Da Corriere della Sera del 09/06/2004

VISTO DA PARIGI

Il conflitto

La Forza multinazionale sarà sotto comando americano ma il governo ad interim potrà chiederne il ritiro

di Ennio Caretto

SAVANNAH - Per Bush che ospita il G8 sulla lucente costa della Georgia è il giorno più bello in Iraq da quello dell'abbattimento della statua di Saddam a Bagdad quattordici mesi fa. La risoluzione dell'Onu, la numero 1546, sul passaggio dei poteri agli iracheni viene approvata all'unanimità al Palazzo di Vetro di New York. Il presidente non nasconde il proprio entusiasmo: «Sono felicissimo. Certa gente diceva che non sarebbe stato possibile. Invece il voto dimostra che i membri del Consiglio di sicurezza vogliono lavorare insieme per rendere l'Iraq libero, pacifico e democratico». E all’incontro con il presidente russo Putin, gli dice: «Grazie dell’appoggio, Vladimir!». Risponde l’ospite: «Senza paura di esagerare, è un grande passo in avanti». Ma poi ammonisce: «Ci vorrà molto tempo perché la risoluzione si traduca in reali cambiamenti sul terreno».

E' il giorno più bello anche per i rapporti Usa-Ue dall'autunno del 2002, quando all'Onu l'America ruppe con la «vecchia» Europa, il giorno della loro ricucitura. Bush lo rileva nell'incontro col cancelliere tedesco Schröder, uno degli ex critici: «La nostra alleanza è eterna». Il premier inglese Blair esulta: «E’ una pietra miliare del nuovo Iraq: Vogliamo tutti lasciare le divergenze alle spalle». Non poteva esserci miglior inizio del G8 per Bush. Il suo trionfo personale rafforza le prospettive d'accordo sul suo piano di riforme politiche, economiche e sociali in Medio Oriente dove, sostiene, «l'Iraq diverrà un fattore di cambiamento». Rilancia la guerra al terrorismo, su cui il G8 si pronuncerà nel corso dei lavori. Giustifica i Paesi alleati che lo hanno spalleggiato, tra cui l'Italia. E allevia il peso dell'Iraq sugli Usa. Bush dice di non aspettarsi massicci invii di truppe alleate né ingenti aiuti finanziari. Ma c'è già sul tappeto il progetto di una forza di protezione dell'Onu in Iraq di 4 mila uomini, tra cui forse anche arabi. E soprattutto, c'è la prospettiva di una forte presenza dell'Ue.

Sul piano economico, l'Ue decide di versare all'Iraq 200 milioni di euro all’anno, in aggiunta agli aiuti dei singoli Paesi membri. Sul piano politico, s'impegna a mandare osservatori alle elezioni di gennaio, e discute l'apertura di una missione a Bagdad. Né esclude di fornire un contingente militare che assumerebbe il controllo della zona attualmente affidata ai polacchi, in alternativa alla Nato. Il segretario dell'Alleanza De Hoop Scheffer commenta che «se l'Iraq e l'Onu ci chiedessero dei soldati, non si potrebbero chiudere gli occhi», ma poi evidenzia che la Nato sta già assumendo grossi oneri in Afghanistan.

Il Consiglio di sicurezza vota alla fine di una giornata tumultuosa che vede i telefoni scottare tra New York, le grandi capitali europee e Savannah. L'ambasciatore americano John Negroponte lo giudica un evento storico: «E' una vivida dimostrazione di consenso. Bagdad potrà chiedere o rifiutare l'aiuto della forza multinazionale altresì nel settore della sicurezza». E' il giorno più bello anche per l'Iraq del dopo Saddam. Il presidente iracheno Ghazi al Yawer, che a Washington incontra il segretario di Stato Colin Powell e oggi avrà verrà ricevuto da Bush al G8, rileva con slancio che la risoluzione «sancisce la nostra piena sovranità». Il ministro degli Esteri Zebari aggiunge che «termina l'occupazione e legittima la transizione». Entrambi pensano che il compito più urgente «sia provvedere da soli alla sicurezza».

Rispetto alla battaglia di un anno e mezzo fa all'Onu, la strada dell'accordo è stata rapida e indolore. Il merito è sia dell'Europa che, con la Russia e la Cina, ha chiesto numerosi emendamenti alle quattro bozze di risoluzione, sia degli Usa che li hanno fatti. Tra i principali: il diritto del governo iracheno di invitare in qualsiasi momento la forza multinazionale ad andarsene; l'indipendenza del suo esercito e della sua polizia dal comando americano; la scadenza del mandato Onu della forza nel dicembre 2005, al secondo round elettorale; e l'obbligo della coalizione di coordinarsi con Bagdad anche per le operazioni militari più delicate. Come ha osservato il presidente della Commissione dell'Ue, Romano Prodi, la risoluzione getta le basi di un nuovo Iraq, segna il ritorno degli Usa al multilateralismo e restituisce all'Onu l'autorità perduta.

La ritrovata unità dell'Occidente sarà però duramente messa alla prova sul terreno, come, oltre a Putin, notano l'Algeria e la Spagna, che definiscono la risoluzione «imperfetta». Il passaggio dei poteri agli iracheni il 30 giugno non garantisce un calo delle ostilità, al contrario rischia di aumentarle. E all'Onu si profila un altro scontro politico, questa volta sulla riforma del Consiglio di sicurezza: ieri Bush ha promesso a Koizumi e Schröder di appoggiare l'ingresso del Giappone e della Germania tra i membri permanenti, un posto a cui aspira anche l'Italia.

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