Da La Repubblica del 14/06/2004
Originale su http://www.repubblica.it/2004/f/sezioni/politica/risu2004/scomgia/scom...

IL COMMENTO

La scommessa perduta

di Massimo Giannini

"Io sconfitto? Non mi occupo di ipotesi che stanno fuori dalla realtà". L'aveva detto Berlusconi, solo una settimana fa. Adesso che ha perso, lui che ha studiato dai gesuiti dovrà riflettere. E ricordarsi la vecchia massima di Parmenide, che diceva "tutto ciò che è reale è razionale". Ogni fatto ha una sua spiegazione.

La sconfitta del Cavaliere è un fatto. L'unico fatto certo, secondo le proiezioni della notte. E la spiegazione è che l'Italia gli ha voltato le spalle. La stessa Italia che solo tre anni fa aveva regalato a lui un plebiscito personale, al suo partito-azienda un trionfo epocale con il 29,8% dei voti, alla sua coalizione una maggioranza bulgara del 50% al proporzionale. La stessa Italia, oggi, punisce il premier. Riduce il partito azzurro, secondo i dati parziali, a un misero 20,5%.

Disastroso, perché lo stesso Berlusconi, nel comizio abusivo di sabato a urne aperte, si era impiccato ad un pronostico "sicuramente superiore al 25%". Disastroso, perché equivale a una flessione di quasi 4 punti rispetto alle europee del '99, e soprattutto a un crollo di quasi 8 punti rispetto al risultato proporzionale delle politiche del 2001.

Ma se l'Italia volta le spalle al Cavaliere, non lo fa ancora per girarsi dalla parte opposta. Se Berlusconi è uno sconfitto sicuro, sembra emergere anche uno sconfitto probabile. E' la lista unitaria del centrosinistra, inventata e ispirata a Romano Prodi. In base alle proiezioni notturne e salvo inversioni di tendenza nella giornata di oggi, il "listone" si pianterebbe a un deludente 30,6%. Meno della somma dei quattro partiti che lo compongono. Se questo dato venisse confermato, suonerebbe come una bocciatura a un progetto riformista e riformatore, del quale evidentemente gli elettori non hanno compreso la natura e gli obiettivi.

Si tratterebbe tuttavia di una bocciatura parziale. Intanto perché il centrosinistra, secondo le proiezioni della notte, arriverebbe comunque al 44,3%, e diventerebbe addirittura maggioranza nel Paese, realizzando il sorpasso ai danni del centrodestra (che senza il Nuovo Psi e la Lista Sgarbi arretrerebbe al 43,7%). E poi perché se la lista Prodi non decolla alle europee, l'opposizione guadagna comunque terreno alle amministrative. Stravince al primo turno le regionali in Sardegna con Soru, ottiene la sospirata riscossa alle comunali di Bologna con Cofferati, strappa il municipio di Bari al Polo con Emiliano, e minaccia di sconfiggere addirittura Ombretta Colli alla provincia di Milano.

Nell'ingegneria delle coalizioni, in ogni caso, la debacle di Berlusconi pesa molto di più. E' impossibile non caricare questo voto di significato politico generale. E' stato proprio Berlusconi a volerlo. Sarebbe stato giusto e opportuno discutere della futura "potenza europea", in questa campagna elettorale. Ma come ha scritto Barbara Spinelli sulla Stampa, questo voto è stato "sequestrato e snaturato". L'Europa e le sue prospettive incerte, la sua Costituzione e la riforma delle sue istituzioni, non sono mai entrate nell'orizzonte propagandistico del Cavaliere. Tutto rinchiuso su se stesso. Riflesso nello specchio del suo narcisismo leaderistico. O con me o contro di me: questa è stata, anche stavolta, la logica binaria che Berlusconi ha imposto al Paese. Radicalizzando la contesa elettorale, fino alla torsione di tutte le regole formali e sostanziali. Cannibalizzando il rapporto con gli alleati, fino alla teorizzazione del non voto ai partiti minori. Criminalizzando l'opposizione, fino alla riedizione della ridicola pregiudiziale anti-comunista.

Un referendum sulla sua persona: ecco il senso vero di questo test di medio termine, implicitamente ed esplicitamente trasfigurato dal Cavaliere. Coerente con la sua visione insieme mistica, personalistica e populistica del mandato elettorale.

Se questa era la scommessa, il Cavaliere l'ha perduta. La maggioranza attuale, com'è ovvio, non va a casa. Ma sotto il profilo quantitativo e qualitativo il gioco dei flussi elettorali rimescola pesantemente le carte dentro il centrodestra. La caduta di Forza Italia non si traduce in astensione pura e semplice. Piuttosto, propizia un rafforzamento del cosiddetto "sub-governo" An-Udc dentro la Cdl, e produce una frammentazione delle liste satelliti che gli ruotano attorno. Fini perde consensi alla sua destra, che gli erode circa 2% percentuali tra la Mussolini e la Fiamma: ma si difende al centro, e non vede penalizzate le sue scelte "riformiste", dalla piena riconciliazione con la cultura ebraica alla svolta multirazziale sugli immigrati. Follini drena consensi al partito azzurro, e vede premiata la linea di moderatismo istituzionale e di autonomizzazione politica accentuata in questi ultimi mesi. Senza Bossi, la Lega non vola più. E' pura resistenza, e vive sul piano politico il dramma che il suo leader sta vivendo sul piano umano.

Il combinato disposto di queste dinamiche lascia pensare che da oggi in poi l'asse Berlusconi-Tremonti, non più difeso dalla blindatura del Senatur, sia destinato a cedere. Stretto nella morsa concentrica di Fini e Follini. Nella seconda metà della legislatura An e Udc possono esigere un rimpasto, se non un Berlusconi-bis, che ha nel ministero dell'Economia la posta in palio più preziosa e strategica. Al tempo stesso, la perdita di potere a livello locale, per una classe dirigente arrivata a gestirlo solo da pochi anni, può innescare processi di disgregazione che oggi è difficile prevedere.

Nell'insieme, se i dati finali confermassero le prime proiezioni, dalle urne uscirebbe un'Italia meno governabile, più insofferente e frammentata. L'affermazione delle liste minori, insieme alla perdita di capacità attrattiva delle forze centrali dei due poli, rischia di segnare una battuta d'arresto per il pluralismo polarizzato che l'Italia ha faticosamente conosciuto in questo decennio. E di aprire la strada alle tentazioni dei "neo-prop": di quelli cioè che, a vario titolo, puntano a un ritorno al passato, alla deriva proporzionalista. Una tentazione che persino il Cavaliere potrebbe nutrire, dopo aver preso atto che, come aveva previsto Norberto Bobbio, ormai il berlusconismo non coincide con la biografia della nazione.

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