Da Corriere della Sera del 11/06/2004

Bush, marcia indietro sulla Nato a Bagdad

Al termine del G8 il presidente incassa il «no» di Francia, Germania e Russia sull’invio di truppe in Iraq

di Ennio Caretto

SAVANNAH (Usa )- «Non mi aspetto più truppe della Nato, non sarebbe realistico. Mi aspetto che l'Iraq sovrano ci dica di che cosa ha bisogno, a esempio istruttori militari. E la Nato sarebbe l'organizzazione capace di fornirli». Dal palco del Palazzo dei congressi George Bush spiega quale compromesso potrebbe scaturire al vertice dell'Alleanza a Istanbul il 28 e 29 prossimi. E' qualcosa in più di un tentativo di superare i contrasti con Jacques Chirac - e ieri anche con Gerhardt Schröder e Vladimir Putin - su un intervento della Nato. E' un ridimensionamento delle sue richieste, un passo indietro. L'obiettivo, si giustifica il presidente, «è dare una faccia irachena non americana alla sicurezza a Bagdad», di addossare a poco a poco agli iracheni la responsabilità del loro Paese.

Alla fine del G8 di Sea Island, paradiso di miliardari, Bush non segna un altro trionfo come quello di martedì, quando l'Onu approvò all'unanimità la risoluzione 1546. Negli ultimi colloqui, il presidente insiste pesantemente sulla presenza militare della Nato a Bagdad, ma i leader francese e tedesco si oppongono e dall'esterno quello russo li spalleggia. Bush riscuote più consensi su Israele: il G8 abbraccia il piano Sharon per il ritiro degli insediamenti israeliani da Gaza e da parte della Cisgiordania e spinge il Quartetto - Usa, Ue, Onu e Russia - a ritornare in Medio Oriente prima della fine del mese. «La libertà e la democrazia nella regione - proclama - sono l'imperativo della nostra epoca». Alla conferenza stampa conclusiva, diventa chiaro che il presidente è stato costretto a fare agli alleati numerose concessioni.

A differenza di quello con «l'amico» Berlusconi, Bush non cancella l'incontro bilaterale con «il nemico» Chirac: ne ha tanto bisogno quanto ne ebbe all'Onu, sebbene gli abbia già detto «no» alle truppe per Bagdad. A colloquio terminato, Bush riferisce di essere tornato alla carica: «Abbiamo discusso della Nato, della nostra partnership nella Nato e della questione se la Nato abbia o no un ruolo forte in Iraq». Chirac tace. Ma in una inattesa intervista alla tv Schröder, che il giorno prima si era defilato, è esplicito: «Voglio mettere in guardia su un intervento Nato in Iraq, non aumenterebbe necessariamente la sicurezza. Che la risoluzione dell'Onu abbia successo è un problema aperto. Non sono ottimista». Precisa che se la Nato decidesse di intervenire, la Germania non si opporrebbe ma non invierebbe soldati a Bagdad.

Secondo la Casa Bianca, Chirac «è attento ma non negativo, si muove cautamente nella nostra direzione» e il rapporto con Schröder «è produttivo». Un portavoce dice che «la Nato potrebbe aumentare il suo contributo aiutando la Polonia e l'Inghilterra nelle zone in cui operano». Ma Putin, che teme di essere emarginato dall'Iraq e dimostra gelo nei confronti di Bush, martella sulla sua proposta accolta dall'Onu: una Conferenza internazionale simile a quella del 2002 sull'Afghanistan. Come la Germania e la Francia, ma per motivi diversi, la Russia ritiene che «fare sventolare la bandiera della Nato a Bagdad sarebbe un errore».

Alla conferenza stampa, Bush preferisce concentrarsi sul Medio Oriente. Il G8 gli ha dato più soddisfazione, esortando i palestinesi a non perdere «il momento storico», scrive il comunicato, di un inizio di disimpegno di Israele. Di fronte ai giornalisti di tutto il mondo, Bush tiene uno show senza precedenti, con applausi finali. Tra battute spiritose e risposte secche, minimizza le critiche, che sono tante: di aver sbagliato in Iraq, di aver permesso le torture dei detenuti iracheni, di essersi alienato l'Europa. Il presidente, irrefrenabile, riesce persino a sostenere di «nutrire rispetto per l'Onu» dopo averlo demolito l'anno passato, di godere della massima collaborazione europea, di credere che l'immagine dell’America sia all'apice. Chiude con un peana alla troika Chirac, Schröder e Putin, «ottimi amici». Quando litighiamo, dice tra le risate, ci mettiamo in un angolo con il volto al muro.

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