Da La Repubblica del 25/06/2004
Impiegate sottopagate, carriera negata, rappresaglia contro chi protesta: ora un esercito di lavoratrici fa causa. E´ la più grande "class action" della storia
Le donne contro i re dei supermarket
Gravi accuse di discriminazione sessuale per il colosso Wal-Mart
La tenacia di sei ragazze ha dato il via alla colossale iniziativa giudiziaria
Si annuncia un processo simbolo e un risarcimento memorabile
di Federico Rampini
SAN FRANCISCO - Il successo della protesta sindacale si misura dal lungo ingorgo di Porsche e Bmw dei contestatori, sull´autostrada 101 verso il municipio di Palo Alto. Una novità assoluta. Ieri a mezzogiorno la Silicon Valley si è fermata per la prima manifestazione sindacale della sua storia: migliaia di informatici, ricercatori biogenetici e guru del software sono scesi in piazza per difendere il diritto alle stock options minacciate da nuove regole finanziarie. Ma mentre l´élite delle nuove professioni intellettuali si mobilita per difendere il diritto a diventare "tutti Bill Gates", a pochi chilometri di distanza il capitalismo americano mostra un volto diverso. La sentenza del giudice di San Francisco Martin Jenkins che ha autorizzato la causa collettiva contro la catena di supermercati Wal-Mart rivela forme di sfruttamento d´altri tempi: donne discriminate, dipendenti sottopagati, intimidazioni e ricatti anti-sindacali, racket dell´immigrazione clandestina. Wal-Mart e la Silicon Valley sono più vicini di quanto sembri, la superpotenza economica degli Stati Uniti si regge su questi due estremi.
Wal-Mart è il più grande datore di lavoro del mondo con 1,2 milioni di dipendenti distribuiti fra più di 3.600 supermercati e ipermercati. Dal 1962 è il paradiso dello shopping, il tempio dell´economia di mercato, il benefattore dei consumatori che grazie a una concorrenza sfrenata sui costi trovano da Wal-Mart tutto ciò che il mondo produce ai prezzi più bassi: dai Dvd-player ai computer, dai vestiti ai mobili, dalle medicine agli hamburger surgelati. Wal-Mart è diventato il più grosso importatore mondiale dall´Asia: si calcola che i suoi acquisti di "made in China" abbiano superato il valore di tutto ciò che l´Italia importa da quel paese (se Wal-Mart fosse una nazione indipendente sarebbe il decimo membro del Wto per volume di rapporti commerciali con la Cina).
Dietro l´ideologia del servizio al consumatore, sei donne decise a far valere i loro diritti hanno rivelato l´altra faccia di Wal-Mart. Tenacemente dal 2001 sei dipendenti hanno bussato a tutte le porte della giustizia americana finché il giudice Jenkins di San Francisco le ha ascoltate. Accogliendo il loro ricorso contro la discriminazione sessista, Jenkins ha scritto una nuova pagina negli annali delle battaglie giudiziarie: ha riconosciuto che il caso merita lo statuto di "class action", o causa collettiva, sicché tutte le donne che lavorano o hanno lavorato per Wal-Mart possono unirsi e diventare parte civile nello stesso processo. Il gigante della distribuzione dovrà vedersela con un esercito di 1,5 milioni di donne. E´ un record, la più grande class action nella storia degli Stati Uniti. E dovrà rispondere di accuse infamanti. Le sue dipendenti sono sistematicamente pagate meno: la busta paga di una donna è del 5% inferiore a quella di un uomo che ha un titolo di studio inferiore, minore anzianità e rendimento più basso. Le promozioni sono a senso unico, le donne rappresentano il 65% della forza lavoro nei ranghi bassi, il 33% dei capireparto, il 14% dei direttori di supermercato. Che questo sia il frutto di una politica deliberata lo dimostra un´immensa documentazione, con prove aneddotiche di capi che hanno detto alle dipendenti: voi siete qui per arrotondare il reddito familiare, scordatevi la carriera. Abbondano le denunce per minacce: contro quelle donne che osavano ribellarsi e protestare, scattavano rappresaglie.
Il clamore suscitato dalla class action di San Francisco riporta alla luce una lunga serie di controversie giudiziarie che si sono accumulate contro Wal-Mart. La più recente è una causa federale dopo l´arresto di 250 immigrati clandestini nell´ottobre scorso: lavoravano per le pulizie notturne dei supermercati e gli inquirenti federali accusano Wal-Mart di averli assunti sapendo che erano senza permesso di lavoro. Il clima di repressione anti-sindacale fa parte della leggenda di Wal-Mart. Per essere assunti bisogna passare al vaglio di un´indagine personale, chi è stato iscritto a un sindacato non ha chance. Il successo di Wal-Mart è costruito sul "non-unionized labor", la manodopera non organizzata da confederazioni. Lo si vede nel livello dei salari. Un cassiere guadagna poco più di mille dollari al mese, appena al di sopra della soglia ufficiale di povertà. Wal-Mart risparmia anche sulle polizze sanitarie. Una parte dei suoi dipendenti non ha assistenza in caso di malattia. Quelli che l´hanno, spesso non possono estenderla ai familiari: Wal-Mart li incoraggia a ricorrere all´assistenza gratuita per i poveri (Medicaid) se si ammalano il coniuge o i figli. Per questo la class action per discriminazione sessista riunisce alcuni movimenti della società civile - "The Impact Fund" di Berkeley, lo "Equal Rights Advocates" di San Francisco, il "Public Justice Center di Baltimora" - decisi a fare di questo processo un simbolo, come le prime battaglie di Ralph Nader contro il Big Business negli anni Sessanta.
Il chief executive di Wal-Mart, Lee Scott, sa che rischia grosso: nelle class action la grande industria spesso ha subito sconfitte memorabili, basta che le giurie popolari concedano un piccolo indennizzo pro capite per arrivare a pagamenti finali enormi quando la parte civile è così numerosa. Anche per un colosso che fa 256 miliardi di dollari di fatturato e 9 miliardi di profitti, il colpo può essere duro. Non a caso all´inizio di giugno Wal-Mart ha annunciato all´assemblea degli azionisti una «nuova struttura salariale».
Nel 2003 il sondaggio annuo della rivista Fortune ha nominato Wal-Mart come «l´azienda più ammirata degli Stati Uniti». Molti economisti e la stessa Federal Reserve hanno studiato il modello Wal-Mart di contenimento dei prezzi come uno degli ingredienti della forza economica americana: bassa inflazione, alta produttività, crescita sostenuta. Adesso gli esperti di marketing prevedono un contraccolpo. La cattiva pubblicità derivante dal processo potrebbe allontanare dagli ipermercati Wal-Mart una parte di clientela, quella con una coscienza civile più sensibile: per esempio la nuova élite californiana che ieri è scesa in piazza a Palo Alto, lottando per il diritto alle stock options milionarie.
Wal-Mart è il più grande datore di lavoro del mondo con 1,2 milioni di dipendenti distribuiti fra più di 3.600 supermercati e ipermercati. Dal 1962 è il paradiso dello shopping, il tempio dell´economia di mercato, il benefattore dei consumatori che grazie a una concorrenza sfrenata sui costi trovano da Wal-Mart tutto ciò che il mondo produce ai prezzi più bassi: dai Dvd-player ai computer, dai vestiti ai mobili, dalle medicine agli hamburger surgelati. Wal-Mart è diventato il più grosso importatore mondiale dall´Asia: si calcola che i suoi acquisti di "made in China" abbiano superato il valore di tutto ciò che l´Italia importa da quel paese (se Wal-Mart fosse una nazione indipendente sarebbe il decimo membro del Wto per volume di rapporti commerciali con la Cina).
Dietro l´ideologia del servizio al consumatore, sei donne decise a far valere i loro diritti hanno rivelato l´altra faccia di Wal-Mart. Tenacemente dal 2001 sei dipendenti hanno bussato a tutte le porte della giustizia americana finché il giudice Jenkins di San Francisco le ha ascoltate. Accogliendo il loro ricorso contro la discriminazione sessista, Jenkins ha scritto una nuova pagina negli annali delle battaglie giudiziarie: ha riconosciuto che il caso merita lo statuto di "class action", o causa collettiva, sicché tutte le donne che lavorano o hanno lavorato per Wal-Mart possono unirsi e diventare parte civile nello stesso processo. Il gigante della distribuzione dovrà vedersela con un esercito di 1,5 milioni di donne. E´ un record, la più grande class action nella storia degli Stati Uniti. E dovrà rispondere di accuse infamanti. Le sue dipendenti sono sistematicamente pagate meno: la busta paga di una donna è del 5% inferiore a quella di un uomo che ha un titolo di studio inferiore, minore anzianità e rendimento più basso. Le promozioni sono a senso unico, le donne rappresentano il 65% della forza lavoro nei ranghi bassi, il 33% dei capireparto, il 14% dei direttori di supermercato. Che questo sia il frutto di una politica deliberata lo dimostra un´immensa documentazione, con prove aneddotiche di capi che hanno detto alle dipendenti: voi siete qui per arrotondare il reddito familiare, scordatevi la carriera. Abbondano le denunce per minacce: contro quelle donne che osavano ribellarsi e protestare, scattavano rappresaglie.
Il clamore suscitato dalla class action di San Francisco riporta alla luce una lunga serie di controversie giudiziarie che si sono accumulate contro Wal-Mart. La più recente è una causa federale dopo l´arresto di 250 immigrati clandestini nell´ottobre scorso: lavoravano per le pulizie notturne dei supermercati e gli inquirenti federali accusano Wal-Mart di averli assunti sapendo che erano senza permesso di lavoro. Il clima di repressione anti-sindacale fa parte della leggenda di Wal-Mart. Per essere assunti bisogna passare al vaglio di un´indagine personale, chi è stato iscritto a un sindacato non ha chance. Il successo di Wal-Mart è costruito sul "non-unionized labor", la manodopera non organizzata da confederazioni. Lo si vede nel livello dei salari. Un cassiere guadagna poco più di mille dollari al mese, appena al di sopra della soglia ufficiale di povertà. Wal-Mart risparmia anche sulle polizze sanitarie. Una parte dei suoi dipendenti non ha assistenza in caso di malattia. Quelli che l´hanno, spesso non possono estenderla ai familiari: Wal-Mart li incoraggia a ricorrere all´assistenza gratuita per i poveri (Medicaid) se si ammalano il coniuge o i figli. Per questo la class action per discriminazione sessista riunisce alcuni movimenti della società civile - "The Impact Fund" di Berkeley, lo "Equal Rights Advocates" di San Francisco, il "Public Justice Center di Baltimora" - decisi a fare di questo processo un simbolo, come le prime battaglie di Ralph Nader contro il Big Business negli anni Sessanta.
Il chief executive di Wal-Mart, Lee Scott, sa che rischia grosso: nelle class action la grande industria spesso ha subito sconfitte memorabili, basta che le giurie popolari concedano un piccolo indennizzo pro capite per arrivare a pagamenti finali enormi quando la parte civile è così numerosa. Anche per un colosso che fa 256 miliardi di dollari di fatturato e 9 miliardi di profitti, il colpo può essere duro. Non a caso all´inizio di giugno Wal-Mart ha annunciato all´assemblea degli azionisti una «nuova struttura salariale».
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