Da La Repubblica del 10/06/2004

Presentato tra gli applausi da Bush, al Jawar ha espresso gratitudine per la risoluzione dell´Onu

La star è il presidente iracheno "Così cambierò il mio Paese"

Ospite d´onore al G8 ottiene la riduzione del debito

Primo incontro con il nuovo capo dello Stato: "Oggi è un giorno speciale"

di Alberto Flores D'Arcais

SAVANNAH - «Oggi è una giornata speciale per il mondo libero». Sorride Bush stringendo la mano a Ghazi Ajil al Jawar e quello che formalmente è il successore di Saddam Hussein ricambia sorridendo soddisfatto. Nell´isola dei miliardari al largo della Georgia, la presenza di questo leader tribale sunnita vestito con il tradizionale abito arabo, una tunica marrone e bianca e il capo coperto, sembrava quasi fuori luogo; lui, Jawar, sembrava un po´ a disagio in mezzo agli uomini più potenti del mondo, vestiti quasi tutti "casual", come dei ricchi in vacanza. Un disagio che è durato poco, perché alla fine il protagonista mediatico del G8 è stato proprio lui; l´uomo che simboleggia i "successi" ottenuti dalla Casa Bianca di George W. Bush nella "guerra" condotta contro il terrorismo e nella "visionaria" missione di portare libertà e democrazia, i "valori dell´occidente" in una regione (appunto il Grande Medio Oriente) che parte dall´Afghanistan, passa per gli Emirati, e da Israele arriva ad est fino al Maghreb.

George W. lo incontra in un faccia a faccia, dopo averlo già salutato al dibattito sul Grande Medio Oriente. Lì, seduto vicino ad Ahmed Karzai - il presidente dell´Afghanistan salito al potere dopo che i caccia americani e i reparti speciali dei marines hanno rovesciato il regime medievale dei taliban e distrutto le basi di Al Qaeda - Ghazi Ajil al Jawar aveva potuto conversare, in una sorte di "primus inter pares", con i leader di paesi arabi ed islamici come Bahrain, Yemen, Turchia, Giordania e Algeria.

«Oggi è una giornata speciale per il mondo libero, che arriva dopo che le Nazioni Unite hanno inviato un chiaro messaggio al mondo intero», dice Bush scandendo le parole. Jawar annuisce e risponde in inglese fluente ringraziando gli Stati Uniti per avere riportato la democrazia in Iraq e garantendo a Bush «l´impegno del popolo iracheno per la trasformazione del paese in una entità libera e democratica», in un Iraq che sarà «fonte di stabilità in Medio Oriente». Il presidente americano aggiunge, tra il lampeggiare dei flash e il ronzio delle telecamere, di avere «una grande fiducia nel futuro del vostro paese, la nostra intenzione è di parlare con voi ma anche di ascoltarvi».

Un altro successo mediatico per il G8 di Bush, ma anche nel caso di Jawar il successo si ferma per il momento alle foto e ai simboli. Dietro le quinte del "palcoscenico G8" la realtà nella terra del successore di Saddam Hussein è ancora molta lontana dal grande futuro auspicato da Bush: ed è una realtà fatta ancora di morti, autobombe, agguati, in cui la democrazia e la libertà sono ancora tutte da costruire.

Jawar ne è consapevole, sa di essere stato portato lì quasi come un trofeo, esempio da mostrare agli altri potenti della terra ma soprattutto ai capi di Stato e ai leader di quei paesi arabi che ieri erano qui a fare da cornice al progetto Grande Medio Oriente. E´ consapevole e sa anche di essere qui come un presidente senza poteri, mentre il vero uomo degli americani resta il premier Allawi, l´"uomo della Cia". Bush sorride: «Vogliamo aprire la strada a lei e al popolo iracheno, specie a quanti hanno il profondo desiderio di vivere in una società libera». E lo ringrazia per avere avuto il coraggio di farsi avanti e di assumersi la leadership: «Le daremo l´effettiva sovranità sul suo paese». Parole accompagnate da un fatto preciso. L´accordo fra i Grandi per ridurre del 50 per cento il debito estero iracheno, stimato fra i 120 e 124 miliardi di dollari (anche se gli Usa volevano il 60 per cento).

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