostante tutti, Follini ormai aveva preso la sua decisione: non entrare nel governo. "Una questione di coerenza", appunto.

Solo a tarda sera, dopo un ultimo faccia a faccia con Casini a Montecitorio, la scelta di sfumare i toni. "Naturalmente io sarò al tuo fianco qualsiasi cosa tu decida, ma poiché ora come ora è lampante che Berlusconi non intende dare a Fini il Tesoro", è risuonato il prudente ragionamento della terza carica dello Stato, "visto anzi che non è affatto detto che alla fine Gianfranco prenda qualche delega, perché bruciarti i ponti senza motivo? Lasciamo che se c'è da scrivere la parola fine siano altri a farlo". Follini ha finito per ammettere le buone ragioni dell'amico di una vita.

Ecco perché davanti al parlamentino dell'Udc che si riunisce oggi alla Domus Mariae, non è affatto detto che il segretario sciolga la riserva governo sì-governo no. Piuttosto si farà dare un mandato dal consiglio nazionale a proseguire nel suo percorso, che è poi il percorso dettato nell'aula di Montecitorio con il discorso di mercoledì pomeriggio: "Nessuno faccia affidamento sulla nostra cedevolezza".

Archiviata l'ipotesi dell'appoggio esterno, l'Udc prepara la sua resistenza armata. Eppure, arrivare a questa conclusione che non conclude, è costato a Follini un'altra giornata di quelle complicate. Uno slalom di incontri e telefonate. Berlusconi chiama di buon mattino: "Marco, vediamoci". Il premier a Palazzo Chigi lo accoglie amabile, affettuoso perfino. "Sono convinto non da oggi che tu debba fare il ministro", gli dice, "il tuo ingresso qualificherebbe e rilancerebbe l'azione del governo e della coalizione".

Non hai che da scegliere, continua il Cavaliere: "Esclusi Esteri, Difesa, Interno, Giustizia e Comunicazioni puoi avere qualsiasi incarico. Vuoi le Attività produttive? Preferisci la Cultura?". Fa talmente sul serio, Berlusconi, che ha perfino già sondato Urbani: "Sei pronto a sacrificarti se te lo chiedessi?". Pronto, ci mancherebbe.

Follini, per fortuna di entrambi, ascolta ma non risponde. "Ci penserò su", promette, "sai che non è un problema di ministero ma politico". Poi torna al partito e chiama Fini. E' a questo punto della giornata, l'ora di pranzo, che l'alleato gli confessa di essere lui, ora, a non voler più fare il ministro: "Silvio vorrebbe darmi solo il Bilancio, sarebbe come rifilarmi il buco levandomi la borsa...". Il segretario centrista ride, ma afferra al volo che la situazione, rispetto all'altra sera, si è rovesciata.

Non gli sembra vero: il suo coinvolgimento diretto nel governo, che per qualche ora si era stretto intorno a lui tipo tenaglia, si allenta di nuovo. Chiuso in ufficio, Follini si attacca al telefono e chiama uno per uno tutti i maggiorenti dell'Udc, tutti. Spiega loro che l'ipotesi appoggio esterno non c'è più ma che comunque la sua intenzione sarebbe rifiutare il ministero.

Qualcuno gli obietta che veramente non sarebbe male se invece il ministro lo facesse; si distenderebbe il clima con gli altri alleati, dopo tutto alle politiche si vota ancora con il maggioritario e stare in guerra permante con il resto della Cdl non porta voti. Altri, per lo più dirigenti locali, sono invece per la linea dura a oltranza: "Se entrassi sarebbe una resa". Altri ancora, Baccini ad esempio, sottolineano come stando al governo semmai hai un'arma in più: la minaccia di dimissioni. Ognuno dice la sua, insomma, tutti però assicurano: quello che poi decidi, va bene.

Incassato il sostegno dei colonnelli, Follini affronta la riunione dell'ufficio politico. Qui spiega ancora una volta lo stato dell'arte, le offerte del Cavaliere, la frenata di Fini. Chiede dodici ore di tempo per prendere una decisione, anche se in realtà ha già deciso. Poi, prima di andarsene a casa, passa a Montecitorio da Casini. L'ultima riunione della giornata, la più importante probabilmente. Quella che alla fine fissa la rotta: "In questo momento non ci sono le condizioni per poter pensare a un mio coinvolgimento diretto nel governo".

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