Da La Repubblica del 04/07/2004

Con Powell il segretario generale delle Nazioni Unite ha visitato il paese africano per difendere la popolazione animista dagli attacchi dei "janjawid"

"Fermiamo i Diavoli a cavallo" Una speranza per il Darfur

Khartoum si impegna con Annan a disarmare le milizie

di Pietro Veronese

LE pressioni internazionali e la presenza a Khartoum questa settimana del segretario di Stato americano Colin Powell e poi del segretario generale delle Nazioni Unite hanno avuto effetto. Il governo sudanese si è impegnato formalmente a disarmare le milizie che terrorizzano la popolazione del Darfur, seminando morte e devastazione in quella remota regione dell´ovest sudanese. Il governo promette di dispiegare «una polizia forte, credibile e rispettata in tutte le zone dove si trovano gli sfollati e in quelle minacciate da attacchi». Il comunicato diffuso ieri promette inoltre di facilitare l´intervento umanitario in Darfur e di favorire una soluzione politica della crisi; ma il suo punto-chiave è certamente quello che parla del «disarmo immediato dei Janjawid e altri gruppi fuorilegge».

La crisi del Darfur si trascina da mesi senza apparente soluzione. La situazione umanitaria anzi si aggrava, perché sta ormai iniziando la stagione delle piogge che nell´ovest del Sudan è particolarmente abbondante. Le condizioni meteorologiche, unite alle catastrofiche condizioni dei collegamenti terrestri e alla precarietà delle piste d´atterraggio, che con le piogge restano praticabili solo per gli aerei più piccoli e leggeri, causano il virtuale arresto del flusso degli aiuti. A causa dell´insicurezza e della fuga dai villaggi, che ha coinvolto centinaia di migliaia di persone, i raccolti sono andati perduti e gli abitanti - un gran numero dei quali è ammassato in condizioni disperate in campi di sfollati - hanno poco o nulla da mangiare. Si calcola che i fuggiaschi siano circa un milione all´interno dei confini sudanesi e almeno 100 mila nel vicino Ciad.

Per questo le rare organizzazioni umanitarie presenti in Darfur continuano a denunciare la gravità della situazione. La loro campagna ha finito per convincere i maggiori governi occidentali, a cominciare da quello degli Stati Uniti, a premere su quello di Khartoum. Washington, in particolare, era tornata nelle ultime ore a minacciare sia pur velatamente sanzioni contro il Sudan, congelando una politica di miglioramento dei rapporti avviata da tempo. Questa azione, combinata con la visita di Powell e la successiva presenza di Kofi Annan nella capitale sudanese proprio questa settimana, ha infine ottenuto quella che, sulla carta, si presenta come una vera e propria svolta.

Le bande di predoni Janjawid, chiamati anche i "diavoli a cavallo" per la pratica di razziare e depredare con veloci incursioni la popolazione stanziale e agricola del Darfur, sono accusate di aver agito come una lunga mano del governo centrale contro la rivolta delle maggiori etnie che popolano la regione. Il regime di Khartoum ha più volte negato ogni responsabilità, ma numerose testimonianze raccolte dalle organizzazioni di difesa dei diritti umani, in particolare l´americana Human Rights Watch, parlano di un coordinamento operativo molto stretto tra le guarnigioni dei capoluoghi regionali e le bande dei predoni. In numerose circostanze queste ultime hanno attaccato i villaggi dopo i bombardamenti dell´aeronautica governativa, oppure hanno avuto l´appoggio dell´artiglieria o di colonne motorizzate.

La situazione adesso dovrebbe cambiare radicalmente. Le organizzazioni umanitarie, e in particolare le maggiori agenzie dell´Onu attive in Darfur, come l´Organizzazione mondiale della sanità, l´Unicef e il Programma alimentare mondiale, attendono ora che alle parole seguano i fatti. Il comunicato s´impegna infatti a non ostacolare l´azione umanitaria, precisando tra l´altro che «verrà tolta ogni restrizione al rilascio dei visti agli operatori umanitari» e che questi avranno «libertà di movimento in Darfur». Per verificare l´osservanza di queste promesse, governo sudanese e Nazioni Unite formeranno un comitato nel quale siederanno il ministro degli Esteri di Khartoum e il rappresentante speciale del segretario generale dell´Onu.

Più laboriosa s´annuncia la ripresa dei contatti diretti tra il governo del Sudan e le due delegazioni dei ribelli darfuriani, che dovrebbe aver luogo ad Addis Abeba, in Etiopia, il 15 di questo mese. Incontri c´erano già stati in Ciad, ma poi le cose erano andate male perché le due formazioni ribelli avevano accusato gli emissari di Khartoum di non mantenere gli impegni. In teoria le parti sono vincolate da un accordo di cessate-il-fuoco, ma numerose sono state le accuse reciproche di violazioni da quando il testo venne sottoscritto nell´aprile scorso.

I rapporti tra il regime islamico al potere a Khartoum e l´Amministrazione americana erano andati migliorando da tempo, fino a culminare negli accordi di pace raggiunti in Kenya alcune settimane fa tra governo sudanese e ribelli del sud. Gli accordi, che pongono fine a una guerra civile che dura da decenni e sono stati favoriti in tutti i modi dalla diplomazia Usa, dovrebbero essere sottoscritti solennemente nel prossimo futuro. Con la pace, le compagnie petrolifere americane potrebbero tornare a sfruttare i promettenti giacimenti sudanesi, dove al momento sono attive soprattutto società cinesi. Ma la devastante portata della crisi in Darfur - che ha fatto parlare alcuni osservatori addirittura di genocidio» - rischia ancora di compromettere questi migliorati rapporti, se gli impegni assunti oggi dal regime dovessero risultare disattesi.

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