Da La Repubblica del 30/05/2004
La parabola del demagogo
di Curzio Maltese
Nessuno si aspettava dalla tre giorni di Assago un vero congresso, al massimo un one man show. È stato molto one man e poco show. La sfida titanica di rovesciare con un colpo d´immagine i sondaggi negativi sembra fallita, naufragata nella noia autocelebrativa. Alla fine della festa mancata, il padrone si ritrova sempre più solo al comando. Il dopo Berlusconi si sente nell´aria, prende voce fra gli industriali con la svolta di Montezemolo, s´affaccia nei discorsi e nei toni degli alleati, s´insinua perfino a corte, con i più furbi pronti al salto dal carro. Ma chi lavora meglio per il dopo Berlusconi è Berlusconi stesso. Neppure ieri ha rinunciato a farsi del male.
Era partito bene, con un abbraccio riparatore agli alleati presi a schiaffi l´altro giorno.
Qualche consigliere doveva avergli spiegato nella notte che porre la fiducia su ogni legge, con l´aria che tira, è il modo più sicuro per tornare a casa. Siccome però la natura è natura, subito dopo il Cavaliere ha recitato la letterina agli italiani con il generoso invito a spazzare via gli inutili partitini. Così si è giocato l´ultimo alleato fedele, il solo presente ad Assago, la Lega. Bisognava vederle le facce di Maroni e compagni, più verdi delle camicie padane. «Se continua a dire fesserie fra i partitini ci finisce lui» è stato l´amichevole commento di Calderoli. E Maroni stesso, forzando l´antica indulgenza: «È un bauscia».
Arriva dal congresso dei berluscones la conferma che il grande comunicatore ha perso il dono di comunicare, il mago di Arcore ha smarrito la magia d´un tempo. In tre giorni d´interventi a raffica, prolissi e a tratti isterici, nella mente non rimane scolpito un solo slogan ma neppure una battuta o una provocazione. L´unica trovata finale, quella d´importunare le perplesse famiglie italiane con 15 milioni di copie del libretto dei miracoli, s´annuncia come un boomerang terrificante. Perfino peggiore delle migliaia di manifesti sei per tre che ha fatto appena ritirare da ogni angolo del Paese.
Se davvero c´è qualcuno nel centrosinistra che intende boicottarne la distribuzione, come sostiene Berlusconi, Prodi e Fassino dovrebbero bloccarlo con la forza. Quel manifesto grondante di vanterie e la lettera che lo accompagna sono un regalo inatteso, molto più utile all´Ulivo dei soldi buttati nei mesti cartelloni.
Il fatto è che l´ultimo Berlusconi non riesce a uscire dai binari di una campagna sballata, dominata dall´idea di vendere agli italiani i miracoli compiuti dal governo. Miracoli che hanno visto soltanto Berlusconi e chi è pagato per vederli (nemmeno tutti). Ma un conto è far leva sulla «forza dei sogni» in un Paese disposto da secoli a illudersi con l´avvento del salvifico Principe. Altro è inventarsi grandi opere che non esistono, con il Tg1 costretto a filmare per la terza volta la posa della prima pietra sulla variante di valico. Altro è convincere gli italiani che sono ricchi, allegri e rampanti, in pieno boom economico. «In questi tre anni abbiamo cambiato la faccia del Paese». Al massimo, una faccia.
Il golfo mistico di Assago applaude tutto, anche il passaggio più jettatorio. «L´Italia è ancora la sesta potenza industriale» (ancora?). Ma si scalda davvero soltanto per l´ultima promessa, il taglio fiscale, la solita favola della buonanotte. E qui siamo fra i berluscones d´ordinanza, con il kit sottobraccio, i veri miracolati. Figurarsi fuori, nella società «invidiosa», manipolata dai «media della sinistra».
C´è un tratto di autentica follia in questa strategia del miracolo compiuto, forse l´inevitabile parabola del grande demagogo che finisce per credere alle sue bugie, per ingannare da ultimo se stesso. Fra i segnali del declino c´è anche il non voler guardare al futuro, nell´ossessione di celebrare il passato glorioso e vincente. È vero che il congresso ha indicato come unico possibile delfino il ministro Tremonti. Davvero una bella prospettiva, per la sinistra s´intende. Il futuro di cui s´è parlato nei tre giorni di Assago è un futuro di trincea, la continua rassicurazione che «il governo durerà fino al 2006». C´è bisogno di ripeterlo, con cento deputati di vantaggio sull´opposizione? Occorre minacciare rappresaglie contro possibili tradimenti degli alleati quando «siamo tutti uniti»? Un generale che si preoccupa soltanto di stabilire le pene per i disertori ha già perso la battaglia. Oppure è un futuro ancora più prossimo e allarmante, anzi da incubo. La paura di scontri di piazza durante la visita di Bush, della ricomparsa dei misteriosi black bloc, addirittura di attentati di Al Qaeda, continuamente annunciati, quasi evocati.
Era partito bene, con un abbraccio riparatore agli alleati presi a schiaffi l´altro giorno.
Qualche consigliere doveva avergli spiegato nella notte che porre la fiducia su ogni legge, con l´aria che tira, è il modo più sicuro per tornare a casa. Siccome però la natura è natura, subito dopo il Cavaliere ha recitato la letterina agli italiani con il generoso invito a spazzare via gli inutili partitini. Così si è giocato l´ultimo alleato fedele, il solo presente ad Assago, la Lega. Bisognava vederle le facce di Maroni e compagni, più verdi delle camicie padane. «Se continua a dire fesserie fra i partitini ci finisce lui» è stato l´amichevole commento di Calderoli. E Maroni stesso, forzando l´antica indulgenza: «È un bauscia».
Arriva dal congresso dei berluscones la conferma che il grande comunicatore ha perso il dono di comunicare, il mago di Arcore ha smarrito la magia d´un tempo. In tre giorni d´interventi a raffica, prolissi e a tratti isterici, nella mente non rimane scolpito un solo slogan ma neppure una battuta o una provocazione. L´unica trovata finale, quella d´importunare le perplesse famiglie italiane con 15 milioni di copie del libretto dei miracoli, s´annuncia come un boomerang terrificante. Perfino peggiore delle migliaia di manifesti sei per tre che ha fatto appena ritirare da ogni angolo del Paese.
Se davvero c´è qualcuno nel centrosinistra che intende boicottarne la distribuzione, come sostiene Berlusconi, Prodi e Fassino dovrebbero bloccarlo con la forza. Quel manifesto grondante di vanterie e la lettera che lo accompagna sono un regalo inatteso, molto più utile all´Ulivo dei soldi buttati nei mesti cartelloni.
Il fatto è che l´ultimo Berlusconi non riesce a uscire dai binari di una campagna sballata, dominata dall´idea di vendere agli italiani i miracoli compiuti dal governo. Miracoli che hanno visto soltanto Berlusconi e chi è pagato per vederli (nemmeno tutti). Ma un conto è far leva sulla «forza dei sogni» in un Paese disposto da secoli a illudersi con l´avvento del salvifico Principe. Altro è inventarsi grandi opere che non esistono, con il Tg1 costretto a filmare per la terza volta la posa della prima pietra sulla variante di valico. Altro è convincere gli italiani che sono ricchi, allegri e rampanti, in pieno boom economico. «In questi tre anni abbiamo cambiato la faccia del Paese». Al massimo, una faccia.
Il golfo mistico di Assago applaude tutto, anche il passaggio più jettatorio. «L´Italia è ancora la sesta potenza industriale» (ancora?). Ma si scalda davvero soltanto per l´ultima promessa, il taglio fiscale, la solita favola della buonanotte. E qui siamo fra i berluscones d´ordinanza, con il kit sottobraccio, i veri miracolati. Figurarsi fuori, nella società «invidiosa», manipolata dai «media della sinistra».
C´è un tratto di autentica follia in questa strategia del miracolo compiuto, forse l´inevitabile parabola del grande demagogo che finisce per credere alle sue bugie, per ingannare da ultimo se stesso. Fra i segnali del declino c´è anche il non voler guardare al futuro, nell´ossessione di celebrare il passato glorioso e vincente. È vero che il congresso ha indicato come unico possibile delfino il ministro Tremonti. Davvero una bella prospettiva, per la sinistra s´intende. Il futuro di cui s´è parlato nei tre giorni di Assago è un futuro di trincea, la continua rassicurazione che «il governo durerà fino al 2006». C´è bisogno di ripeterlo, con cento deputati di vantaggio sull´opposizione? Occorre minacciare rappresaglie contro possibili tradimenti degli alleati quando «siamo tutti uniti»? Un generale che si preoccupa soltanto di stabilire le pene per i disertori ha già perso la battaglia. Oppure è un futuro ancora più prossimo e allarmante, anzi da incubo. La paura di scontri di piazza durante la visita di Bush, della ricomparsa dei misteriosi black bloc, addirittura di attentati di Al Qaeda, continuamente annunciati, quasi evocati.
Sullo stesso argomento
Articoli in archivio
su The Economist del 21/04/2005
di Barbara McMahon su The Guardian del 18/04/2005
di Ilvo Diamanti su La Repubblica del 17/04/2005
In biblioteca
di AA.VV.
Reality Book, 2006
Reality Book, 2006
di AA.VV.
Contemporanea Editore, 2006
Contemporanea Editore, 2006