Da La Repubblica del 10/06/2004
Originale su http://www.repubblica.it/2004/f/sezioni/politica/ostliberi/videose/vid...

C'è un mistero sull'ultimo messaggio spedito ad Al Jazeera. In alcuni fotogrammi sparito un messaggio a chi trattava

Una frase su un foglietto il giallo del video tagliato

E Palazzo Chigi si appropria del blitz dell'amico americano

di Carlo Bonini, Giuseppe D'Avanzo

Nel tentativo del governo di "tagliarsi una fetta della torta" per la liberazione degli ostaggi c'è un messaggio rimasto segreto e destinato ad un'organizzazione umanitaria (Emergency o Croce rossa). Un tassello che non ha spazio nella necessità di Palazzo Chigi di trovare un ruolo alla nostra diplomazia, all'intelligence militare e alle scelte dell'esecutivo. Un tassello assente, come vedremo, in una ricostruzione che ha avuto finora diversi capitoli. Il primo è l'angoscia con cui a Palazzo Chigi sono stati consumati gli ultimi giorni. Con il corollario di partenze "con il cuore in gola" del presidente del Consiglio. O, ancora, di "infiltrazioni" della nostra intelligence nel gruppo dei sequestratori

Conviene elencare allora i punti fermi e qualche questione contraddittoria per il governo. Sostenuti gli uni e le altre da più fonti direttamente coinvolte nell'operazione.

Contrariamente a quanto assicurato dall'esecutivo, la nostra intelligence militare, con la liberazione degli ostaggi, non ha nulla a che fare. Ci sono tre circostanze che lo confermano. Le testimonianze degli ostaggi. Il racconto delle forze speciali polacche. I cable inviati dall'intelligence americana di Bagdad a Washington. Le cose sono andate così. Da quando il generale Ricardo Sanchez, comandante del teatro operazioni iracheno, ha avvisato il nostro ambasciatore Gianludovico De Martino della decisione del blitz, sono trascorsi soltanto 50 minuti per incassare il via delle autorità di governo italiane ("... e il vostro ambasciatore avrebbe potuto essere anche più rapido"). A quel punto, sono intervenute soltanto le forze americane. Anche le teste di cuoio del "Grom" polacco sono state tenute lontane dal terreno. Racconta il portavoce del ministero degli esteri di Varsavia, Boguslaw Maievsky: "Gli americani hanno segretato l'intera operazione. La decisione, a quanto ne sappiamo, è delle Forze speciali che hanno condotto l'operazione. Noi non possiamo che adeguarci e attendere che ci venga riferito cosa è accaduto". "La verità - aggiunge il generale di divisione Mieczyslaw Bieniek - è che i Grom non sanno neanche fino in fondo dove e che cosa hanno organizzato le forze speciali americane per liberare con i tre italiani il cittadino polacco".

A Washington, come ovvio, non svelano il segreto dell'operazione, ma nelle unità di intelligence interessate all'affare, trapela un frammento di verità. "Si è trattato di un'operazione facile facile. Non è stato sparato un colpo. Tutto è finito in pochi minuti e con un volo di elicottero di dieci minuti ci siamo riportati gli ostaggi a Bagdad". Dunque gli ostaggi non erano nel sud della capitale irachena come, per tutta la giornata di martedì hanno ripetuto Palazzo Chigi e la Farnesina, ma nell'area di Ramadi, a nord ovest della città. Più o meno centodieci chilometri da Bagdad. Più o meno, appunto, dieci minuti di volo in elicottero. Lo confermano anche i tre ostaggi italiani che ieri sono stati interrogati dai pm Franco Ionta, Pietro Saviotti e Erminio Amelio. "Eravamo rinchiusi in un appartamento in un'area urbana. Ci hanno prelevato gli americani. Siamo rientrati a Bagdad in elicottero".

Riepiloghiamo. Soltanto americani sul terreno. Soltanto americani accanto agli ostaggi. Operazione segretata. Il protagonismo pieno delle teste di cuoio americane giustifica l'assoluto vuoto di notizie riguardo al numero dei carcerieri e alla loro identità. E' un'altra circostanza che conferma l'assenza della nostra intelligence dall'operazione. Allo stato delle cose, il Sismi non è stato ancora in grado di riferire al Governo e alla magistratura quanti uomini, al momento del blitz, tenessero sotto sorveglianza gli ostaggi, né chi fossero.

Maurizio Agliana, Umberto Cupertino e Salvatore Stefio, con la loro testimonianza, ridimensionano la ricostruzione ufficiale di Palazzo Chigi.

Il governo ha spiegato che domenica 6 giugno il Sismi localizza la prigione grazie allo spostamento degli ostaggi. Ma domenica 6 giugno gli ostaggi - come hanno riferito ieri ai magistrati - non sono stati spostati da quell'appartamento nell'area urbana in cui sono stati rintracciati. Anzi - hanno concordato negli interrogatori individuali - Agliana, Cupertino e Stefio hanno detto di aver cambiato più prigioni, ma "l'ultima volta è stato 4, 5 giorni prima della liberazione".

Anche qui, quindi, la ricostruzione ufficiale del governo fa acqua. E, soprattutto, nel bilancio dei fatti di queste ore manca un tassello essenziale, collegato all'ultimo video conosciuto, Al Jazeera, 31 maggio scorso. In quelle immagini c'è un vuoto nero. Repubblica è in grado di ricostruirlo. E' Salvatore Stefio che parla. Mostra un foglietto. Sul foglietto c'è scritto: "Bisogna vivere sempre sognando l'impossibile. A presto!". Mostrando il foglietto, si ascolta il suono di un campanello. Sono i due segnali convenuti per dire all'organizzazione umanitaria che sta trattando che ha trovato il canale giusto e che l'approdo può essere vicino. Al Jazeera non manda in onda questo frammento. Ritiene troppo sfocata l'immagine del foglietto e inutile orpello il suono del campanello. Sta di fatto che questa circostanza dimostra che il 31 maggio un'organizzazione umanitaria (Emergency? Croce rossa?) era a un passo dalla soluzione del sequestro. A quale prezzo, ammesso che ci fosse un prezzo da pagare?

In realtà, dunque, questo caso degli ostaggi, non ha misteri "in coda". Per dirla con i polacchi, "casualmente, fortunosamente, inaspettatamente", l'intelligence di Varsavia ha trovato con Jerzy Kos, imprenditore della ditta "Jedynka" di Wroclaw, gli ostaggi italiani. La fonte utilizzata dai polacchi indica la banda dei sequestratori, non il luogo. Al luogo si arriva grazie ad una fonte prezzolata degli americani e di cui gli americani si fidano, ma non tanto da tirare l'affare per le lunghe (esistevano indicazioni che quella stessa fonte si preparasse a "comprare gli ostaggi" per poi aprire una nuova trattativa).

Il resto, come si può leggere qui accanto, è storia di un Predator decollato dal Qatar, di un blitz di 120 soldati della prima divisione corazzata, sostenuti da una quindicina di uomini della Delta Force. La grancassa mediatica del presidente del Consiglio per un'intera giornata, alla fine non trova né un appiglio, né una conferma. Nessuna tormentata "direzione politica di Silvio Berlusconi", nessun "nuovo modello di integrazione tra diplomazia, intelligence, aiuti umanitari e forze armate" (ministro degli Esteri Franco Frattini). Nessuna "decisiva attività di informazione del Sismi". Sono, questi, capitoli di propaganda elettorale.

I misteri di questo affare restano legati alla prima fase del sequestro. Fu pagato un riscatto nei primi giorni alle persone sbagliate? Quali erano i canali che avevano assicurato a Palazzo Chigi l'imminente liberazione degli ostaggi, al punto da convincere Berlusconi a dichiarare il suo ottimismo e il suo staff ad annunciare la soluzione del caso "ad horas"? Per quale motivo tutti gli operativi del Sismi, perlomeno dalla fine di maggio, hanno ricevuto l'ordine di abbandonare Bagdad e quindi il terreno delle operazioni? E chi, nell'intelligence o nel governo, ha rafforzato la convinzione raccolta poi dai media e dalla maggioranza che nel gruppo dei sequestratori di Agliana, Cupertino e Stefio e degli assassini di Fabrizio Quattrocchi ci fosse un cittadino italiano determinato a condizionare l'agenda politica del nostro Paese?

Non c'era nessun italiano. E' un altro fatto certo. Confermato dalle testimonianze degli ostaggi e finalmente anche dall'unità di crisi della Farnesina: "Non c'è mai stato nessun cittadino italiano tra i sequestratori". Ma, come riferito dagli ostaggi, "soltanto un arabo che comprendeva l'italiano e lo parlava a stento".

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