Da La Repubblica del 19/05/2004
Originale su http://www.repubblica.it/2004/e/sezioni/esteri/iraqtorture1/sivits/siv...

Allestita un'aula bunker per le sevizie in carcere l'imputato si è già dichiarato colpevole

Alla sbarra il torturatore Sivits processo americano a Bagdad

di Attilio Bolzoni

BAGDAD - L'America questa mattina processerà se stessa a Bagdad. Lo farà pubblicamente, portando in un'improvvisata corte marziale il soldato Sivits, riservista di un piccolo villaggio ai piedi dei monti Appalachi. Alle 10 in punto, il primo imputato di quella vergogna che è stata Abu Ghraib conterà i passi che lo separeranno dai suoi giudici e poi si aprirà il dibattimento per le torture nel carcere dello scandalo. Tutto è pronto per mandare in scena lo show di un processo lampo, tutto istruito e allestito e programmato in poche settimane: l'inchiesta, i capi di imputazione, il giudice fatto arrivare da una base Usa in Germania, una sala conferenze trasformata in bunker. E al centro di un affaire internazionale che promette "spettacolo" c'è solo Jeremy Sivits, soldato della 372esima Compagnia di polizia militare, 24 anni, originario di Hyndma, Pennsylvania.

Corte marziale speciale, 35 giornalisti americani e arabi ammessi nella piccola aula e qualche altro centinaio di reporter stipati in una sala con monitor e maxischermo, servizio di sicurezza imponente, disegnatori all'opera per "raccontare" le udienze, divieto assoluto di entrare in contatto con giudici o avvocati o testimoni. Parlerà solo il soldato Sivits nella sala conferenze numero 2 del centro convegni dentro la "green zone", uno stanzone di venti metri per venticinque, il pretorio del giudice già sistemato sotto una pedana e la bandiera a stelle e strisce appesa accanto.

L'unico imputato del primo processo per le torture ad Abu Ghraib, in verità ha già parlato. Di più: se l'è "cantata", ha raccontato tutto quello che ha visto accadere nelle segrete del carcere, si è dichiarato colpevole, ha fatto i nomi dei suoi compagni che hanno torturato i prigionieri, soprattutto ha garantito che "i superiori erano all'oscuro di tutto". E ha pure patteggiato l'eventuale pena. Insomma, anche se non formalmente, più che un imputato il soldato Sivits sembra diventato un supertestimone.

I capi di accusa che gli contesteranno questa mattina sono tre: maltrattamento, associazione per delinquere, negligenza. Rischia al massimo un anno di reclusione, una multa, la sospensione della paga e, se gli va proprio male, il congedo per cattiva condotta. Ma le autorità militari hanno già fatto sapere quelle che sono state le sue colpe: si è limitato a scattare fotografie alle vittime delle sevizie, non ha mai torturato un solo detenuto iracheno.

Con questo imputato un po' speciale il dibattimento - che durerà non più di due giorni - riserverà brutte sorprese probabilmente solo per gli altri tre soldati incriminati per le accuse di Sivits, due sergenti e un caporale che però non compaiono tra gli inquisiti del processo di oggi. Non si sa quando loro sfileranno davanti al giudice e, soprattutto non si sa se il loro processo si celebrerà ancora qui a Bagdad o negli Usa. Comunque vadano le cose, questa mattina Jeremy Sivits racconterà la sua verità su Abu Ghraib. E comincerà dal sergente Javal Davis, dal sergente Ivan Frederick, dal caporale Charles Graner, gli uomini che accusa di terribili torture. Ha ricostruito tutto l'imputato-testimone.

Da quel poco che se ne sa, nell'aula trasformata in bunker oggi non dovrebbero sfilare testimoni che sono stati prigionieri. Molti di loro vorrebbero, però. Ma nessuno li ha mai chiamati. Uno, Saleh, detenuto numero 200144 di Abu Ghraib dal 1 dicembre 2003 al 28 marzo 2004, si sfoga: "Spero che in futuro non ce lo impediranno, siamo noi che abbiamo qualcosa da dire, noi iracheni che abbiamo conosciuto quel carcere". Sospetti che si intrecciano, delusioni in una Bagdad in attesa del soldato Sivits e della sua verità.

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