Da La Repubblica del 27/06/2004

Laboratorio Pakistan così falliscono le speranze Usa

A Islamabad l´ideologia islamica più radicale è ancora protagonista
Incentivare la democrazia nei paesi musulmani: questo il sogno politico di Bush
I fondamentalisti governano in coalizione con il partito al potere
Musharraf l´"occidentale" deve fare i conti anche con l´ideologia "jihadista"

di Guido Rampoldi

ISLAMABAD - Domani a Istanbul i governi dell´Alleanza atlantica discutono il piano per il Grande Medio Oriente, un´idea dell´amministrazione Bush e non tra le peggiori. Grossomodo l´intenzione è incentivare la democrazia nei Paesi musulmani, proposito in passato più volte fallito. Nella sua ultima versione quel progetto accoglie suggerimenti europei (da qui l´enfasi sulla centralità del conflitto arabo-israeliano) e risulta in teoria accettabile anche ai regimi mediorientali che avevano respinto la prima bozza come paternalista o "neo-coloniale". Malgrado questo, molto cospira a fare di quel piano l´ennesimo esercizio di futilità diplomatica. Va da sé che fin quando gli Stati Uniti si presenteranno al mondo con la faccia di Rumsfeld, le capitali arabe avranno un pretesto facile per obiettare: se la vostra democrazia include anche Guantanamo e Abu Ghraib, tenetevela. Inoltre il piano sembra riproporre ricette già tentate senza successo. In teoria liberalizzare le economie aiuta a smantellare i regimi autoritari, ma nella realtà può rafforzarli finanziandone le clientele: come confermarono l´Egitto di Sadat e l´Algeria di Benjedid al tempo dell´infitah ("apertura"). Infine e soprattutto: dopo l´invasione dell´Iraq gli Stati Uniti sono assai impopolari in qualsiasi società musulmana. Per un regime autoritario essere un alleato degli americani è meno agevole di prima; e diventa un´acrobazia spericolata se allo stesso tempo quel regime deve socchiudere la porta alla democrazia. Come dimostra il Pakistan, si rischiano risultati sconcertanti.

Il Pakistan del generale-presidente Musharraf è da due anni il laboratorio della strategia americana. Ha fatto ciò che Bush chiedeva: ha dato al caccia ad al Qaeda e ha mosso verso il ripristino della democrazia, sospesa dopo il colpo di Stato del 1999. Bush l´ha ricompensato elevandolo questo mese al rango di "maggior alleato non Nato" degli Stati Uniti, un privilegio condiviso da un club ristretto di nazioni, come Israele, Australia, Giappone, Egitto. I generali pachistani hanno ricevuto sistemi d´arma e finanziamenti americani; controllano gli snodi dell´economia attraverso fondazioni private e imprese pubbliche; e così soddisfatti, garantiscono lealtà a Musharraf, cioè in certa misura anche a Washington. Le prime elezioni parlamentari sono state viziate da pesanti irregolarità e il capo dell´opposizione è stato condannato a 23 anni per aver parlato male delle Forze armate; ma la stampa è libera (però raggiunge appena il 3% della popolazione). Fin qui saremmo ancora nella cornice d´una semi-democrazia sorvegliata dai militari, quel "modello turco" cui Musharraf s´ispira. Però la prospettiva cambia quando arriviamo ai patti taciti che il presidente ha stretto con il poderoso fondamentalismo pachistano.

Musharraf è un laico, ma dovendo convivere con un parlamento e detestando i partiti storici, ha ritenuto prudente puntellarsi con l´alleanza dei sei partiti islamisti, l´Mma (11% dei voti nelle ultime elezioni). Questi ultimi hanno 62 deputati su 300, milizie paramilitari, legami tradizionali con lo spionaggio, simpatizzanti nei ranghi bassi dell´esercito, insomma un certo potere d´interdizione e di ricatto. Potevano insorgere contro la politica filo-Usa del regime, ma finora non l´hanno fatto. Però in cambio hanno incassato non poco: Musharraf sembra aver ormai rinunciato a riformare il codice e l´istruzione pubblica, come aveva promesso nel 2002. Formalmente è ancora in vigore la sharia introdotta a cavallo degli anni Settanta e Ottanta. Nella realtà le adultere non vengono lapidate né sputare su un Corano conduce al patibolo. Però le scuole statali continuano ad allevare le nuove generazioni al culto della "guerra santa", la jihad.

L´ideologia jihadi nella scuola ha una storia significativa. Divenne centrale all´istruzione pubblica durante la dittatura del generale Zia ul-Haq, quando il Pakistan era il retrovia della "guerra santa" contro i sovietici. Un saggio recente del "Sustainable development policy institute", un centro di ricerche pachistano, dimostra come i testi scolastici tuttora richiedano agli alunni di "riconoscere l´importanza della jihad in ogni sfera della vita; essere consapevoli delle benedizioni che comporta la jihad; creare nel proprio cuore un´aspirazione alla jihad; coltivare e amare i concetti di shahadat (martirio), sacrificio, ghazi (vittoria nella guerra santa); fare discorsi sulla jihad; scrivere storie che motivino alla jihad". "Oltre a glorificare la guerra e l´uso della forza", leggiamo nel rapporto del Sdpi, le scuole statali insegnano "il pregiudizio e la discriminazione verso le donne, le minoranze, altre nazioni". L´insegnamento della storia è stato piegato a questa prospettiva. Fino alla fine degli anni Settanta gli alunni imparavano a conoscere e rispettare le grandi civiltà che precedettero l´arrivo dell´islam nell´attuale Pakistan, inclusa la civiltà indiana; ma tutto questo fu soppresso durante la dittatura di Zia ul-Haq.

A quell´epoca Washington non obiettò, e secondo alcuni studiosi partecipò attivamente alla nascita dell´istruzione jihadi. Secondo il professor A. H. Nayyar, per incoraggiare la "guerra santa" contro i sovietici «l´università di Omaha, Nebraska, che ha un centro di studi afgani, fu richiesta dalla Cia di riscrivere i testi per i bambini dei rifugiati arrivati dall´Afghanistan. I nuovi testi incitavano all´odio perfino nell´aritmetica. Se un uomo ha cinque pallottole e due finiscono nella testa d´un soldato russo, quanti ne rimangono??cose così". Questa Islamiat, l´islamizzazione di ogni materia scolastica, in Pakistan fu affidata ad un partito fondamentalista che oggi governa la regione del Beluchistan in coalizione col partito di Musharraf.

Altro indizio d´una certa continuità tra due regimi militari e "filo-occidentali", la dittatura del generale Zia ul-Haq e la semi-democrazia di Musharraf: l´influente ministro per gli Affari religiosi, Mohammed Ejaz-ul-Haq, è appunto il figlio di Zia. Come spiega in un´intervista, intende promuovere l´islam "moderato e illuminato", la stessa formula di Musharraf, "però senza disfare ciò che fece mio padre", promotore d´un islam forsennato. Dunque la scuola statale continuerà a insegnare il valore supremo della jihad e le scuole coraniche intascheranno copiosi finanziamenti, con l´unica condizione di introdurre la matematica e l´informatica, come già alcune fanno. Molte di queste madrasse hanno prodotto i Taliban e continuano su quella strada, ma il ministro ritiene che il loro islam non sia "estremista". A suo giudizio i Taliban non hanno fatto nulla di male: "Perché biasimarli? Hanno mai ucciso qualcuno? Piuttosto, hanno preso il controllo del Paese e portato la legge e l´ordine in proporzioni esemplari. L´unico loro errore è stato non consegnare Bin Laden quando richiesti (da Islamabad e da Washington)". Così non è difficile concordare col professor Nayyar quando dice che il Pakistan sta crescendo un´altra generazione di islamisti radicali, esattamente come la dittatura di Zia ul-Haq. La differenza sostanziale è che allora il nemico era l´Urss: oggi è l´Occidente. Siamo noi.

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