Da La Repubblica del 19/05/2004

La democrazia nell´età della paura

Quando viene profanato il corpo

Storia di un concetto la cui pratica risale a molti secoli fa
Ma che cosa significa oggi esercitarela violenza fisica?

di Franco Cordero

"Tortura", da torquere, indica l´atto del torcere: ad esempio, filati, rami, tralci, olive, membra umane; così l´aggiustaossa rimedia alle slogature (nel mio dialetto li chiamano "settimini", presupponendo abilità particolari nei nati prematuri); hanno fine terapeutico anche operazioni intese allo scioglimento delle lingue; tortor chi le compie, mestiere infame. Siccome serve ad eruendam veritatem, il nome dell´interrogatorio assorbe l´idea dei tormenti: quaestio e question (titolo d´un pamphlet contro la tortura nella guerra d´Algeria); in tedesco Frage, più scharf (acuto, tagliente o tutt´e due; e sommato a Richter, giudice, lo stesso aggettivo indica l´esecutore delle pene capitali). Nel francese antico la chiamano gehine o jehine, dal verbo franco che significa "confessare": l´uso popolare vi ritrova il nome biblico dell´inferno; interrogatori tormentosi (da lì, gêne, il cui significato debole è "disturbo"). Ne parla il Corpus iuris, piuttosto male, come d´un mezzo da prendere con le molle: «res fragilis et periculosa», nota Ulpiano riferendo argomenti tramandati nella retorica greco-romana; il colpevole hard boiled resiste uscendo indenne; l´innocente dai nervi scoperti racconta quel che vogliono, sputando false confessioni prima che l´abbiano toccato, alla sola vista degli arnesi (territio, nella nomenclatura medievale).

Sotto quest´aspetto i secoli detti bui sono civili, perché alla morale individualista degl´invasori ripugna che l´uomo libero sia coatto a confessare. I giudizi penali diventano affare agonistico. Figura classica i duelli. Altrove l´accusato "purga" l´accusa giurandosi puro, ma non basta: deve esibire dei coniuratores nel numero e dignità stabilito da chi giudica; i quali non testimoniano sui fatti, affermano una qualità dell´uomo; la coniuratio misura l´ascendente sociale. Terza tecnica l´ordalia, da Urteil, giudizio. Lo iudicium Dei consiste nel sottoporre una delle parti (individuata dalla sentenza) a esperimenti d´esito prevedibile: normalmentee subisce ustioni chi corre a piedi nudi su carboni accesi o vomeri incandescenti o impugna un ferro rovente (iudicium ferri candentis); o affonda il braccio nel calderone d´acqua bollente (iudicium aquae ferventis); quando esca incolume, ha vinto. Tutte le probabilità gli stanno contro, ma essendo spesso manipolato l´esperimento, gli esiti dipendono da materiali istruttori occulti. Le purgationes vulgares non soddisfano più un secolo evoluto qual è il Duecento: erano rito quasi liturgico; le squalifica il IV Concilio Laterano, 1215, vietando ogni commistione ecclesiastica. Dal tardo XI secolo sono riemerse le fonti romane: il Corpus iuris viene subito dopo la Bibbia; la quaestio ad eruendam veritatem vi figura; e nella metamorfosi inquisitoria ricrescerebbe anche se restassero sepolti i Libri terribiles, perché la nuova procedura richiede conclusioni storiche sicure. Affare arduo, ma lo spirito scientifico duecentesco, coniugato a teologie pessimistiche (il male pullula, l´inferno incombe), suggerisce l´equazione: c´è una persona i cui interni mentali contengono la chiave del caso; colpevole o innocente, l´inquisito sa cose utili al processo; bisogna captargli le memorie; i tormenti favoriscono lo scandaglio introspettivo. L´istruttore diventa psicanalista. Gl´interrogatori forniscono enormi flussi verbali: i notai criminali li raccolgono usando solo più carta; costerebbe troppo la pergamena usata nei vecchi giudizi, dove correvano poche parole.

Nei testi legislativi la gehenna appare a Verona, 1228: forse l´uso precede le norme, ma consolidamento e diffusione avvengono in tempi piuttosto lunghi se cade nella terzultima decade del secolo la prima opera didattica sull´argomento (matrice della letteratura penalistica moderna), l´anonimo Tractatus de tormentis. Papa Innocenzo IV detta un ordine ai Comuni dell´Italia settentrionale: i podestà estorcano confessioni da ogni eretico su cui mettono le mani, costringendoli anche a nominare i correi, «latrones et homicidae animarum»; basterà che l´esaminato resti vivo e intero (Ad extirpanda, 15 maggio 1252). Così rinasce la quaestio durando oltre mezzo millennio. Lunghissima, ignobile storia sotto maschera ipocrita. Vigono pseudogarantismi, ad esempio che i tormenti non siano reiterabili su chi li ha sostenuti «purgando gl´indizi a suo carico»: formula assurda, fuori della sofisticata logica inquisitoria; fosse così, la tortura sarebbe un´ordalia, roba obsoleta; l´incongrua regola, infatti, resta sulla carta, elusa da deroghe legali e astuzie pratiche. L´inquisito è animale da confessione, adoperabile finché l´analista vi abbia interesse. Trasudano malafede i lamenti tramandati nei secoli sugli abusi. Li declamano a freddo, con le stesse parole, dottori, giudici, consulenti, integrati nel sistema. L´ordigno dura tanto perché viene comodo: oltre date soglie qualunque paziente capitola; l´operatore sbroglia i casi come vuole. Gli esami in tormentis sono materia amorfa: nei lavori preparatori dell´Ordonnamce criminelle 1680, capolavoro d´arte legislativa, Guillaume Lamoignon chiedeva una disciplina del modo d´eseguirli, visti i frequenti e gravi danni corporali; no, risponde Henri Pussort, emissario del re, sarebbe indecente «dans une Ordonnance». Sono i "filosofi" a seppellire l´istituto. I sovrani assoluti l´aboliscono ignorando gli allarmi delle magistrature (ad esempio, Gabriele Verri a Milano, autore d´una consulta negativa a Maria Teresa, 19 aprile 1776): comincia Federico II da Berlino, appena salito al trono, 3 giugno 1740; ultimo arriva Luigi XVI, in due tempi, 24 agosto 1780 e otto anni dopo.

Stiamo parlando della tortura ufficiale, talvolta rimpianta. Anno Domini 1947 F. Carnelutti deplora le fisime illuministiche d´inviolabilità della psiche: la pena è una medicina; al reo giova confessarsi colpevole; se qualche espediente garantisce risposte sicure senza causare «danni notevoli al corpo», adoperiamolo. Mettere aliquem in perturbatione è routine nei regimi totalitari (Gestapo, Nkvd, generali sudamericani): i rei confessi dei dibattimenti moscoviti 1936-38 recitano scene pattuite dietro le quinte; Arthur Koestler l´aveva intuito (Buio a mezzogiorno). L´ultimo esempio viene da Abu Ghraib, con una notevole variante: gehenna canonica e residui himmleriani, stalinisti, ecc., erano lavoro tecnico, eseguito nel modo freddo, attento, coscienzioso, in cui un sarto taglia e cuce, l´alchimista distilla, il medico ausculta. Nei documenti iracheni figurano pantomime il cui genere prossimo sono le Cent Vingt Journées de Sodome, opera postuma del famoso marchese: piramidi umane, uomini al guinzaglio, spettatori ghignanti, feste nere; spira allegra Schadenfreude o gusto gratuito del male inflitto ad animali inermi, meglio se umani. Su un punto però Donad Rumsfeld imita Ippolito Marsili, titolare della prima cattedra penalistica italiana (Bologna, 1509), vecchio praticone devoto alla Madonna, testa sconnessa, campione d´uno stile disinvolto (bastasse negare l´indomani le cose confessate sotto i tormenti, esclama, la forca rimarrebbe vedova): tutt´e due raccomandano la tortura del sonno; lo stress ammorbidisce gl´inquisiti.

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