Da Corriere della Sera del 18/06/2004

Annan: così non possiamo tornare in Iraq

Il segretario: «La situazione è troppo precaria». Gli Usa: «Ci ripensi, la presenza dell’Onu è cruciale»

di Ennio Caretto

WASHINGTON - «La situazione in Iraq è troppo precaria perché l'Onu riapra la rappresentanza a Bagdad». L'annuncio è del segretario generale Kofi Annan e scuote il Pentagono e la Casa Bianca. «Sono estremamente preoccupato - aggiunge Annan riferendosi all'ultimo bagno di sangue nella capitale irachena -. Seguiremo con molta attenzione l'evolversi della situazione. Se e quando le circostanze lo permetteranno, vi ritorneremo. Ma oggi non è così».

Il segretario dell'Onu si dice soddisfatto che il Consiglio di Sicurezza abbia deciso la riapertura della rappresentanza, ma la ritiene troppo pericolosa. Insieme con il rifiuto del suo inviato Lakhdar Brahimi di continuare a mediare in Iraq, quello di Kofi Annan di istituzionalizzare la presenza dell'Onu a Bagdad è per Bush una grave battuta d'arresto.

Sebbene il Segretario non ne parli alla sua conferenza stampa al Palazzo di Vetro di New York, getta un'ombra sull'iter politico che il presidente vuole seguire, comprese le elezioni irachene di gennaio, a cui l'Onu dovrebbe sovrintendere. Il temporaneo «no» di Annan non significa che nessun suo emissario si recherà in Iraq finché la sicurezza non sarà garantita nel Paese, ma comporta un drastico ridimensionamento del ruolo politico previsto per le organizzazioni internazionali.

Quasi a sottolineare la sua fermezza su questo punto, il Segretario dell'Onu ha anche criticato la richiesta di Bush che l'esenzione delle forze armate americane dal Tribunale criminale internazionale dell'Aia venga estesa di un anno. L'esenzione, che scade il 30 giugno prossimo, non è stata messa ai voti dall'ambasciatore Usa John Negroponte nel timore che non ottenga i 9 voti richiesti tra i 15 del Consiglio di Sicurezza. «Sono contrario - ha dichiarato Annan con molta asprezza -. Alla luce dei numerosi abusi commessi contro i prigionieri iracheni, sarebbe controproducente. Riterrei poco saggio se gli Stati Uniti insistessero, e ancora meno saggio se il Consiglio gliela concedesse».

Annan ha anche messo in dubbio «il valore giuridico» di una esenzione, e sollecitato la punizione dei colpevoli delle torture da parte della giustizia americana. Richard Grenelle, il portavoce di Negroponte, che il 30 prossimo diverrà ambasciatore a Bagdad, ha ribattuto che «i responsabili dei crimini saranno condannati, ma l'esenzione non ha nulla a che vedere con essi». La tesi Usa è che il Tribunale «può essere strumentalizzato politicamente».

Il portavoce ha auspicato che il segretario dell'Onu «riesamini presto la questione della riapertura della rappresentanza a Bagdad, che avrebbe una funzione cruciale».

Da indiscrezioni del suo entourage, il Segretario di Stato Colin Powell eserciterebbe pressioni su Annan. Powell vorrebbe che Annan mandasse una missione dell'Onu a Bagdad per il passaggio dei poteri agli iracheni il 30, sia pure per pochi giorni, e alternasse poi i suoi rappresentanti in una sede ridotta al minimo e protetta dai soldati americani. Nel frattempo, il segretario di Stato cercherebbe di formare una forza multinazionale di 4 mila uomini adibita esclusivamente alla protezione dell'Onu. Vi potrebbero fare parte contingenti europei e musulmani. Il progetto verrebbe discusso al vertice della Nato in Turchia - uno dei Paesi interessati - il 28 e 29 giugno.

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