Da La Repubblica del 14/06/2004
Il trionfo della leader della Cdu Angela Merkel: "La coalizione ha perso la fiducia dei tedeschi"
Germania, crollo di Schroeder trema l´alleanza rosso-verde
Spd ai minimi storici, sotto accusa le riforme economiche
La disfatta subita a metà legislatura dimezza l´autorità del cancelliere
di Andrea Tarquini
BERLINO - E´ Gerhard Schroeder, con il suo grande sogno di una terza via alla tedesca, il grande sconfitto delle elezioni europee e delle contemporanee regionali e comunali in Germania. Il cancelliere deciso a diventare il grande rinnovatore della sinistra in Germania da ieri rischia seriamente di passare alla storia come il leader politico responsabile del peggior risultato elettorale mai incassato dalla Spd, la socialdemocrazia, da quando è nata la Repubblica federale.
Secondo le proiezioni infatti il partito di governo è crollato al 22,2 per cento, raccogliendo meno della metà dei consensi (45,8 per cento) conquistati invece dalla Cdu-Csu di Angela Merkel e di Edmund Stoiber. Un astensionismo al massimo storico, visto che appena il 40,4 per cento degli elettori sono andati a votare, ha punito la sinistra rossoverde al potere, amplificando il malcontento contro tagli e riforme di welfare, pensioni, sanità.
La disfatta a metà legislatura trasforma Schroeder in un cancelliere dimezzato. E´ un voto di protesta che, se si fosse votato per le politiche nazionali, avrebbe sancito una chiara svolta a destra, un brusco cambio di maggioranza a Berlino. Ricordare il no alla guerra in Iraq e il pacifismo a oltranza contro Bush non è servito.
«E´ un risultato amaro», ha commentato Franz Muentefering, presidente della Spd. E in una dura autocritica che pesa anche come giudizio negativo sulla leadership del cancelliere, ha aggiunto: «Non siamo riusciti a creare tra i cittadini una sufficiente fiducia nel corso delle riforme». Una svolta nelle scelte strategiche a questo punto non è più esclusa, ha lasciato capire Muentefering: «Adesso al vertice bisognerà parlare apertamente su qual è la politica giusta».
Reazione esultante dalla leader del centrodestra, Angela Merkel. Arrivando nel tardo pomeriggio nell´ultramoderna sede del suo partito, la "Maggie Thatcher tedesca" ha colto la soddisfazione del suo trionfo più schiacciante. «E´ un bel giorno per la Cdu, per la Germania, per l´Europa», ha detto. «Il voto è un chiaro segnale che la politica del governo rossoverde non ha più l´appoggio della gente. Adesso chiederemo di avere più voce in capitolo».
Sia exit poll e proiezioni relative all´elezione dei 99 rappresentanti tedeschi al Parlamento europeo, sia i primi risultati delle regionali nel Land orientale della Turingia, fornivano il quadro di una disfatta epocale della socialdemocrazia. Alle europee, la Spd precipita infatti di ben 8,5 punti rispetto alle precedenti (1999) e crolla al 22,2 per cento. Mai nel dopoguerra democratico il più antico e illustre partito progressista del Vecchio continente era sceso così in basso. Al confronto persino il misero 28,8 per cento avuto dall´Spd nel 1953, quando i tedeschi dell´ovest votarono sull´onda della scelta europeista e occidentale e della brutale repressione della rivolta in Germania est, e che era stato finora il loro peggior risultato, sembra un esito lusinghiero. All´Europarlamento la Spd invierà appena 24 deputati, contro i 50 della Cdu-Csu.
Vanno bene a sinistra solo i Verdi di Joschka Fischer, che crescono di 4,6 punti salendo all´11,4 per cento. Crescono anche i neocomunisti dell´Est (Pds) con il 6,2 e i liberali (Fdp, alleati della Cdu-Csu) con il 6 per cento. In Turingia, intanto, il giovane premier democristiano Dieter Althaus va verso la conferma della maggioranza assoluta dei seggi al parlamento regionale di Erfurt. Nelle proiezioni infatti vola al 45,4 per cento contro il 25,9 dei neocomunisti. La Spd è appena il terzo partito con un misero 14 per cento, verdi e liberali restano sotto il quorum del 5 per cento. La stessa umiliazione, di finire al terzo posto, è riservata al partito del cancelliere per le europee dagli elettori della capitale. Dove all´ovest trionfano i democristiani, all´est gli eredi della dittatura di Honecker.
Dopo il voto, nulla sarà più come prima a Berlino. «E´ un segnale devastante per il governo», dice il politologo Hans-Juergen Hoffmann, e spiega: «Gli elettori sono stanchi di promesse vuote di rilancio economico. Schroeder dovrà cambiare politica, e con la massima urgenza». E la congiuntura debole mostra che le grandi riforme imposte dal cancelliere a base e sindacati non servono a rimettere in moto l´economia chiamata un tempo «Locomotiva d´Europa». Dietro le quinte, torna lentamente in scena, nella campagna elettorale locale nella sua Saar, il carismatico antagonista di sinistra di Schroeder, l´irriducibile Oskar Lafontaine.
Secondo le proiezioni infatti il partito di governo è crollato al 22,2 per cento, raccogliendo meno della metà dei consensi (45,8 per cento) conquistati invece dalla Cdu-Csu di Angela Merkel e di Edmund Stoiber. Un astensionismo al massimo storico, visto che appena il 40,4 per cento degli elettori sono andati a votare, ha punito la sinistra rossoverde al potere, amplificando il malcontento contro tagli e riforme di welfare, pensioni, sanità.
La disfatta a metà legislatura trasforma Schroeder in un cancelliere dimezzato. E´ un voto di protesta che, se si fosse votato per le politiche nazionali, avrebbe sancito una chiara svolta a destra, un brusco cambio di maggioranza a Berlino. Ricordare il no alla guerra in Iraq e il pacifismo a oltranza contro Bush non è servito.
«E´ un risultato amaro», ha commentato Franz Muentefering, presidente della Spd. E in una dura autocritica che pesa anche come giudizio negativo sulla leadership del cancelliere, ha aggiunto: «Non siamo riusciti a creare tra i cittadini una sufficiente fiducia nel corso delle riforme». Una svolta nelle scelte strategiche a questo punto non è più esclusa, ha lasciato capire Muentefering: «Adesso al vertice bisognerà parlare apertamente su qual è la politica giusta».
Reazione esultante dalla leader del centrodestra, Angela Merkel. Arrivando nel tardo pomeriggio nell´ultramoderna sede del suo partito, la "Maggie Thatcher tedesca" ha colto la soddisfazione del suo trionfo più schiacciante. «E´ un bel giorno per la Cdu, per la Germania, per l´Europa», ha detto. «Il voto è un chiaro segnale che la politica del governo rossoverde non ha più l´appoggio della gente. Adesso chiederemo di avere più voce in capitolo».
Sia exit poll e proiezioni relative all´elezione dei 99 rappresentanti tedeschi al Parlamento europeo, sia i primi risultati delle regionali nel Land orientale della Turingia, fornivano il quadro di una disfatta epocale della socialdemocrazia. Alle europee, la Spd precipita infatti di ben 8,5 punti rispetto alle precedenti (1999) e crolla al 22,2 per cento. Mai nel dopoguerra democratico il più antico e illustre partito progressista del Vecchio continente era sceso così in basso. Al confronto persino il misero 28,8 per cento avuto dall´Spd nel 1953, quando i tedeschi dell´ovest votarono sull´onda della scelta europeista e occidentale e della brutale repressione della rivolta in Germania est, e che era stato finora il loro peggior risultato, sembra un esito lusinghiero. All´Europarlamento la Spd invierà appena 24 deputati, contro i 50 della Cdu-Csu.
Vanno bene a sinistra solo i Verdi di Joschka Fischer, che crescono di 4,6 punti salendo all´11,4 per cento. Crescono anche i neocomunisti dell´Est (Pds) con il 6,2 e i liberali (Fdp, alleati della Cdu-Csu) con il 6 per cento. In Turingia, intanto, il giovane premier democristiano Dieter Althaus va verso la conferma della maggioranza assoluta dei seggi al parlamento regionale di Erfurt. Nelle proiezioni infatti vola al 45,4 per cento contro il 25,9 dei neocomunisti. La Spd è appena il terzo partito con un misero 14 per cento, verdi e liberali restano sotto il quorum del 5 per cento. La stessa umiliazione, di finire al terzo posto, è riservata al partito del cancelliere per le europee dagli elettori della capitale. Dove all´ovest trionfano i democristiani, all´est gli eredi della dittatura di Honecker.
Dopo il voto, nulla sarà più come prima a Berlino. «E´ un segnale devastante per il governo», dice il politologo Hans-Juergen Hoffmann, e spiega: «Gli elettori sono stanchi di promesse vuote di rilancio economico. Schroeder dovrà cambiare politica, e con la massima urgenza». E la congiuntura debole mostra che le grandi riforme imposte dal cancelliere a base e sindacati non servono a rimettere in moto l´economia chiamata un tempo «Locomotiva d´Europa». Dietro le quinte, torna lentamente in scena, nella campagna elettorale locale nella sua Saar, il carismatico antagonista di sinistra di Schroeder, l´irriducibile Oskar Lafontaine.
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