Da La Repubblica del 08/06/2004

"Veto iracheno", l´ultimo nodo

Usa e Francia, trattativa nella notte sulla risoluzione

Sul diritto di Bagdad a opporsi a operazioni militari di rilievo
La bozza americana non accoglie ancora le richieste di Parigi
Powell: "Lavoreremo in completo accordo con le nuove autorità locali"

di Alberto Flores D'Arcais

SAVANNAH - Per Condoleezza Rice sarà votata entro un "paio di giorni", l´ambasciatore Usa all´Onu Negroponte preme perché il voto sia stasera, la Francia dice che serve "ancora" qualche ritocco, Russia e Cina vogliono discutere ancora un po´.

La risoluzione delle Nazioni Unite sull´Iraq è praticamente fatta. Una nuova bozza, la "numero 4", è stata presentata ieri da Stati Uniti e Gran Bretagna ed è stata discussa dai quindici paesi del Consiglio di Sicurezza in diversi incontri, andati avanti a porte chiuse fino a notte fonda. In precedenza, alle quattro del pomeriggio ora di New York, l´inviato delle Nazioni Unite in Iraq Lakhdar Brahimi - di ritorno da Bagdad - aveva illustrato la situazione al Consiglio nella seduta "a porte aperte" iniziata con un intervento del segretario generale Kofi Annan.

La "quarta bozza", nelle intenzioni anglo-americane, deve essere quella definitiva. Tutte, o quasi, le obiezioni sollevate dalla Francia e (in misura minore) dalla Germania, sono state inserite nell´ultimo "draft" in modo che il voto - che Washington vuole unanime - sia fatto al più presto. Su quel "quasi" si lavora freneticamente, perché l´ultima obiezione di Parigi non è un dettaglio marginale.

Si deve infatti stabilire le regole con cui il nuovo governo ad interim che avrà la "piena sovranità" dopo il passaggio dei poteri del 30 giugno potrà dire realmente la sua sulle operazioni militari della forza multinazionale. La Mnf - 160mila soldati di cui 135mila americani - resterà come è noto sotto il comando Usa e la Francia, che non ha soldati ma intende giocare un ruolo politico (ed economico) nel futuro "nuovo Iraq", chiede che nel testo della risoluzione venga inserito una sorta di "veto" (anche se non verrà mai usato questo termine) che permetta ai nuovi leader iracheni di "bloccare" iniziative militari di un certo rilievo: ad esempio eventuali offensive contro la città santa di Najaf, o attacchi ai luoghi sacri dove spesso si mimetizzano le milizie islamiche e gli ex fedelissimi di Saddam Hussein.

Domenica sera, in una lunga riunione d´emergenza, i Quindici hanno avuto copia delle lettere che il segretario di Stato Colin Powell e il nuovo primo ministro iracheno Iyad Allawi hanno inviato a Lauro L. Baja jr., presidente del Consiglio di Sicurezza. Sia la Casa Bianca che Allawi (un premier considerato "amico della Cia") ritengono che le due lettere spieghino nei dettagli i termini dell´accordo e che sia sufficiente aggiungerle come "annesso" alla risoluzione.

Powell scrive infatti che «la forza multinazionale si coordinerà con quelle irachene a tutti i livelli, nazionali, regionali e locali», che il comando americano e i leader iracheni «si scambieranno informazioni». «Lavoreremo insieme per raggiungere un totale e completo accordo sulla sicurezza, compresa la politica sulle operazioni offensive più delicate, assicurando una piena partnership tra l´Mnf e le forze irachene attraverso una stretta consultazione e uno stretto coordinamento».

Sono gli stessi concetti - in un paio di punti c´è la stessa frase - che esprime nella sua lettera Allawi. Che chiama le Nazioni Unite a "prorogare" di fatto la presenza dei soldati americani a Bagdad: «Fino a quando non saremo in grado di provvedere da noi stessi alla nostra sicurezza, inclusa la difesa della terra, dei cieli e dei mari dell´Iraq, chiediamo l´appoggio del Consiglio di Sicurezza. Chiediamo che nella nuova risoluzione il mandato della forza multinazionale possa essere rivisto, su richiesta del governo ad interim, a 12 mesi dalla data in cui questa risoluzione viene adottata».

Gli Stati Uniti si riservano, in accordo con l´Iraq, anche il diritto di continuare a custodire prigionieri iracheni se le operazioni militari lo renderanno necessario; altro tema delicato dopo lo scandalo delle torture nella prigione di Abu Ghraib. Anche su questo punto la Francia è riuscita però a fare inserire una frase sull´applicazione della "legge umanitaria internazionale" che almeno in teoria dovrebbe evitare futuri abusi di questo tipo.

Se la Francia sarà soddisfatta dalla "quarta bozza" di fronte al voto non ci dovrebbero essere più ostacoli. Parigi, per bocca del premier Raffarin, ha detto che sta «emergendo un consenso attorno alle posizioni francesi» e che la risoluzione sta evolvendo nella "giusta direzione": «Vogliamo che si evolva ancora un po´, così che sia accettabile per tutti e risponda davvero ai nostri auspici». Al testo era arrivato anche il via libera da Mosca. La bozza è stata «davvero migliorata», ha dichiarato il viceministro degli Esteri Yuri Fedotov, e il testo «riflette le proposte di Russia, Francia, Germania e Cina».

Nella serata di ieri, mentre a Sea Island Bush dava gli ultimi ritocchi ai preparativi del G8, dando per "risolta" la questione irachena e pensando ad ottenere l´avallo dei Grandi alla sua iniziativa per la democrazia e le riforme nel "Grande Medio Oriente", al Palazzo di Vetro di New York i diplomatici stavano mettendo "in blu" (nella stesura definitiva) la bozza di risoluzione. Che oggi, forse, sarà approvata con un voto unanime.

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