Da La Repubblica del 15/07/2004
Originale su http://www.repubblica.it/2004/g/sezioni/politica/lugliocdl3/scaccocav/...

Il finale della partita è nelle mani del leader Udc, e così il destino di Berlusconi e della coalizione

Lo scacco al Cavaliere del mite democristiano

di Curzio Maltese

Nel pasticcio dell'infinita verifica di governo, una sola cosa è certa. In dieci anni non s'era mai trovato qualcuno capace di far male a Berlusconi, nel suo valore più caro: l'Immagine, come il mite Follini. Non gli avversari politici né la corte dei servi, neppure i magistrati di Milano o Scalfaro o il Bossi del ribaltone.

Prima o poi il capo si vendicherà. Ma intanto deve stare a un gioco da prima repubblica che ne logora il residuo carisma e trasforma il governo del miracolo in una corte dei miracoli. Berlusconi s'era preparato la festa della riconciliazione in diretta televisiva, la mattina in Senato, il pomeriggio alla Camera, con tanto di discorso ecumenico e conciliante in duplice copia e claques disposte lungo il percorso, fuori e dentro il Palazzo.

Nell'intervallo della commedia però Follini ha rovinato il lieto fine votando con l'opposizione contro la Rai dei berluscones. Un colpo simbolico al regno berlusconiano che però campa proprio di simboli (e di televisioni). Berlusconi non perdeva una battaglia parlamentare sulle televisioni da oltre vent'anni.

Le aveva vinte con qualsiasi governo, Caf, destra o sinistra, prima e dopo la "discesa in campo". Neppure la maggioranza dell'Ulivo, che pure godeva sul tema dell'appoggio della Lega, aveva mai osato sfidarlo sul suo terreno. Si può immaginare come il premier abbia preso la perdita del record d'imbattibilità per colpa di un alleato e mentre comanda a Palazzo Chigi.

La Lega è arrivata subito alle conseguenze: "La maggioranza non c'è più". Ma Berlusconi nel pomeriggio ha deciso di continuare la recita senza aggiornare con la pessima novità del ribaltone Rai il suo discorso, che in effetti era del genere "tema libero", svincolato da attualità, nomi, cifre, buono per ieri, oggi, domani, l'anno scorso, Pasqua, Natale e feste comandate.

La seconda mossa dello scacco Follini l'ha giocata alla Camera, dove è successo molto di più di quanto abbia mostrato la diretta televisiva. Le telecamere non hanno inquadrato, per esempio, la curiosa reazione dei deputati dell'Udc al passaggio decisivo del discorso del premier, la promessa che la coalizione si ripresenterà unita alle prossime elezioni. I deputati di Forza Italia, An e Lega si sono levati di scatto in piedi. Nella prima fila dell'Ucd ci ha provato il solo Giovanardi, quinta colonna del berlusconismo, che poi s'è voltato, ha visto Follini immobile ed è tornato a sedersi. Tutti i deputati della maggioranza se ne sono accorti e si sono voltati verso Follini, continuando l'applauso. Soltanto una decina di democristiani ha risposto all'appello. Follini e gli altri sempre seduti e immobili. Una sequenza che vale un dibattito congressuale.

La tv non ha mostrato neppure il fluttuare di Fini fra Follini, il premier e Maroni, nell'estremo tentativo di fare da paciere. Tantomeno s'è vista la faccia sbalordita di Berlusconi dopo il discorso di Follini, il rapido cenno per convocare a sé i discepoli centristi Buttiglione e Giovanardi, ancora più veloci nell'accorrere, con l'aria di uno al quale avevano cambiato il copione senza preavviso. "Non erano questi i patti" pare si sia lamentato, come sempre implacabile nel pretendere dagli altri il mantenimento delle promesse.

Sono scene da vecchio congresso della Balena bianca, un vero teatrino della politica pieno di chicche da Blob d'annata, l'ultimo tocco anche iconografico di un ritorno al passato già evidente nella lingua, la "verifica", il "rimpasto", l'"appoggio esterno", le "convergenze", il "totoministro" e perfino la commovente "rosa dei nomi". Sarebbe un quadro adatto a un governo balneare degli anni Ottanta. Qui e oggi, suonano come una canzonetta d'altri tempi suonata mentre il Titanic va giù.

Oltre la scena dello scontro fra la politica e l'immagine, cova il disastro dell'economia. La situazione dei conti dev'essere davvero grave se non si trova più nessuno in Italia disposto a fare il super ministro dell'Economia.

In una settimana hanno rifiutato già in tre, Monti, Fazio e Fini.

Il dato drammatico diventa tragico se si considera anche il "sì" di Letizia Moratti, l'unica disposta ad accettare l'eredità Tremonti con la stessa allegra disinvoltura con cui ieri esibiva un completo arancione boom. La Moratti è una smentita vivente al celebre "principio di Peter" per cui prima o poi si raggiunge il proprio livello di incompetenza, dalla nostra sfondato fin dalla presidenza Rai.

Erano in molti a giurare che alla fine non si sarebbe trovato nessun altro disposto a varare una manovra lacrime e sangue da 30 o 40 miliardi per colmare i buchi lasciati dalla finanza creativa, per giunta con una maggioranza spaccata. L'altra possibilità è che la maggioranza venga blindata con l'ingresso di Follini al governo e allora Fini ci ripenserebbe.

In ogni caso, l'ipotesi di una grande personalità in grado di tranquillizzare i mercati è andata a farsi benedire. Per non sbagliare, Berlusconi non ha parlato di economia nel suo discorso, a parte la grottesca apologia di Tremonti appena cacciato e l'eterna lagna sugli effetti economici dell'11 settembre, misteriosamente devastanti per l'Italia ma non per gli Stati Uniti.

Domani con l'assemblea dei centristi la partita si chiude. Si vedrà se con lo scacco al re oppure con la resa dell'alfiere. Mezzo copione è già scritto.

Prima Tabacci e Volontè chiederanno l'uscita dal governo, poi Giovanardi e Buttiglione sventoleranno il depliant con tutte le nuove poltrone promesse dal loro premier. Il finale è nelle mani di Follini e, per quanto assurdo possa sembrare, lo è anche il destino di Berlusconi. Un Berlusconi comunque rassegnato a perire o a tirare a campare da doroteo fino all'ultimo giorno di potere.

Chi l'avrebbe detto che dopo un decennio di trovate e rivoluzioni, al profeta del nuovismo e del modernismo sarebbe toccato in sorte, in un modo o nell'altro, di morire democristiano?

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