Da Corriere della Sera del 16/06/2004

IL CASO

Gli Stati Uniti rinviano la consegna di Saddam agli iracheni

di Ennio Caretto

WASHINGTON - Il governo iracheno chiede che al passaggio dei poteri il 30 gli venga consegnato Saddam Hussein, ma l’amministrazione americana risponde «a tempo debito» senza impegnarsi ad alcuna scadenza. E' il primo braccio di ferro tra Bagdad e Washington, e sottolinea quando sarà difficile il coordinamento dopo il ritiro dell'Autorità provvisoria alleata. Emerge all'improvviso, in un'intervista alla tv Cnn del premier iracheno Iyad Allawi: «Ne abbiamo parlato con il governatore Paul Bremer, e stiamo negoziando col Pentagono» rivela Allawi, un uomo ritenuto vicino alla Cia, il servizio segreto Usa. «Non vogliamo solo Saddam Hussein, vogliamo anche tutti gli altri criminali di guerra del suo regime. Devono rispondere alla nostra giustizia». Dapprima il Pentagono smentisce, ma poi conferma che la questione è sul tappeto.

E' il presidente Bush a rispondere: per ora no. A una conferenza stampa con il presidente afghano Ahmid Karzai dalla Casa Bianca, Bush spiega di voler essere sicuro «che Saddam, un assassino, un bandito che ha straziato il popolo iracheno con orrendi omicidi e torture, non possa scappare né ritornare al potere». E’ possibile, lascia intendere, che consegneremo il raìs a Bagdad. Ma prima devono essere stabilite le necessarie condizioni di sicurezza: «E' una istanza legittima quella che presentiamo al governo iracheno. Quando la soddisferà saremo pronti ad accordarci. Stiamo lavorando insieme per risolvere il problema». Bush non considera il rifiuto una violazione della sovranità del Paese che ospita le truppe americane: «E’ l'Iraq che chiede la nostra presenza e ci affida la sua difesa. Più tardi saprà fare da solo».

E' una precauzione che vale per l'intero entourage del raìs e per gli altri più importanti prigionieri di guerra: le truppe anglo-americane non ne cederanno il controllo per alcune settimane se non per alcuni mesi. La Casa Bianca non esclude tuttavia che per i loro processi i detenuti vengano trasferiti in carceri irachene presidiate da una forza multinazionale. I processi in sé non destano apprensione: tra gli avvocati figureranno esperti inglesi e americani, «i colpevoli dei crimini di guerra - dichiarano i portavoce - riceveranno la giusta punizione». Quasi a dimostrare che la sovranità del governo iracheno sarà reale, Bush svela comunque di non opporsi a che dialoghi con l'ayatollah Al Sadr, da lui definito «un fuorilegge», dialogo caldeggiato a Bagdad dal presidente Ghazi al Yawar. «E' una decisione che spetta loro» dice.

Quale potrebbe essere «il momento appropriato» - così lo chiama Bush - per il processo a Saddam Hussein da parte della giustizia irachena? La Casa Bianca non lo svela, ma i democratici sono convinti che esso comincerà poco prima delle elezioni di novembre negli Stati Uniti. In base alla Convenzione di Ginevra, il raìs può essere detenuto dagli americani finché dura la guerra. Attualmente, nessuno sa dove si trovi, né a che punto sia l'istruttoria aperta nei suoi confronti. Alla conferenza stampa con Karzai, Bush ignora ogni domanda in merito, e sposta il discorso sulla lotta al terrorismo e la ricostruzione dell'Iraq e dell'Afghanistan. Insiste che Saddam era alleato di Al Qaeda, promette la sconfitta dei ribelli iracheni e dei talebani nelle campagne in corso, e afferma che le elezioni che si terranno nei due Paesi tra pochi mesi li trasformeranno in «regni della libertà e democrazia».

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