Da Corriere della Sera del 28/05/2004

«Bagdad partecipi alla discussione sulla bozza Onu»

Richiesta della Francia. E la Cina vuole il ritiro a gennaio della forza multinazionale. Gli Usa: così si perde tempo

di Ennio Caretto

WASHINGTON - Con l'appoggio della Germania, la Russia, la Cina, l'Algeria e il Cile, la Francia mette l'America in difficoltà all'Onu. Dalla sua visita in Guatemala, il presidente di Parigi Jacques Chirac lo dice chiaramente: «La bozza angloamericana è una buona base sulla quale negoziare, ma va seriamente migliorata».

La proposta è che il nuovo governo iracheno (Lakhdar Brahimi dovrebbe formarlo entro la settimana prossima) partecipi ai lavori del Consiglio di Sicurezza, per cui saranno necessari almeno 15 giorni. L’ambasciatore francese al Palazzo di Vetro, Jean-Marc de la Sabliere, dichiara che l'Iraq deve potere negoziare col Consiglio la risoluzione sul passaggio dei poteri: «Soltanto così il mondo avrà la certezza che la sovranità irachena sarà piena e reale». L'ambasciatore Usa John Negroponte, che dopo il 30 giugno rappresenterà il suo Paese a Bagdad, obietta che le consultazioni di Brahimi si prolungano e un dibattito all'Onu con l'Iraq rischierebbe di fare tardare la risoluzione: «Il tempo stringe, la scadenza del 30 giugno non può slittare». Ma la Francia non cede, anzi cerca il consenso anche di Spagna, Pakistan e altri membri del Consiglio.

La Cina fa una mossa ancora più sgradita all'America: propone che il mandato della forza multinazionale termini il prossimo gennaio quando si terranno le elezioni in Iraq e duri dunque sei mesi, non un anno, come dice la risoluzione. Se la situazione lo richiedesse, sottolinea, il Consiglio di Sicurezza e l'Iraq potrebbero estendere il mandato. In una bozza di tre pagine, la Cina scrive anche che il comando delle truppe e della polizia irachene deve essere separato da quello americano. E insiste affinché il governo iracheno abbia il diritto di veto sulle operazioni militari nel suo territorio. Su quest'ultimo punto Pechino riscuote persino l'appoggio britannico: «Le decisioni politiche finali spettano agli iracheni» afferma un portavoce. Negroponte vorrebbe evitare un dibattito: «Sono questioni che possono venire risolte di volta in volta sul terreno».

E' chiaro che l'America non si aspettava un’offensiva così concertata, pur avendo assicurato che la risoluzione è «modificabile e migliorabile». Prospetta un compromesso: scambi di lettere tra la coalizione e Bagdad in aggiunta alla risoluzione. Le lettere sancirebbero, da un lato, il diritto degli iracheni a non partecipare alle operazioni militari anglo-americane e, dall'altro, il diritto della coalizione «a difendersi» se in pericolo. Ma la maggioranza dei membri del Consiglio di Sicurezza non lo considera sufficiente. Il presidente Bush ne discuterà di persona con Chirac nella visita a Parigi il 5 giugno e con gli altri leader al G8 in Georgia quattro giorni dopo. Il russo Putin lo mette però sull'avviso: «Il nostro voto - avverte un portavoce - sarà condizionato dalla composizione del nuovo governo iracheno».

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