Da Corriere della Sera del 26/05/2004

Bush negozia la risoluzione con Chirac

L’Eliseo chiede modifiche su petrolio e comando delle truppe. Blair: «Agli iracheni potere di veto militare»

di Ennio Caretto

WASHINGTON - Triangolazione di Bush tra Washington, New York e Parigi per accelerare il passaggio della nuova risoluzione sull'Iraq all'Onu. Alla Casa Bianca, il presidente lascia trapelare che Bagdad potrebbe tenere le elezioni già questo autunno, non il prossimo gennaio. Spinge inoltre il segretario del Palazzo di Vetro Kofi Annan a informare il Consiglio di Sicurezza, a porte chiuse, dei primi risultati ottenuti da Lakhdar Brahimi nella formazione del governo iracheno. Infine telefona al presidente francese Chirac per assicurarlo che l'Iraq sarà davvero sovrano e, nonostante le sue obiezioni, proclama di averne il consenso.

Due sono i motivi per cui Bush assume le redini della diplomazia in prima persona: la tiepida accoglienza del suo discorso di ieri da parte degli americani e la consapevolezza che il dibattito all'Onu sarà difficile e modificherà la risoluzione.

E' un alto funzionario della Casa Bianca a dichiarare che «le elezioni irachene devono svolgersi al più presto possibile». L'anticipo, spiega, è desiderato dall'Iraq «che è ansioso di votare» e da alcuni membri del Consiglio di Sicurezza, secondo cui il voto darebbe completa indipendenza al Paese. Il funzionario nega che torni comodo a Bush, che a novembre alle urne avrebbe una carta in più in mano per sconfiggere l'avversario democratico John Kerry, ma è una considerazione importante. Anche l'informativa di Annan su Brahimi ha uno scopo preciso. La Russia ha fatto sapere che si opporrà al passaggio della risoluzione se prima non verranno resi noti i nomi dei nuovi governanti a Bagdad. Bush vuole che Annan ne riveli qualcuno per dissipare la sensazione che il suo inviato sia in grave ritardo o in serie difficoltà.

E' una mossa tattica altresì la chiacchierata di Bush con i giornalisti sul suo colloquio telefonico con Chirac. Catherine Colonna, la portavoce del presidente francese, ha detto che la risoluzione «è una buona base di discussione», ma che «vi sono punti da chiarire e approfondire, come il controllo del petrolio, la sicurezza, la durata del mandato della forza multinazionale, le prospettive politiche». Il 30 giugno, per Chirac, deve rappresdentare un «cambiamento reale».

Bush dà una versione molto più rosea della telefonata: «E' stata un'eccellente conversazione, in Iraq abbiamo gli stessi obiettivi: Chirac e altri vogliono un vero trasferimento dei poteri agli iracheni come lo vogliamo noi».

In realtà, al Palazzo di Vetro ci sono già vari contenziosi. Uno è se gli iracheni abbiano o no diritto di veto sulle operazioni militari americane. A Londra il premier britannico Blair pensa di sì: «La decisione politica finale sarà loro». Il segretario di Stato americano Colin Powell è più guardingo: «Dovremo tenere conto del loro punto di vista, ma le nostre truppe faranno tutto ciò che sarà necessario alla loro difesa». E' scontro anche sul diritto o meno degli iracheni di chiedere il ritiro della forza multinazionale prima della scadenza del mandato, cioè prima di un anno. La risoluzione afferma di no, ma Ali Allawi, il ministro degli Esteri iracheno, ribatte che «il ritiro deve essere questione di mesi, non di anni».

Bush contempla un compromesso: la formazione di un Consiglio di Sicurezza composto dal comando americano e dal governo dell'Iraq per la soluzione di questi e altri problemi. Ma per la Francia e la Russia non è sufficiente. Nessuno, comunque, desidera che i negoziati falliscano e si giostra su reciproche concessioni. Il ministro degli Esteri tedesco Joschka Fischer dice che «le fondamenta sono molto buone», mentre Powell ammette di aspettarsi «cambiamenti nella risoluzione», che può «essere migliorata». Secondo il Segretario la nuova bozza di risoluzione offre la possibilità ad altri Paesi di contribuire alla transizione, non necessariamente mediante l’invio di truppe: «Ci possono essere altri contributi possibili, ci si rende conto che è nel nostro mutuo interesse riuscire a trasformare l’Iraq in una democrazia».

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