Da La Repubblica del 24/06/2004
Originale su http://www.repubblica.it/2004/f/sezioni/scienza_e_tecnologia/spamming/...
"Ogni giorno avevo la casella intasata. Finché ho detto basta" Oltre al denaro, la sentenza sarà pubblicata sui quotidiani
Prima condanna per spamming "Mille euro come risarcimento"
Un precedente per tutti i navigatori che vogliono reagire. Il Garante: "Reattività sempre maggiore su questi temi"
di Sandro Foschi
ROMA - Un e-mail invitante annuncia un'offerta sensazionale. Un classico caso di spamming: messaggi pubblicitari non richiesti che intasano la casella di posta elettronica. Navigatori ormai abituati e rassegnati li cancellano, cercando di salvare le poche e-mail importanti tra il mucchio. Ma le cose stanno cambiando. Per la prima volta un'azienda che inviava queste e-mail è stata condannata. Per la prima volta i diritti violati di un navigatore sono stati riconosciuti e risarciti. Mille euro e altri 750 per le spese legali, oltre alla pubblicazione della sentenza sui maggiori quotidiani.
La vicenda comincia con una storia simile a tante altre. Un navigatore ha la casella postale intasata. "Tutte e-mail non richieste - dice - che mi riempivano la memoria, portavano virus, bloccavano il pc. Un giorno ho detto basta". E qui la storia cambia, perché il navigatore, Angelo Pisani di Napoli, è avvocato e presidente dell'associazione "Noi consumatori" che si batte per i diritti dei cittadini. Per lui basta significa prendere carta e penna e inviare al Giudice di pace una trentina di cause contro tutte le società spammatrici. La prima causa, iniziata in novembre contro un'azienda di articoli sportivi, è appena terminata.
"I messaggi pubblicitari di posta elettronica non richiesti e non preventivamente autorizzati - recita la sentenza - sono una violazione della legge sulla privacy e la società che li invia deve rispondere del comportamento illecito dei dipendenti". E' la prima condanna per spamming in Italia. L'azienda di articoli sportivi deve risarcire Angelo mille euro per danni patrimoniali e morali e 750 euro di spese legali. Come detto, il giudice ordina inoltre la pubblicazione del provvedimento, a spese dell'azienda, sui principali quotidiani e settimanali.
Lo spamming è vietato per legge. Viola il "Codice in materia di protezione dei dati personali". Sul sito dell'Autorità Garante si legge: "I messaggi di tipo informativo o pubblicitario possono essere inviati solo se il destinatario è stato preventivamente informato e ha manifestato liberamente il suo consenso". In caso contrario ci si può difendere in due modi: rivolgersi all'Autorità Garante per ottenere rapidamente un blocco dell'invio e-mail, o fare causa alla magistratura ordinaria per ottenere un risarcimento. Ci vuole più tempo e pazienza, ma Angelo ha dimostrato che ora è possibile togliersi la soddisfazione di colpire i mittenti direttamente nel portafoglio.
Ed è stato solo l'apripista. "A breve termine - dice Mauro Paissan, membro dell'Autorità Garante - potrebbero arrivare molti pronunciamenti della magistratura ordinaria. C'è una reattività sempre maggiore della gente". Mentre grandi aziende informatiche si stanno attrezzando per bloccare lo spamming, i navigatori dimostrano una inaspettata vitalità. Calpestare i loro diritti comincia a costare caro.
La vicenda comincia con una storia simile a tante altre. Un navigatore ha la casella postale intasata. "Tutte e-mail non richieste - dice - che mi riempivano la memoria, portavano virus, bloccavano il pc. Un giorno ho detto basta". E qui la storia cambia, perché il navigatore, Angelo Pisani di Napoli, è avvocato e presidente dell'associazione "Noi consumatori" che si batte per i diritti dei cittadini. Per lui basta significa prendere carta e penna e inviare al Giudice di pace una trentina di cause contro tutte le società spammatrici. La prima causa, iniziata in novembre contro un'azienda di articoli sportivi, è appena terminata.
"I messaggi pubblicitari di posta elettronica non richiesti e non preventivamente autorizzati - recita la sentenza - sono una violazione della legge sulla privacy e la società che li invia deve rispondere del comportamento illecito dei dipendenti". E' la prima condanna per spamming in Italia. L'azienda di articoli sportivi deve risarcire Angelo mille euro per danni patrimoniali e morali e 750 euro di spese legali. Come detto, il giudice ordina inoltre la pubblicazione del provvedimento, a spese dell'azienda, sui principali quotidiani e settimanali.
Lo spamming è vietato per legge. Viola il "Codice in materia di protezione dei dati personali". Sul sito dell'Autorità Garante si legge: "I messaggi di tipo informativo o pubblicitario possono essere inviati solo se il destinatario è stato preventivamente informato e ha manifestato liberamente il suo consenso". In caso contrario ci si può difendere in due modi: rivolgersi all'Autorità Garante per ottenere rapidamente un blocco dell'invio e-mail, o fare causa alla magistratura ordinaria per ottenere un risarcimento. Ci vuole più tempo e pazienza, ma Angelo ha dimostrato che ora è possibile togliersi la soddisfazione di colpire i mittenti direttamente nel portafoglio.
Ed è stato solo l'apripista. "A breve termine - dice Mauro Paissan, membro dell'Autorità Garante - potrebbero arrivare molti pronunciamenti della magistratura ordinaria. C'è una reattività sempre maggiore della gente". Mentre grandi aziende informatiche si stanno attrezzando per bloccare lo spamming, i navigatori dimostrano una inaspettata vitalità. Calpestare i loro diritti comincia a costare caro.
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